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America Latina: sono bambini, chiedono giustizia
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Formavano un corteo lungo e colorato. Ma non urlavano slogan, non assordavano con gli altoparlanti, non sventolavano bandiere. Reggevano uno striscione e qualche cartello, mentre i più piccoli stringevano tra le mani i palloncini. Erano ragazzi, bambini e bambine, per lo più preadolescenti. Accompagnavano i loro tre rappresentanti, due ragazzi ed un educatore, alla Prima Conferenza Intraparlamentare su lavoro e impiego del Parlamento Latinoamericano di San Paolo (Brasile).
Fanno parte del "Movimento latinoamericano dei bambini e adolescenti lavoratori" (Molacnat), un'organizzazione diffusa in 12 paesi del Sudamerica. Un movimento "anomalo" perché non chiede la proibizione tout-court del lavoro minorile, ma l'accesso gratuito alla scuola e ai servizi sanitari, oltre che pari dignità sul lavoro. La loro proposta, nata negli anni '80, ha sorpreso un po' tutti, dai pedagogisti ai legislatori. Ha però trovato presto l'attenzione non solo dei loro coetanei latinoamericani, ma anche di quelli asiatici e africani. Nel solo Perù, oggi il movimento rappresenta e organizza ben 12 mila tra bambini e adolescenti lavoratori.
"Non chiediamo che sia proibito il lavoro minorile. Nei nostri paesi è una pura utopia che di fatto spinge migliaia di ragazzi e ragazze verso l'illegalità e la criminalità. Chiediamo che i nostri governi ci garantiscano il diritto al lavoro in condizioni dignitose permettendoci di dedicarci allo studio e allo svago - spiega Pura Zayas, adolescente paraguaiana di 15 anni. - E chiediamo che le nostre organizzazioni siano riconosciute dalle istituzioni".
Quando escono dal Parlamento hanno il volto sorridente. "Abbiamo potuto presentare la nostra esperienza e spiegare il ruolo che costituisce l'infanzia per noi, le nostre famiglie e comunità. Ci consideriamo lavoratori, costruttori di sogni e di speranza, di dignità umana", dice spigliato Julio Ancajima, sedicenne peruviano. Antonio A㱀asco, educatore paraguaiano, commenta: "All'inizio vari parlamentari sono rimasti sorpresi. Ma poi si sono dimostrati interessati ad ascoltarci e abbiamo presentato la nostra visione profondamente differente da quella dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro".
Presto anche le istituzioni dell'Onu dovranno ascoltarli. Lo scorso aprile trenta loro rappresentanti provenienti da Africa, Asia e America Latina sono stati ricevuti a Berlino in qualità di delegati delle "Organizzazioni dei bambini e adolescenti lavoratori". Un incontro mondiale organizzato da ProNats (Circolo di iniziative contro lo sfruttamento e per il sostegno dei bambini lavoratori), insieme con il partner italiano ItaliaNats. In alcuni Paesi del sud del mondo queste organizzazioni sono ormai riconosciute come legittime rappresentanti dei bambini lavoratori. E in alcune città - come Dakar (Senegal), La Paz (Bolivia) o Lima (Perù) - le amministrazioni comunali hanno stabilito accordi per migliori opportunità di lavoro e di formazione, per la protezione dagli abusi della polizia e l'assistenza sanitaria gratuita. Altrove, invece, sono ignorate o addirittura guardate con sospetto: il fatto che i bambini avanzino proposte politiche è considerato "poco infantile". I ragazzi lavoratori replicano che devono assumersi responsabilità e mantenersi molto presto nella vita e perciò hanno il diritto a partecipare al dibattito pubblico. Il diritto ai valori e alla speranza. Ma proviamo a spiegarli, questi valori, ai 14 milioni di ragazzi dell'Europa dell'Est e dell'Asia centrale che, nonostante i progressi economici realizzati da tutti i nove paesi oggetto di una recente indagine Unicef, vivono in povertà: "Ciò indica che da sola la crescita economica non migliora la vita dei bambini", sottolinea l'Unicef.
Non è questione di crescita economica, dunque, ma di diritti. Lo sanno bene gli oltre 12 mila bambini costretti a lavorare in condizioni orribili nelle aziende agricole che producono semi di cotone per alcune note multinazionali nello stato indiano dell'Andhra Pradesh. E i loro coetanei, più di 70 mila bambini, che sono sfruttati dalle compagnie indiane produttrici di semi. Bambini e adulti che lavorano dalle 12 alle 14 ore al giorno per un "salario" tra le 15 e le 35 rupie (1 euro vale 55 rupie indiane). Che le proposte dei ragazzi andini abbiano valore anche per loro?
di Giorgio Beretta
LA SCHEDA
Secondo i dati dell'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), nel mondo sono ancora tra i 250 e i 300 milioni i minori sfruttati: 186,3 milioni ha tra i 5 e i 14 anni, mentre 59,2 milioni ne ha tra i 15 e i 17. Tra i minori lavoratori, circa 170,5 milioni sono impiegati in attività pericolose mentre sono 8,4 milioni i minori prigionieri della schiavitù e della servitù per debiti. Il fenomeno del lavoro minorile interessa in larga parte i paesi del Sud del mondo, ma ben 2,5 milioni di baby lavoratori si trovano nei paesi industrializzati.
Il 70% dei minori è impiegato in attività agricole, l'8% nelle imprese manifatturiere, stessa percentuale anche per commercio, ristorazione e settore alberghiero; il 7%, infine, lavora nei servizi sociali e alle persone, come ad esempio i lavori domestici. Secondo i dati del Ministero del Welfare, sono 140 mila i minori che in Italia sono impegnati occasionalmente o regolarmente in attività lavorativa, di cui 31.500 a rischio sfruttamento; secondo una ricerca di curata di Ires-Cgil, sarebbero invece circa 400 mila i minorenni sfruttati nei luoghi di lavoro del nostro Paese.
L'associazione Mani Tese si è fatta promotrice lo scorso febbraio di una mozione parlamentare per dare applicazione in Italia alla Convenzione Ilo n° 182 sulle peggiori forme di sfruttamento del lavoro minorile: mozione che però è bloccata nella Commissione bicamerale per l'infanzia. Il 12 giugno si celebra la "Giornata mondiale contro il lavoro minorile". (G.B.)