Al WSIS, i delegati erano spiati

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Ad accusare gli organizzatori svizzeri del WSIS di aver fatto ricorso a chip su radiofrequenza RFID senza neppure dirlo ai delegati sono tre ricercatori che alla fine del meeting internazionale hanno rilasciato un rapporto di denuncia sull'accaduto ripreso, tra gli altri, anche dal Washington Post dimostrando che all'interno dei badge che venivano rilasciati per l'accesso alle aree del WSIS erano piazzati dei chip a radio-frequenza capaci, stando al rapporto, a seguire gli spostamenti dei singoli intervenuti nelle diverse aree della conferenza.

I chip RFID, dunque, sono stati piazzati non solo nei badge di giornalisti, segretari e attendenti vari ma anche in quelli di una 50ina di primi ministri, rappresentanti governativi e funzionari di alto livello, compresi anche molti rappresentanti italiani. A nessuno di loro, però, è stato detto alcunché sulla presenza degli RFID e lo stesso WSIS, hanno spiegato i tre ricercatori, non si è dotato di una policy sulla privacy pubblica né ha saputo spiegare questa particolarissima scelta. Basti pensare che anche in Svizzera, come fin qui in Europa, l'adozione degli RFID viene valutata con molta attenzione nel timore che la loro introduzione nei prodotti di largo consumo possa tradursi in una violazione amplissima della privacy delle persone.

Il timore espresso nel rapporto è che le informazioni raccolte con gli RFID vengano poi utilizzate in ambito pubblico soprattutto in vista del secondo round del WSIS previsto a Tunisi per il 2005. "Abbiamo chiesto - hanno spiegato i tre - quale sarebbe stato l'uso dei dati da loro raccolti ma il personale addetto, ovviamente, non ne sapeva nulla". Secondo i tre scienziati il WSIS ha violato una serie di norme sulla riservatezza, in particolare la Legge sulla protezione dei dati personali approvata in Svizzera nel 1992, la Direttiva europea sulla privacy nonché le linee guida ONU sull'uso dei file personali del 1990.

Fonte: Punto Informatico, Contrainformacion en red

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