RIO + 20: la grande inversione a U

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Rio de Janeiro è una città di inversioni a U. Il segnale stradale più frequente è “Retorno”, inversione. E Rio+20 ha seguito quello schema. E’ stato una grande inversione a U in termini di responsabilità umana di proteggere i processi che proteggono la vita sul pianeta.

Vent’anni fa, al Vertice della Terra, furono firmati accordi legalmente vincolanti per proteggere la biodiversità e prevenire un cambiamento climatico catastrofico. La Convenzione sulla Biodiversità Biologica e la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico spronarono i governi a cominciare a modellare leggi e politiche per affrontare due delle più significative crisi ecologiche del nostro tempo.

Il programma per Rio+20 sarebbe dovuto consistere nel valutare perché l’attuazione dei Trattati di Rio sia stata inadeguata, nel riferire come le crisi sono peggiorate e nel proporre obiettivi legalmente vincolanti per evitare un peggioramento della crisi ecologica. Ma l’intera energia del processo ufficiale è stata concentrata su come evitare qualsiasi impegno. Rio+20 sarà ricordato per quel che ha mancato di fare in un periodo di crisi gravi e multiple, non per quel che ha realizzato.

Sarà ricordato per aver offerto un salvataggio a un sistema economico in fallimento mediante l’”Economia Verde”, un’espressione in codice per la mercificazione e la finanziarizzazione della natura. I movimenti ambientalisti e per la giustizia sociale hanno rifiutato in modo categorico l’”Economia Verde”. Un sistema finanziario che è crollato a Wall Street nel 2008 e ha dovuto essere salvato con trilioni di dollari dei contribuenti e continua a essere salvato mediante misure d’austerità spremendo le vite della gente, è ora proposto come salvatore del pianeta. Attraverso l’Economia Verde viene fatto un tentativo di tecnologicizzare, finanziarizzare, privatizzare e mercificare tutte le risorse e i sistemi viventi della Terra.

Questa è l’ultima competizione tra una visione del mondo come Impero dell’Uomo sulla Terra, che distrugge la vita, e una visione del mondo di armonia con la natura e di riconoscimento dei Diritti di Madre Terra che protegge la vita. Ho portato dall’India 100.000 firme per la Dichiarazione Universale dei Diritti di Madre Terra e le ho consegnate al Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon.

E’ un riflesso della perseveranza e della forza dei movimenti che, mentre il testo finale fa riferimento all’Economia Verde, ha anche un articolo che si riferisce alla Madre Terra e ai Diritti della Natura. L’articolo 39 afferma:

“Riconosciamo che il pianeta Terra e i suoi ecosistemi sono la nostra casa e che Madre Natura è un’espressione comune in numerosi paesi e regioni e osserviamo che alcuni paesi riconoscono i diritti della natura del contesto della promozione dello sviluppo sostenibile. Siamo convinti che, al fine di ottenere un giusto equilibrio tra le necessità economiche, sociali e ambientali delle generazioni attuali e future, è necessario promuovere l’armonia con la natura.”

E’ questo, in realtà, il quadro dello scontro di paradigmi che ha dominato Rio+20: il paradigma dell’economia Verde, da un lato, per proseguire nell’economia dell’avidità e del saccheggio delle risorse e, dall’altro, il paradigma dei Diritti di Madre Natura, per creare una nuova economia di sostentamento in cui siano difesi e condivisi i doni della Terra.

Mentre il processo di Rio+20 ha proceduto a passi di gambero, alcuni governi si sono in realmente mossi in avanti per creare un nuovo paradigma e una nuova visione del mondo. L’Ecuador spicca per essere stato il primo paese a includere i Diritti della Natura nella sua Costituzione. A Rio+20 il governo dell’Ecuador mi ha invitato a unirmi al Presidente per l’annuncio dell’iniziativa Yasuni, mediante la quale il governo lascerà il petrolio sottoterra per proteggere la foresta amazzonica e le comunità indigene.

Il secondo governo che si è distinto nella comunità delle nazioni è il nostro minuscolo vicino, il Bhutan. Il Bhutan è andato oltre il PIL come misura di progresso e ha adotta l’indice di Felicità Nazionale Lorda. Più significativamente il Bhutan ha riconosciuto che il modo più efficace per far crescere la Felicità è coltivare organicamente. Come ha detto il primo ministro del Bhutan alla conferenza di Rio:

“Il Governo Reale del Bhutan, per parte sua, promuoverà e proseguirà incessantemente il suo sforzo di realizzare i sogni che condividiamo di riunire un movimento globale per tornare all’agricoltura organica in modo che i raccolti, e la terra su cui crescono, diventino realmente sostenibili e in modo tale che l’agricoltura contribuisca non al degrado, bensì alla resurrezione e alla rivitalizzazione della natura.”

La maggior parte dei governi è rimasta delusa dal risultato di Rio+20. I movimenti erano arrabbiati e hanno protestato. Più di 100.000 persone hanno marciato per dire che non è questo “Il futuro che vogliamo”, titolo del testo di Rio+20.

Considero Rio+20 come una parentesi quadra (gergo dell’ONU per indicare un testo non concordato che spesso è cancellato). Non è il passo finale, solo una punteggiatura. La democrazia e i processi politici decideranno l’esito vero della storia e il futuro della vita sulla Terra. La nostra volontà e le nostre azioni collettive decideranno se le imprese riusciranno a privatizzare l’ultima goccia d’acqua, l’ultima foglia d’erba, l’ultimo acro di terra, l’ultimo seme, o se i nostri movimenti saranno in grado di difendere la vita sulla Terra, compresa la vita umana, nella sua ricca diversità, abbondanza e libertà.

Vandana Shiva da Zcommunications.org

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