Avere fede in tempi bui

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«Quando perdi» – dice il Dalai Lama – «non perdere la lezione»  Quale lezione dovremmo apprendere dalle conseguenze devastanti di queste elezioni americane? Primo, che la frustrazione, i pregiudizi e l’egoismo in questo Paese (gli Stati UnitiNdT) sono molto più diffusi e radicati di quanto eravamo disposti a vedere. Secondo: che nei tempi a venire dovremo confrontarci con eventi che supereranno la nostra immaginazione. Primo, che la frustrazione, i pregiudizi e l’egoismo in questo Paese (gli Stati UnitiNdT) sono molto più diffusi e radicati di quanto eravamo disposti a vedere. Secondo: che nei tempi a venire dovremo confrontarci con eventi che supereranno la nostra immaginazione.

C’è una differenza tra speranze e mere illusioni. Le mere illusioni, nelle quali mi sono cullato in due recenti editoriali in cui davo per scontata la sconfitta di Trump, ci inducono a distrarci – e preparano il terreno per shock come questo. La speranza invece si basa sulla certezza che non viviamo in un mondo governato dal caso, né tanto meno dal male, e che in ognuno di noi risiede un istinto latente alla compassione e alla saggezza. Il mio maestro spirituale, Sri Eknath Easwaran, una volta disse: «non c’è nazione forte abbastanza da non poter essere distrutta dall’odio.» Sembra che ora ci stia accadendo proprio questo, eppure c’è qualcosa nello spirito dell’uomo che non vuole morire, non vuole odiare – e questo qualcosa può sempre essere risvegliato, magari dalla resistenza nonviolenta. L’essere umano dispone di risorse sopite, in attesa che qualche circostanza straordinaria le risvegli. Questa può essere una di quelle circostanze, e noi possiamo fare in modo che lo sia senza dubbio.

Confesso con piacere che, se dapprima mi ha invaso un senso di disperazione alla notizia del risultato delle elezioni, poi ho cominciato a sentirmi molto meglio pensando a queste risorse dello spirito umano e ricordando le parole della Bhagavad Gita«scegli il giusto compito, usa il giusto mezzo (la nonviolenza), e non farti coinvolgere dal risultato», poiché il risultato esula dal nostro controllo. Mi sono sentito meglio parlando con tutto lo staff del Metta Center, perché tutti noi stiamo reagendo con lo stesso spirito, cioè con la promessa di impegnarci ancora di più nel grande lavoro che già abbiamo preso in carico.

Le circostanze possono essere favorevoli o avverse, ma in fondo sono solo circostanze. Noi siamo quelli che siamo; facciamo ciò che facciamo. Tom Friedman, opinionista del The New York Times, scrive: «Come posso spiegare la vittoria di Trump? Il mio istinto mi dice che non ha tanto a che fare con l’economia o la forbice di reddito, ma piuttosto con una questione culturale e con il senso di non appartenenza che molti americani provano.» Esattamente questo è il problema da risolvere: cambiare la “storia” della nostra cultura materialista e alienante e rivolgerci a un mondo di appartenenza e determinazione. Non era ancora il Dalai Lama che parlava del senso di inutilità che pervade la nostra cultura?

In un momento di contemplazione, Gandhi disse «Mi piacciono le tempeste.» Avremmo fatto volentieri a meno di questa, ma le andremo incontro conservando un po’ di quello spirito.

Michael Nagler da Serenoregis.org

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