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Andare per montagne: nuova passione per cafoni?
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Siamo sedute sul prato sfalciato di recente. Profumo di erba e cortecce al limitare del bosco, un blu profondo che scava l’orizzonte nelle viscere del cielo, qualche fiocco di nuvola che attracca qua e là sulle punte degli abeti. Ma la montagna non è “un posto da favola”, perché solo nelle favole le persone hanno buon senso.
Molta gente, oggi, affolla questo angolo di pace: in programma un concerto all’aperto nel calendario di proposte estive dell’estate trentina. All’attacco delle prime note manca ancora un po’, ma già si capisce che il rispetto tanto decantato nei discorsi fuori e dentro i bar, neanche qui è scontato. L’organizzazione lo ricorda nel presentare l’evento: silenziate i telefoni, parlate a bassa voce, portate a casa quello che qui non è di casa. Ma i nostri vicini non fanno caso a queste elementari indicazioni: in questa tribuna senza pareti sono turisti in trasferta, che se evidentemente hanno scordato a casa l’abbigliamento appropriato, non impiegano invece molto ad appropriarsi con noncuranza di spazi e silenzi. Il tono di voce ha più di qualche decibel di vantaggio sul necessario, le risate hanno un timbro più sguaiato del sopportabile. Ma sicuramente siamo noi che non siamo più abituate alla confusione, siamo noi che di quel corso di autocontrollo e tolleranza abbiamo saltato qualche lezione. O forse no. Ce lo fanno pensare gli sguardi d’intesa con qualcuno altrettanto esterrefatto quando, dopo appena un paio di brani, assistiamo a un aspro battibecco tra una signora che vorrebbe godersi lo spettacolo musicale e un maleducato che, mentre pontifica ad alta voce al cellulare, trova il tempo di apostrofarla come indolente perché “il lavoro è lavoro, signora, e se lei non sa cosa sia non so cosa farci!”. Eh già, il lavoro è lavoro, l’educazione, a quanto pare, no.
Ma la vita è fatta di compromessi, dicono, e qui ad alta quota – sarà l’aria più rarefatta – sembrano ancor più necessari – e difficili. Se gli operatori economici e turistici si avventurano a tracciare bilanci positivi (ma non troppo, perché non si sa mai) della stagione che si sta chiudendo, perchi in montagna ci va tutto l’anno con desiderio di tutela (della propria anima e dell’ambiente) prima che di evasione, ecco, il riscontro non è così entusiasta. Una presenza dis-ordinata, dis-educata, dis-interessata è purtroppo cifra di molti frequentatori dell’ambiente alpino.E non parliamo solo di sensibilità e rispetto, sia chiaro, ché per questi servirebbe ben altro tetto di battute rispetto a questo articolo. Parliamo anche di semplice preparazione. La montagna rischia di degenerare verso derive sempre più sgangherate: nella Regione Veneto è in corso una riflessione sulla possibilità diformalizzare il ruolo di “sentinelle del territorio”, figure con poteri anche sanzionatori che andrebbero a supportare le forze dell’ordine competenti nella salvaguardia dell’ambiente. Nonostante il termine non sia dei più amabili, le sentinelle avrebbero l’ingrato e il delicato compito di limitare comportamenti inopportuni (dagli schiamazzi all’abbandono dei rifiuti, dai danni alla vegetazione agli accampamenti improvvisati).
Un tema sul quale il CAI ha annunciato un convegno per il prossimo 24 novembre a Longarone, dal titolo “Frequentazione responsabile della montagna nell’era dei social network”. I contenuti sono espliciti, volti a produrre una radiografia degli impatti negativi sull’ambiente naturale e a identificare posizione e ruolo del Club Alpino Italiano. Nessuna intenzione di emanare editti contro un turismo che alla montagna – e agli operatori che la abitano – fa anche bene. La necessità è invece quella di analizzare, dal punto di vista privilegiato di chi sa osservare e ripensare il proprio ruolo e il proprio sguardo, una situazione di fatto, senza inutili allarmismi certo, ma senza sottovalutare aspetti che però rimangono allarmanti: in mezzo ai parchi gioco di stampo disneyano e all’invasione della plastica, all’inquinamento acustico e all’impreparazione dilagante rispetto alle competenze basilari necessarie per chi si avventura sui sentieri (abbigliamento, segnaletica, cartografia, giusto per fare qualche esempio), l’escursionista tradizionale – silenzioso, solitario, consapevole – finisce per risultare quasi fastidioso, una presenza che suscita stupore e perfino ilarità. Non esageriamo: anche a noi è capitato di sentirci dire con un sorriso di compassione che “è fatica inutile salire a piedi quando si può usare la navetta”. Eh sì, noi poveri allocchi andiamo a zonzo camminando e respirando boschi e panorami – almeno nelle intenzioni, perché poi a volte respiriamo anche gas di scarico, dai bus navetta ai quad e alle moto. Ma lo facciamo ostinati, e solo fino a lì dove sappiamo che possiamo farlo, cercando di amare le nostre sfide così come i nostri limiti. Perché la montagna è anche e soprattutto questo: raggiungere la cima, se ce la sentiamo e se le condizioni lo permettono, ma tornare anche a casa per raccontarne, e possibilmente tornare sugli stessi piedi che fino a lì ci hanno permesso di arrivare.
Sono modi di andare – per le montagne e per il mondo – in modo meno impattante, rispettando l’ecosistema nel suo complesso e in particolare la fauna locale, e lasciando a casa i pensieri che appesantiscono e che, mutuando le parole di Erri De Luca, in montagna non servono, perché “l’unico peso da portare è il tuo” e quello dello zaino che hai in spalla. E allora probabilmente non è mai troppo scontato un promemoria: abbandonare l’arroganza e la supponenza, ché in montagna fanno male a chi condivide sentieri e respiri, e zavorrano l’anima e i passi.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.