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Ambiente: indagini sulle navi dei veleni
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Le organizzazioni ambientaliste richiamano l'attenzione delle istituzioni e dei media su un inquietante scenario che è rimasto ancora oggi senza risposte: quello delle cosiddette "navi dei veleni", autentiche carrette dei mari riempite di rifiuti tossici e radioattivi e fatte affondare nel mare Mediterraneo. Sono 52 i relitti affondati nelle acque italiane, con alcuni elementi comuni: navi vecchie di oltre trent'anni, affondate in zone di mare profonde e dunque irrecuperabili, con difficoltà nel risalire ai registri di carico e scarico. Una vera e propria "rete", un sistema comodo e senza rischi per sbarazzarsi di rifiuti pericolosi, grande affare per la criminalità organizzata, finora colpevolmente tenuto sotto silenzio. "La complessità della vicenda delle navi dei veleni, dietro la quale si nascondono faccendieri internazionali, trafficanti di armi e di rifiuti, ma anche connivenze e relazioni con soggetti istituzionali - affermano Legambiente e WWF - richiede lo sforzo congiunto di tutti gli organismi istituzionali con competenze in materia".
È questo l'appello avanzato dal Wwf e da Legambiente in occasione della presentazione del dossier intitolato "Le navi dei veleni" (scaricabile in versione .pdf). Nel documento elaborato vengono avanzate 10 proposte al Governo, al Parlamento e alle Commissioni parlamentari d'inchiesta tra cui compiere un'indagine nelle acque territoriali italiane per individuare i relitti delle "navi a perdere" e approfondire l'eventuale ruolo della criminalità organizzata nel traffico illecito di rifiuti via mare. Sul caso più noto, quello della motonave Rosso, incagliatasi misteriosamente il 14 dicembre 1990 vicino Amantea, in Calabria su cui sta indagando il pm Greco della Procura di Paola. "Uno sforzo che ha bisogno del massimo sostegno di Parlamento e Governo" chiedono le associazioni, che plaudono invece all'impegno profuso in questi anni dalle forze dell'ordine. Per questo chiedono di garantire alla procura di Paola uomini e mezzi per l'avvio di nuove indagini da parte del Sostituto Procuratore Francesco Greco: nel dicembre 2005 infatti i reati ipotizzati dalla Procura calabrese cadranno in prescrizione. Tra le altre richieste, quella di introdurre nel codice penale i "delitti contro l'ambiente", che darebbero uno strumento importante.
E dal porto di Cherbourg, sulla costa atlantica francese arriva la notizia che è giunto un carico di 140 chili di plutonio derivante dalle testate nucleari americane, proveniente dagli Stati Uniti. Il carico viaggerà poi per 1.000 chilometri via terra, fino all'impianto nucleare di Cadarache, vicino ad Aix en Provence. Lì sarà trasformato in combustibile per essere utilizzato in un reattore nucleare e ripartirà via mare per gli Stati Uniti il prossimo anno. "Gli Stati Uniti e la Francia minacciano inutilmente la sicurezza internazionale e l'ambiente" commenta Shaun Bernie di Greenpeace.
"Greenpeace chiede che il plutonio non venga trasportato e ritrattato, con rischi per la popolazione e possibili attacchi terroristici, ma venga solidificato, vetrificato e stoccato come altri rifiuti nucleari ad alta radioattività". In Francia, in contrasto con le misure di sicurezza previste per i trasporti di plutonio, i viaggi di trasporto si effettuano con veicoli non blindati e senza un'adeguata protezione delle forze dell'ordine. La settimana scorsa, Greenpeace ha inviato degli studi tecnici al governo francese, a quello americano e all'AIEA (Agenzia internazionale per l'energia atomica), esponendo le violazioni alle regole di sicurezza in questi trasporti. [AT]