28 marzo, Rai Tre: armi di distruzione di massa

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La messa al bando delle armi di distruzione di massa ha comportato la ratifica di una convenzione che prevede la non proliferazione e cioè la totale esclusione dell'utilizzo di queste armi e la relativa dichiarazione di chi e quante ne possiede.
Sono 157 finora gli Stati che vi hanno aderito e solo sei hanno dichiarato di averle nei loro arsenali: Stati Uniti e Russia, quali maggiori produttori e poi l'India, la Corea del Sud, l'Albania e di recente la Libia.
Durante il periodo della guerra fredda l'URSS era il paese più avanzato in fatto di proliferazione e possesso d'armi di distruzione di massa ed è in Russia che il pericolo ecologico è più allarmante. Che cosa accade in questi laboratori dove si producevano supervirus in previsione di un attacco biologico come ebola, marburg U, lassa e febbri emorragiche?
Giorgio Fornoni lo racconta attraverso un lungo viaggio nella ex Unione Sovietica: i numerosissimi laboratori segreti ancora attivi e ancora gestiti dai militari e sono spaventosamente poveri di misure di sicurezza.
Nei primi anni '90 tutti gli impianti di armi biologiche vennero smantellati ma in un grande centro scientifico in Siberia sono conservati e tenuti in vita oltre trecento virus e batteri che potrebbero in breve, ridiventare armi. Le armi chimiche sono invece raccolte in 7 grandi arsenali.
Ma il pericolo più grande è costituito dagli oltre 200 sottomarini atomici che giacciono arrugginiti e prigionieri dei ghiacci, sulle coste del Nord, ancora carichi dei reattori nucleari, di missili e siluri.
I paesi del G8, sotto pressione per l'incubo terrorismo, hanno firmato nel giugno 2002 a Kananaskis in Canada l'impegno a finanziare con 20 miliardi di dollari lo smaltimento delle armi chimiche e nucleari rimaste in circolazione in Russia.
L'Italia, ha deciso di contribuire con un miliardo di Euro e si è impegnata a smantellare l'arsenale chimico di Pochep, a 400 Km. da Mosca, il più pericoloso.

Fonte: Report

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