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Storia
La colonizzazione e la costituzione del dominion.
La Nuova Zelanda, abitata da tribù maori – il cui insediamento si colloca intorno al 1000 d. C. – fu a lungo disertata dagli Europei a causa dell'aggressività degli indigeni. Sul finire del sec. XVIII solo qualche piccolo gruppo di criminali fuggiti dalle prigioni australiane, di naufraghi e di cacciatori di foche, vi si installò, sfidando la fama sanguinaria dei maori, finché, nel sec. XIX, vi giunsero missionari protestanti (dal 1814) e cattolici (dal 1838). I primi convinsero alcuni capi maori a chiedere la protezione dell'Inghilterra, che si limitò però a inviare un residente per impedire tentativi francesi di sbarco e solo nel 1839 autorizzò la costituzione della New Zealand Company, che si proponeva di svolgere opera di colonizzazione nell'Isola del Nord, e inviò un emissario, il capitano Hobson, con l'incarico di affermare la sovranità britannica. Hobson fece firmare il 6 febbraio 1840 a 46 capi maori, convenuti nella Baia delle Isole (Isola del Nord), un trattato con cui cedevano i propri diritti di sovranità alla regina Vittoria in compenso del riconoscimento dei loro diritti di proprietà e dell'ottenimento della protezione britannica: inoltre essi attribuivano alla corona un diritto di prelazione sulle terre che avessero inteso vendere. Poche settimane dopo Hobson proclamava la sovranità britannica sulle due isole e poneva la capitale ad Auckland nell'Isola del Nord. Nel novembre successivo il governo di Londra concedeva alla nuova colonia una Costituzione (governatore, Consiglio esecutivo, Consiglio legislativo formato da membri nominati dal governatore) e quindi nel febbraio 1841 accordava una carta di incorporazione alla New Zealand Company. Il problema dell'acquisto dei terreni da parte dei colonizzatori e i rapporti con i maori portarono la situazione a un punto critico, fino a che intervenne un energico governatore, il capitano George Grey (1845-55), che ristabilì l'ordine, abolì la carica di protettore degli indigeni, instaurò rapporti stabili con i capi indigeni, dopo averne fatto arrestare uno, e concluse un accordo con la New Zealand Company, che si rivelò tuttavia fonte di controversie tali da indurre la Compagnia a sciogliersi dietro rimborso delle spese sostenute (1850). Nel 1852 entrò in vigore una nuova Costituzione di tipo sostanzialmente federale, che divise la colonia in sei province. Due anni dopo Londra concedeva un governo responsabile (1854) tuttavia con due importanti limitazioni: i rapporti tra europei e maori e la materia relativa alla compravendita di terreni restavano nella competenza esclusiva del governatore. Il continuo incremento della popolazione europea (nel 1858, 61.000 Europei contro 56.000 maori) e il passaggio in proprietà della corona o di privati di enormi estensioni di terreno favorirono la creazione di una lega dei capi maori, che elesse un proprio re. Il tentativo del governo di acquistare il cosiddetto Waitara block nei pressi di Taranaki, sul quale il diritto del cedente era dubbio, fu la scintilla che provocò la rivolta dei capi della lega, che inflissero dure sconfitte agli Inglesi (1860-61). La guerra ebbe l'effetto di umanizzare la politica dell'Inghilterra: fu vietata la vendita di terre da parte dei maori che non dimostrassero in maniera certa i loro diritti; fu istituito un apposito tribunale per le terre degli indigeni; quattro deputati e due senatori maori furono ammessi nel Parlamento. Nel 1863 tuttavia scoppiò una seconda guerra con i maori sempre per questioni di terre e molti continuarono la lotta anche dopo il 1868 per motivi religiosi e razziali. Nel 1865 la capitale fu portata da Auckland a Wellington. La scoperta dopo il 1861 di giacimenti auriferi nell'Isola del Sud (dove la popolazione maori era scarsa) attrasse un gran numero di immigranti. Sorse nel contempo la questione della ripartizione delle entrate e delle spese tra le due isole nonché dell'ammortamento dei debiti pubblici tra governo centrale e governi provinciali. I debiti vennero riuniti e convertiti in un unico grande debito consolidato; quindi, su iniziativa di un giornalista immigrato, Julius Vogel, divenuto ministro delle Finanze (1869-73) e poi primo ministro (1873-75), fu dato inizio a un grandioso programma di lavori pubblici finanziato con prestiti. Ciò provocò inflazione e contrasti tra governo centrale e governi provinciali, che furono risolti con la creazione di un bilancio unico nazionale. Nel 1879 fu concesso il suffragio universale maschile. Ma i nuovi immigrati, esperti di lotte sindacali e politiche portarono nel 1891 alla fondazione del primo partito politico neozelandese: quello liberale-laburista, che ebbe tre grandi capi (Ballance, Stout, Seddon) e rimase al potere sino al 1912. I liberali-laburisti spezzarono il latifondo e favorirono la creazione di piccole e medie proprietà; le terre della corona furono date in affitto o in enfiteusi; dazi doganali vennero introdotti per proteggere l'industria nazionale; il diritto di voto fu esteso alle donne (1893). Il Partito liberale-laburista neozelandese divenne famoso in tutto il mondo per la sua legislazione sociale d'avanguardia. Un ministro del Lavoro realizzò il cosiddetto “socialismo di Stato”: vennero fissati gli orari e le condizioni di lavoro nelle fabbriche, nelle miniere, nei porti, sulle navi, ecc.; furono istituiti uffici di conciliazione e un tribunale per le vertenze; vennero introdotte le assicurazioni sugli infortuni, sulle malattie, ecc. La lunga permanenza al potere logorò il Partito liberale-laburista, divenuto poi solo liberale perché da esso si staccò un primo gruppo, che fondò un Partito laburista indipendente (1905) mentre la massa degli agricoltori si accostò al vecchio partito conservatore, denominato Partito della riforma e poi Partito nazionale. Nel Partito laburista confluirono i liberali di idee più avanzate, che si dicevano socialriformisti se non anche marxisti. Di orientamento marxista si dichiarò la Federazione del Lavoro, costituita nel 1909, in cui confluirono potenti unioni sindacali. Nel 1907 la Nuova Zelanda ricevette il titolo di Dominion, attribuito a tutte le colonie a governo responsabile.