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Algeria: quattro anni di crescente repressione
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Foto: Daoud Abismail da Nigrizia.it
Il 18 febbraio 2022 Zakaria “Zaki” Hannache viene arrestato da quattro agenti in borghese, prelevato da casa sua nel quartiere di Cherarba, ad Algeri, e portato alla stazione di polizia Dr Saadane Street.
Viene accusato il 24 febbraio di “apologia di terrorismo”, di “minaccia all’unità nazionale” e di “ricezione di fondi da istituzioni interne o esterne al paese” per il suo lavoro di documentazione e costante aggiornamento sullo stato di arresto e sui procedimenti giudiziari dei detenuti d’opinione: attivisti, giornalisti, sindacalisti, politici, responsabili di aver pubblicato un post sui social network, un articolo o, in generale, aver preso posizione contro il governo e gli arresti arbitrari.
Dopo 35 giorni di prigionia, Hannache viene rilasciato provvisoriamente su pagamento di cauzione il 31 marzo, col rischio di poter essere nuovamente incarcerato. Rischia una condanna fino 35 anni di reclusione, l’ergastolo o la pena di morte (sospesa in Algeria dal 1993).
Hannache lo scorso agosto si reca in Tunisia, dove chiede asilo, e il 18 novembre riceve lo status di rifugiato dall’Unhcr. Tuttavia, diverse organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno espresso preoccupazione e hanno chiesto alle autorità tunisine di non ripetere il caso di Slimane Bouhafs, attivista che aveva ottenuto la protezione internazionale in Tunisia ma che è stato riportato forzatamente, in circostanze non chiare, in Algeria.
Il caso di Hannache è il caso di tanti altri algerini sostenitori dell’Hirak, il movimento pacifista per un’Algeria libera e democratica, nato nel febbraio 2019 per opporsi alla candidatura al quinto mandato del presidente Abdelaziz Bouteflika e che ha continuato a chiedere anche dopo l’elezione dell’attuale presidente Abdelmadjid Tebboune radicali riforme politiche come la partecipazione della società civile alla vita politica del paese, la fine dello stato militare, l’indipendenza della magistratura, le libertà di espressione e manifestazione.
L’effetto delle proteste è stato un inasprirsi progressivo della repressione da parte del sistema di potere algerino, che ha comportato l’aumento dei detenuti d’opinione – secondo il World Report 2023 di Human Rights Watch a ottobre 2022 se ne contavano 250 – senza alcun limite di età, come nel recente caso del sedicenne Rahim Attaf, accusato di “istigazione ad assembramenti armati”, e che va minando l’indipendenza dei media algerini, sia attraverso la pressione messa in atto dalla polizia politica, sia privando i media delle risorse economiche necessarie a sostenersi, come le pubblicità pubbliche e quelle fornite da compagnie private.
Dopo i casi dei giornalisti Khaled Drareni, Rabah Kharèch, Merzoug Touati, sta suscitando indignazione a livello internazionale l’arresto di Ihsan El Kadi. Fondatore e direttore dei media indipendenti Radio M e Maghreb Émergent, El Kadi è stato preso in custodia da sei agenti della Direzione generale della sicurezza interna (Dgsi) la notte del 23 dicembre, portato alla caserma di Antar e arrestato il 29 dicembre con l’accusa di “aver ricevuto fondi dall’estero”.
A motivare l’arresto del giornalista, probabilmente un articolo in cui analizzava come il presidente Tebboune – in vista delle presidenziali del 2024 – potrebbe non essere riconfermato al secondo mandato per l’inarrestabile politica di sicurezza che sta adottando, evidenziando quindi la necessità nel paese di riabilitare la politica e la sua funzione, un’esigenza tanto premente quanto lo era nel 2019, quando nacque l’Hirak.
Il giornalista era già stato sotto controllo giudiziario nel maggio 2021 e poi condannato lo scorso 7 giugno a sei mesi di carcere, al pagamento di una multa di 50mila dinari algerini, al risarcimento di danni all’erario pubblico e al ministero delle comunicazioni.
Per Ihsan El Kadi si sono mossi diversi giornalisti e direttori di giornali che, riuniti da Reporter sans frontières, hanno sottoscritto un appello chiedendo alle autorità algerine il suo rilascio, la rimozione dei sigilli degli uffici di Radio M e Maghreb Émergent, la fine della criminalizzazione del giornalismo e di ogni altra forma di libertà di espressione garantita dalla Costituzione.
Dell’attivismo, dell’Hirak, dei diritti umani, degli arresti arbitrari e delle prospettive future in Algeria abbiamo parlato con l’attivista algerino Zaki Hannache...
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