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Storia
I primi insediamenti nella regione sono attribuiti a popolazioni baltiche che la raggiunsero da sudest verso il 2500 a. C. La polazione lituana, stanziatasi nel bacino del fiume Nemunas intorno al X secolo, si organizzò in una serie di principati fino a quando il territorio fu assalito prima dai Cavalieri Portaspada, poi da Cavalieri Teutonici, che si erano assunti il compito di sottomettere ed evangelizzare quel popolo pagano. I lituani riuscirono a difendersi col loro principe Mindaugas, vincitore dei Cavalieri (1236) e poi convertito al cristianesimo e fatto re di Lituania da papa Innocenzo IV (1253). Morto Mindaugas e attenuatasi la spinta verso il cristianesimo, continuarono sanguinose le lotte coi Cavalieri teutonici. Al granduca Gedimino (1316-41) va il merito d'aver riordinato l'esercito e lo Stato, d'aver fondato Vilnius e stretto con la Polonia una strategica alleanza. I suoi figli, Algirdas e Keistut, combatterono con successo i nemici della Lituania: il primo batté tartari e moscoviti e giunse due volte (1368, 1372) in vista di Mosca, il secondo respinse i continui attacchi dei Cavalieri. Jogaila (Iagellone), figlio di Algirdas, accettò la proposta polacca di sposare l'erede al trono, Edvige (Jadwiga) d'Angiò; in tale occasione (1386) si fece battezzare con molti nobili lituani e divenne re (Ladislao II) di Polonia.
Intanto (1385) si era conclusa a Krewo l'unione personale polacco-lituana che fece delle due nazioni la più grande potenza cristiana dell'Europa orientale. I Lituani ebbero qualche timore per la loro indipendenza e il granduca Vytautas (Vitoldo), cugino di Jogaila, pretese inutilmente anche per sé il titolo regio. La fratellanza tra la nobiltà polacca e la lituana, sancita a Horodło (1413), resse a ogni scossa: quella fratellanza che aveva permesso la decisiva vittoria dei lituano-polacchi sui Cavalieri teutonici (Grünwald, 1410). Morto il grande Vytautas (1430), la Lituania conobbe un periodo di decadenza, pur conservando la sua fisionomia di Stato indipendente. Solo molto più tardi (1569) un re polacco, Sigismondo Augusto, volle unire più strettamente la Lituania alla Polonia in uno Stato detto “Respublica”, ma finì col ridurre l'influenza politica della Lituania, costretta anche a cedere alla corona polacca vasti territori (Podlacchia, Volinia e Podolia con Kijev).
Nel XVII secolo la Lituania, assalita sia dagli svedesi sia dai russi, si trovò spesso a mal partito. La Russia aumentò la sua pressione e nelle tre spartizioni (1772, 1793, 1795) riuscì ad annettersi tutta la Lituania: la religione cattolica e la lingua lituana furono minacciate. Tutte le sollevazioni polacche del XIX secolo ebbero la loro ripercussione in Lituania: si aggravarono quindi le persecuzioni poliziesche e le deportazioni dei patrioti. Ma lo spirito nazionale lituano ebbe la sua rivincita nel febbraio 1918, quando la Lituania si costituì in Stato indipendente sotto la protezione interessata dei tedeschi e, dopo la sconfitta finale di questi, in Repubblica indipendente. La sua vita politica fu turbata per anni dalla questione di Vilna (Vilnius), che le potenze vincitrici intendevano lasciare alla Lituania e che la Polonia di Piłsudski voleva far sua, e inoltre dalla non meno difficile questione di Memel. Nel 1923 i Polacchi ottennero Vilnius, ma la situazione restò tesa.
