Balcani: continuano i decessi per uranio impoverito

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Al mercato di Bujanovac, cittadina nel sud della Serbia, i banchi degli abitanti di Bratoselce e di Borovac - due villaggi limitrofi - vengono regolarmente evitati. La gente ha paura che carne, formaggio e uova siano contaminati da uranio impoverito. Nei pressi dei due villaggi nel 1999 i caccia della NATO hanno sganciato le bombe nella campagna "umanitaria" per liberare il Kossovo. I proiettili erano all'uranio impoverito, metallo utilizzato perché più pesante di altri e capace di sfondare con più facilità bunker e corazze dei carroarmati.

Oggi la gente teme per la propria salute. In un'inchiesta svolta da Blic News, uno dei più autorevoli settimanali della Serbia, si sottolinea come dopo i bombardamenti hanno cominciato ad apparire con frequenza nel bestiame malformazioni genetiche: a Reljan è nato un agnello senza occhi, a Borovac un capretto con quattro, anziché due unghie ad una sola zampa. Paura condivisa anche da molti cittadini bosniaci. Solo nel 2000, in seguito alle prime pagine dei quotidiani europei dedicate alla "Sindrome dei Balcani" la NATO ha comunicato di aver utilizzato proiettili all'uranio impoverito anche in Bosnia.

Ad Hadzici, sobborgo di Sarajevo, l'imam locale, Hazim Effendi Emso, osserva un cimitero straripante. Lo spazio al centro della triste distesa di questa periferia industriale è costellato di nuove tombe. "Recentemente il numero dei funerali è aumentato. Quasi ogni giorno un funerale" - afferma triste. Le date di nascita e di morte scolpite sulla lapide mostrano che molti sono morti nella loro mezz'età. La maggior parte di loro viveva a Grivci, un quartiere di Hadzici. "Un gran numero di abitanti di Grivci sono morti di cancro, ma è solo da un anno che stiamo registrando e tenendo statistiche sui decessi" - nota l'Imam. Secondo la NATO, dal 5 all'11 settembre del 1995, i propri aerei hanno sparato 1500 volte verso il deposito-rifugio per carro armati di Hadzci, nei pressi di Grivci. Sono in molti, oggi, ad essere convinti non si tratti di una semplice coincidenza e a parlare della correlazione tra bombardamenti e forme tumorali. I medici bosniaci constatano intanto che la mancanza di ricerca degli effetti sulla salute dell'uranio impoverito ha creato negli abitanti un clima di paura.

Eppure l'UNEP, agenzia ONU specializzata in campo ambientale, ha effettuato alcune missioni sia in Bosnia che in Kossovo per valutare il livello di radiazioni nei siti bombardati. Il Rapporto stilato riscontra "radiazioni solo di poco sopra la media", comunque non tali da poter asserire la correlazione tra livello di radioattività e incremento di tumori tra la popolazione. Ma lo stesso capomissione dell'UNEP, Pekka Haavisto, in passato Ministro dell'ambiente in Finlandia, ha ammesso che "i risultati dei monitoraggi dimostravano ben poco arrivando questi ultimi a troppi anni di distanza dai bombardamenti". Anche la Commissione Mandelli, istituita dal Governo italiano per far luce sulle ormai oltre 30 morti per forme tumorali tra i militari italiani reduci da missioni in Bosnia e Kossovo, non è riuscita a fare chiarezza. Dal punto di vista statistico sono state riscontrate "anomalie", ma non così significative da definire una stretta relazione tra esposizione a proiettili all'uranio impoverito e insorgenza di forme tumorali.

C'è chi ha seguito invece una strada d'indagine del tutto diversa. La dottoressa Antonietta Gatti, responsabile del Laboratorio dei Biomateriali dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, è a capo di un progetto di ricerca europeo sulle correlazioni tra tumori ed esposizione a micro e nanoparticelle. Secondo la dottoressa i tumori non sono legati alla radioattività, ma alle "polveri sottili" e nanoparticelle causate dall'alta temperatura sprigionata dall'impatto dei proiettili all'uranio impoverito. "Queste vengono poi inalate od assunte tramite la catena alimentare. Il nostro organismo non è in grado di espellerle e si depositano nei tessuti e causano forme tumorali" - nota la dottoressa Gatti che ha riscontrato la presenza di queste nano-particelle nei tessuti dei defunti per la cosiddetta "Sindrome dei Balcani". Una scoperta è arrivata quasi per caso, dopo che alcuni soldati reduci dai Balcani e dalla Guerra nel Golfo hanno richiesto l'analisi dei propri campioni. In quel momento la Gatti aveva sviluppato una nuova tecnica diagnostica che le ha permesso di vedere e fotografare le nano-particelle presenti nei tessuti patologici analizzati.

Purtroppo le ricerche della Gatti, pur ritrovando molti riscontri con la realtà, non trovano altrettanto facilmente fondi e risorse. Far chiarezza sulla "Sindrome dei Balcani" non sembra una priorità per nessuno. Intanto, non solo in Italia ma anche in Bosnia e Kossovo si continua a morire. Ahmed Fazlic-Ivan vive a 300 metri dal deposito per carri armati nel sobborgo di Sarajevo bombardato nel 1995 dalla NATO. "Siamo venuti a conoscenza dell'uranio impoverito nel 2002, quando sono arrivati qui gli ispettori dell'ONU. Mio padre è morto di un tumore ai polmoni nel marzo di quest'anno. Vi sono 700 persone che vivono a Grivci e 56 di questi sono morti negli ultimi due anni, molti dei quali di cancro o diabete. Qui diciamo spesso che Aezrael, l'angelo della morte, è venuto a Grivci e che ci porterà via tutti".

di Davide Sighele

LA SCHEDA:
Commissione d'inchiesta, già impantanata?

Sono orami più di trenta i militari italiani morti per sospetta "Sindrome dei Balcani". Lo scorso novembre il Senato ha votato all'unanimità la creazione di una "Commissione parlamentare d'inchiesta" per far luce sulla questione. Un primo passo importante ma, ad oggi, i lavori sono fermi: diverse forze politiche - tranne DS, Rifondazione e Verdi - non hanno infatti ancora nominato i propri rappresentanti alla Commissione.

Nei giorni scorsi Lorenzo Forcieri (senatore DS) e Gigi Malabarba (capogruppo di Rifondazione al Senato) hanno scritto separatamente al Presidente del Senato Marcello Pera per denunciare il rischio di insabbiamento. "Ci avviciniamo a fine legislatura" - afferma Malabarba. "La Commissione non avrà il tempo per svolgere una propria inchiesta, ma dovrà accontentarsi della pappa pronta fornita dal Ministero della difesa". E Forcieri accusa: "Non si vuole coinvolgere il Parlamento".

Pochi giorni prima dell'approvazione della Commissione, inoltre, con un proprio decreto il Ministro della salute Sirchia ha avviato un programma di monitoraggio su derrate alimentari provenienti da Bosnia e Kossovo alla ricerca di uranio ed arsenico. Un provvedimento che, a quasi dieci anni dai bombardamenti NATO sulla Bosnia ed a cinque dal Kosovo, stupisce non poco se intente tutelare la salute dei cittadini italiani. Ma sorge un'altra domanda: perché si parla anche di arsenico? Sembrerebbe logico se si trattasse di prodotti provenienti dalla Serbia e quindi se si temessero le conseguenze dei bombardamenti sul centro petrolchimico di Pancevo, nel 1999, ma perché temere la presenza di arsenico in Bosnia Erzegovina e Kosovo? (D.S.)

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