www.unimondo.org/Notizie/Alimenti-semplici-o-complicanze-per-la-salute-232481
Alimenti semplici o complicanze per la salute?
Notizie
Stampa

Foto: Unsplash.com
Ammonta a oltre il 50% delle calorie consumate: è il cibo ultra-processato, che in Paesi come il Regno Unito, il Canada e gli Stati Uniti gioca un ruolo da protagonista sugli scaffali e sulle tavole dei cittadini. Certo, in Italia non siamo ancora a questi livelli, ma fateci caso: quanto è aumentato il cibo pronto e super lavorato, rispetto solo a qualche anno fa?
Il cibo ultra-lavorato è facile da riconoscere: è il risultato del frazionamento di alimenti integrali in sostanze singole, modificazioni chimiche di queste sostanze e assemblamento delle stesse con uso frequente di additivi chimici e confezioni sofisticate. Obiettivo: creare un prodotto altamente profittevole (con ingredienti low cost, garanzia di lunga vita sugli scaffali e marchi che creano empatia), conveniente (pronto al consumo) e iper gustoso, in modo da creare dipendenza e spodestare il desiderio di acquistare cibi semplici, naturali, non lavorati. Sono cibi facili da riconoscere perché nella lista degli ingredienti si legge con ogni probabilità la presenza di sostanze raramente o mai utilizzate nelle nostre cucine, nonché di aromi artificiali: sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio, oli idrogenati o proteine idrolizzate, esaltatori di sapidità, coloranti, emulsionanti, dolcificanti, addensanti e chi più ne ha più ne metta.
L’aspetto preoccupante non è uno soltanto: al di là delle questioni etiche connesse a questo tipo di filiera e di marketing, al di là della discutibilità commerciale di queste proposte che propinano abitudini alimentari usa e getta a costi elevati e qualità infima, al di là di molte altre ragioni che si potrebbero addurre, ci sono anche questioni non trascurabili legate alla salute: un rischio aumentato di obesità, malattie croniche cardiovascolari, demenza.
Il fatto è che questi prodotti alimentari ultra lavorati sono un concentrato di ingredienti industriali e aromi, proteine isolate e altre sostanze chimiche che li rendono gradevoli al palato. Un procedimento che distrugge la struttura naturale degli ingredienti e ne vanifica molti benefici legati alla presenza di fibre, vitamine, minerali e sostanze fitochimiche. Molti di noi hanno consapevolezza delle criticità che questo tipo di alimenti solleva, ma una buona parte associa i lati negativi solo alla carenza di sostanze nutritive. Non si tratta però solo di questo: altri fattori entrerebbero in gioco legati ai rischi per la salute e lo dimostrano due studi, uno dei quali condotto proprio su un campione di adulti italiani: 20.000 persone coinvolte, con risultati che confermano la probabilità maggiore per le persone che consumano cibi ultra-processati di morire prematuramente per cause molto diverse. Il secondo studio, che invece ha lavorato su un campione di 50.000 persone negli Stati Uniti, ha messo in chiaro la relazione tra il consumo di questi alimenti e l’aumento del rischio del cancro colon-rettale. L’aspetto preoccupante è che, pur con diete dove si presti particolare attenzione agli apporti nutritivi, i rischi permangano, legati quindi ad altri fattori, emersi in particolare in relazione a dei marcatori di infiammazioni come l’elevato numero di globuli bianchi nel sangue, segnale a cui in condizioni normali il corpo risponde in maniera naturale attraverso il proprio sistema immunitario ma che in questi casi diventa cronico, provocando danni ai tessuti e conseguenze correlate all’insorgere di cancro, problemi cardiovascolari, modificazioni del microbioma intestinale, soprattutto in soggetti con funzioni epatiche alterate.
Il corpo, di fatto, riconosce come “estranei” i cibi iper processati e attiva nell’organismo difese analoghe a quelle messe in campo per combattere i batteri nocivi, tanto da definire questa reazione “fast food fever” (febbre da fast food).
Com’è ovvio immaginare, il modo migliore per evitare o ridurre al minimo i rischi è evitare il consumo di questi cibi, privilegiando una dieta mediterranea ad alto contenuto di vegetali e alimenti integrali e per nulla o poco processati, adottando stili alimentari tra l’altro molto consigliati per contenere e ridurre infiammazioni croniche. È una sfida, lo vediamo: siamo invasi da tentazioni ben confezionate, pronte al consumo, persuasive e gustose, spesso mascherate da un marketing equivoco e ingannevole. Ma se ne va (anche) della nostra salute, forse uno sforzo in questa direzione dovremmo proprio considerarlo.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.