www.unimondo.org/Notizie/25-anni-con-Maastricht-quale-il-futuro-163478
25 anni con Maastricht: quale il futuro?
Notizie
Stampa
Oggi il Trattato di Maastricht compie 25 anni. Un anniversario quasi passato sotto silenzio nonostante si tratti di un accordo fondamentale al quale si deve l’adozione della moneta unita e la costruzione dell’assetto attuale dell’Unione Europea. 189 pagine, 79 di protocollo e 34 di aggiunte, il documento stilato a Maastricht non è affatto di agevole lettura, ma ben comprensibilmente dal momento che i suoi contenuti hanno riordinato e ristrutturato la precedente “Costituzione della CEE” entrata in vigore nel 1958 con ben altri obiettivi. In sintesi veniva creata una unione economica-monetaria prevedendo la realizzazione di una moneta unica fra Paesi membri con le carte in regola per inflazione, tassi di interesse e finanza pubblica. Si delineava una politica estera e di sicurezza comune, condotta principalmente dai ministri degli Esteri dei Paesi; nonché una politica di difesa comune così da connettere tutte le questioni inerenti la sicurezza dell’UE. In considerazione del progressivo abbattimento delle barriere, anche fisiche, alla libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali all’interno del territorio degli Stati membri, si era inoltre resa necessaria una cooperazione in materia di giustizia e affari interni per conferire a una dimensione comunitaria problemi precedentemente affrontati su scala nazionale, quali, ad esempio, l’immigrazione, i rapporti con gli stranieri extracomunitari, l’asilo, la lotta alle frodi, al terrorismo e al traffico di armi e stupefacenti. All’ampliamento delle funzioni di Commissione e Parlamento europeo si univa poi l’individuazione di nuove materie di competenza comunitaria quali la sanità, i trasporti e le comunicazioni, l’ambiente, la ricerca, la cultura e l’industria, la politica sociale, la protezione dei consumatori e la cooperazione internazionale allo sviluppo.
Si può dire che l’UE sia nata in quel 7 febbraio 1992 a Maastricht, la cittadina olandese al confine col Belgio dove gli allora 12 capi di Stato o di governo dell’Unione firmarono gli accordi. Eppure oggi la sensazione che ci sia ben poco da festeggiare è diffusa. Il disastroso “divorzio” con la Gran Bretagna e le analoghe spinte centrifughe di diversi Paesi dell’Europa dell’Est aleggiano sulla mancanza di progressi, sulle aspettative deluse e sull’assenza di impegni riformatori che da troppo tempo i cittadini europei esprimono. Se oggi l’UE si trovasse a soffiare le candeline della sua torta, chiudesse gli occhi e dovesse esprimere un desiderio, cosa potrebbe sperare per il suo futuro?
Fra poco più di un mese, il 15 marzo, sarà la volta di un altro anniversario di tutto rispetto: ricorreranno infatti i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma con i quali fu costituita la Comunità Economica Europea, pietra miliare del sistema di integrazione del Vecchio continente. Per allora la Commissione europea ha anticipato che sarà elaborato un “libro bianco” sulla sua visione futura dell’Unione, inclusa la riforma dell’euro e del sistema finanziario, la gestione delle sfide politiche e democratiche, insomma una programmazione che dia il senso di dove si sta andando. È proprio in attesa di questo decisivo documento programmatico che la piattaforma “Debating Europe”, che mira a mettere in dialogo i cittadini con gli amministratori europei, nonché con esperti del settore, ha lanciato un dibattito chiedendo alla comunità di formulare quei desideri e quelle aspettative che si vorrebbero poi leggere nel libro bianco prodotto dalle istituzioni europee. Un centinaio i commenti al momento tra disillusione, chiusura totale e forte attesa di rinnovamento: “tornare alle origini”, “la dissoluzione”, “promuovere effettivamente la pace, la parità di diritti e il rispetto tra Stati e popoli”, “concentrarsi sui popoli anziché sui capitali per combattere i fascismi in crescita”, “unificare effettivamente l’Europa”, “creare un’Europa dei popoli, governata dai popoli e per i popoli”. Poche le proposte concrete sul tavolo, ma probabilmente si tratta di un lavoro che attiene più agli indirizzi degli europarlamentari e all’attuazione dei funzionari di Bruxelles.
Certo è che la fiducia verso l’UE è in costante calo in tutti i Paesi dell’Unione. In Italia gli euroscettici continuano a essere numerosi: solo un 4% degli italiani dichiara di riporre molta fiducia nelle istituzioni europee, uno su tre (pari al 40%) è abbastanza fiducioso anche se non approva l’attuale politica dell’UE, oltre un italiano su due (53%) ripone poca o nessuna fiducia nell’UE e una fetta cospicua (9%) si astiene dal prendere una posizione. Rispetto all’anno scorso, cala del 2% la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Portando la memoria al passato, neanche i mesi in cui fu approvato il Trattato di Maastricht furono esenti da timori e feroci critiche verso il progetto europeo. Prima della sua entrata in vigore il primo novembre 1993, in alcuni Stati membri fu necessario il coinvolgimento del corpo elettorale, chiamato alla ratifica tramite referendum con risultati di poco favorevoli al consenso: in Danimarca i voti a favore furono il 56,7%, in Francia appena il 51%. In Italia, così come in altri Paesi nei quali la ratifica delle Convenzioni internazionali è in capo al Parlamento, il Trattato fu invece approvato con maggioranza bulgara, con il voto di 176 senatori (16 contrari e un astenuto) e di 403 deputati (46 contrari e 18 astenuti), quasi a evidenziare uno scollamento della governance con la base. Peraltro l’approvazione avvenne tra il settembre e l’ottobre del 1992, in un clima politico e sociale avvelenato dallo scoppio di tangentopoli su cui si concentrò l’attenzione nazionale.
È evidente che una riforma dell’UE formulata a Maastricht è ormai necessaria. Una trasformazione a cui il più recente Trattato di Lisbona del 2007 non è riuscito a dare forma ma che oggi appare tanto più urgente dinanzi all’alternativa della deflagrazione dell’organizzazione o dell’apatia democratica verso le sue strutture, un’analoga detonazione del sogno europeo.
Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.