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Abbandonare l’Afghanistan non è la soluzione
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Foto: Unsplash.com
Sia chiaro: non amo i Talebani. Non amo alcuna forma di integralismo religioso, si tratti di islamici ispirati da libri divini, di ultraortodossi ebrei convinti di essere il solo popolo eletto o di cattolici pre conciliari convinti che la Chiesa di Roma sia la rappresentazione terrena della parola di un dio. Non amo la superstizione ottusa, irrazionale e pericolosa del divino che prevale sull’uomo. Dico questo per spiegare che non dibatto sull’esistenza di Talebani moderati o Talebani conservatori, non mi interessa.
Quello che mi interessa – e che avrebbe dovuto però interessare anche i governi europei e statunitensi in fuga da Kabul – è come i talebani si sono proposti nella prima conferenza stampa internazionale. Lo hanno fatto aprendo delle porte: amnistia generale, ruolo delle donne – anche se ambiguamente collocato nelle leggi islamiche -, no alla vendetta, apertura al Mondo esterno. Questi sono stati i temi proposti dal nuovo vertice talebano e queste sono oggettivamente “porte aperte”, cioè sono dati politici su cui ogni cancelleria seria dovrebbe meditare e agire. Si tratta di aprire crediti politici ai Talebani? No, per niente. Si tratta solo -responsabilmente – di vedere il gioco, di capire cosa accade e di decidere – finalmente – quale ruolo vogliamo avere nel presente e nel futuro di quel Paese e di altri.
Se non c’è dubbio che le nostre armate dovevano lasciare l’Afghanistan dopo vent’anni di inutile, dispendiosa e poco onorevole occupazione, è altrettanto vero che dovevamo avere il coraggio, la lucidità e l’intelligenza di lasciare lì i nostri corpi diplomatici.
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Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.