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50 anni dopo l’alluvione del 4 novembre 1966
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Quando si parla dell’“alluvione del ’66” la mente richiama alla memoria le tragiche immagini del fiume Arno straripato a Firenze nei primi giorni di novembre. In poche ore caddero al suolo oltre 200 millimetri di pioggia, corrispondenti alla media delle precipitazioni dell’intero mese di novembre; la conseguente piena o l’esondazione di numerosi corsi d’acqua causarono in tutta la Toscana 47 morti, centinaia di feriti e circa 46mila sfollati. La mattina del 4 novembre la piena giunse a Firenze e sommerse i quartieri del centro, formando un lago calcolato in 40 Km quadrati. La redazione RAI di Firenze, isolata nel suo palazzo, apriva il TG riferendo che “Tutto il centro storico fiorentino è invaso dall’acqua. Dire acqua è dare un’idea appena approssimata della situazione. Le strade sono autentici torrenti, impetuosi e pericolosi. Un torrente alla velocità di 40/50 Km orari”. Uno “spettacolo allucinante e doloroso”, con un fiume di acqua e fango che trascinava con sé automobili, suppellettili, persone, invadeva negozi e case, inghiottiva l’inestimabile patrimonio artistico e culturale cittadino. Il mix di acqua e fango, ma anche di nafta fuoriuscita da diversi serbatoi distrutti dalla violenza del fiume in piena, raggiunse infatti il Duomo e il Battistero di San Giovanni, gli Uffizi, la Biblioteca Nazionale, la Chiesa di Santa Croce, i musei Archeologico e del Bargello, danneggiando numerosi capolavori di pittura e volumi antichi, molti dei quali sono ancora oggi in attesa di restauro.
Fu allora determinante l’intervento dei famosi “angeli del fango”, migliaia di ragazzi provenienti dall’Italia e da tutto il mondo che si mobilitarono volontariamente per tentare di salvare i libri e gli oggetti d’arte di Firenze dalla distruzione. L’impatto emotivo della devastazione fu infatti mondiale, con la partecipazione all’appello anche dell’attore Richard Burton, in quel periodo impegnato con il regista Franco Zeffirelli nelle riprese del film “La bisbetica domata”, che prestò la propria voce non doppiata per narrare il film-documentario “Per Firenze” realizzato dallo stesso regista proprio sulla situazione della città d’arte durante e immediatamente dopo l’alluvione. “Io sono Richard Burton. Voi perdonerete il mio italiano imperfetto, ma vorrei cercare di parlarvi senza traduzione perché quello che è accaduto in Italia e a Firenze mi riguarda profondamente. Adesso Firenze ha bisogno dell’aiuto di tutti, perché Firenze appartiene al mondo, quindi è anche la mia città.” Parole registrate all’inizio del docufilm che ben rappresentano la spinta emotiva che determinò la mobilitazione degli angeli del fango. Secondo alcuni storici, quell’esperienza “salvifica” così significativa fu tra i prodromi dei movimenti studenteschi sessantottini che tanto avrebbero influito sulla politica e sulla cultura contemporanea. Una mobilitazione mai vista prima che ha indotto l’attuale sindaco di Firenze, Dario Nardella, a 50 anni da quegli aventi, a lanciare un invito agli angeli del fango a tornare in città per le celebrazioni del 4 novembre, per ricordare quei giorni e ottenere un nuovo ringraziamento da parte dei fiorentini per quell’aiuto così determinante. Non solo a Firenze sono previste numerose iniziative, ma l’intera Toscana ricorda l’alluvione con un ricco programma culturale che sta avendo oggi il suo culmine, nelle ore in cui si consumò la tragedia.
In realtà le piogge persistenti che caratterizzarono quell’autunno del 1966 provocarono inondazioni e frane non solo in centro Italia, in Toscana e più limitatamente in Emilia-Romagna e Umbria, ma anche in altri territori della Penisola, in particolare nel nord-est, in Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, dove si contarono 87 morti (nello specifico 6 decessi a Bolzano, 26 a Trento, 26 a Belluno, 2 a Treviso, 3 a Venezia, 5 a Vicenza, 14 a Udine, 4 a Pordenone e pure 1 a Brescia), 42mila sfollati, danni ingenti a edifici, ponti e strade. Anche la città di Venezia fu colpita dall’alluvione: l’acqua alta raggiunse allora il livello record di 194 cm, altezza mai più raggiunta.
I danni provocati dagli eventi alluvionali furono ingenti: nei successivi 10 anni lo Stato italiano avrebbe speso più di 10 miliari di lire per rimediare ai danneggiamenti provocati in quello che è identificato ancora oggi come uno degli episodi di dissesto idrogeologico più gravi nella storia repubblicana. Fu accesa una nuova accisa sulla benzina, ancora ad oggi pagata dagli automobilisti. È proprio in questi giorni di memoria e commemorazione, ma anche di analisi degli eventi e di disamina sulla loro prevenzione che si stanno succedendo in tutta Italia, che si continua a parlare di piani di prevenzione. Complice anche il violento sciame sismico che sta opprimendo la zona appenninica del centro Italia da questa estate, a maggior ragione prevenzione risulta oggi la parola d’ordine delle autorità per garantire la sicurezza dei cittadini. Alle immagini di una Firenze e di altre città devastate dalle alluvioni nel novembre ’66, si sommano quelle dei cumuli di edifici distrutti dai terremoti: le responsabilità attribuite unicamente ai fenomeni naturali andrebbero però assottigliate da una sacrosanta verità ribadita da decenni dai sismologi “Non sono i terremoti che uccidono le persone, ma gli edifici che crollano”. Lo stesso potrebbe dirsi per gli eventi alluvionali.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.