Nel settembre 1939 la Lituania entrò nella zona d'influenza sovietica; nel 1940 fu annessa come Repubblica all'URSS. Nel 1941 fu occupata dai tedeschi che ne disposero fino al 1944 sterminandovi la minoranza ebrea. A guerra finita, la Lituania tornò definitivamente a essere una Repubblica socialista dell'URSS, acquisendo parte della regione di Vilnius, già contesa alla Polonia. L'annessione provocò la fuga all'estero di numerosi Lituani (verso l'America Settentrionale e la Svezia) e la costituzione del movimento clandestino di resistenza dei Fratelli della Foresta (diffuso in tutti i Paesi baltici), attivo in misura sempre più ridotta e dimostrativa fino agli anni Sessanta. Obiettivo iniziale di tale formazione fu la lotta contro la collettivizzazione dell'economia, quindi l'espressione della protesta contro le deportazioni. Iniziate sistematicamente nel 1945, queste crebbero d'intensità tra il 1948 e il 1951, privando il Paese di alcune centinaia di migliaia di persone. Contemporaneamente avvenne l'immigrazione di popolazione russa, impiegata negli uffici pubblici e nelle fabbriche impiantate proprio in virtù delle caratteristiche del sistema socio-economico locale, relativamente avanzato ed efficiente. Non si ebbe però un afflusso pari a quello sperimentato dalle altre Repubbliche baltiche e il processo di russificazione fu perciò più limitato anche durante i decenni successivi, allorché il sistema produttivo consolidò ulteriormente il proprio vantaggio sul resto dell'Unione Sovietica. Successivamente, il processo di democratizzazione, avviato dalla glasnost nella seconda metà degli anni Ottanta, favoriva l'espressione di quel sentimento nazionale, represso fin dal momento dell'annessione ma ancora vivace, che ben presto si trasformava nel principale fattore di rinnovamento della vita politica: dapprima attraverso rivendicazioni autonomistiche, fatte proprie dal Partito comunista lituano, poi per mezzo del Fronte nazionale Sajudis (istituito il 3 giugno 1988).
Dalla prima grande manifestazione pubblica (agosto 1987) di condanna del patto Molotov-Ribbentrop, la valenza politica del movimento democratico, costantemente accresciuta, si trasformava, prima che negli altri Paesi baltici, da sostenitrice dell'azione riformatrice di Gorbačëv in sua oppositrice per favorire una radicale secessione. L'abbandono del principio del ruolo-guida del Partito comunista (dicembre 1989), preceduto di un paio di mesi dalla scissione del Partito comunista lituano dal PCUS, segnava, infatti, una prima introduzione in assoluto del pluralismo politico in URSS dal dopoguerra. Si scontrava, in particolare, con la proclamazione d'indipendenza (marzo 1990) del Soviet Supremo locale e con gli orientamenti delle autorità centrali sovietiche, che promuovevano per reazione un'occupazione militare "strisciante" e un embargo con sanzioni economiche che portava alla sospensione temporanea della dichiarazione di sovranità.
Nel frattempo, nella prima metà del 1991, si moltiplicavano gli interventi militari delle truppe speciali distaccate a Vilnius e a marzo la Repubblica rifiutava di partecipare al referendum sul Trattato dell'Unione. Nell'agosto dello stesso anno, poi, il tentato colpo di stato moscovita faceva accelerare indirettamente il processo di acquisizione dell'indipendenza. Il vuoto di potere sovietico e il favore della diplomazia internazionale permettevano alle istituzioni lituane di proclamare il definitivo sganciamento dalle precedenti forme statali come gesto di netta opposizione al progetto di restaurazione incombente. Il sostegno fornito in tal modo alla causa del legittimo presidente sovietico permetteva così alla Lituania, a golpe sventato, di ottenere dal neoistituito Consiglio di stato federale il riconoscimento della piena sovranità (6 settembre 1991). Venivano, dunque, rapidamente riallacciate formali relazioni diplomatiche con molti Paesi e si faceva richiesta di ammissione alle maggiori organizzazioni internazionali (il 17 settembre 1991 la Lituania entrava a far parte dell'ONU), mentre fu nuovamente istituito il Consiglio baltico, l'organismo consultivo nato nel 1934.
Le prime elezioni politiche dall'indipendenza, tenutesi alla fine del 1992, facevano registrare la vittoria degli ex comunisti raggruppati nel Partito democratico del lavoro (PdL), il cui leader, Algirdas Brazauskas, veniva poi eletto, nel febbraio 1993, presidente della Repubblica subentrando a Vytautas Landsbergis, nominato nel marzo 1990, dopo aver guidato col suo movimento, Sajudis, il Paese verso la rottura con l'URSS. Contemporaneamente, nel febbraio 1993, veniva nominato capo del governo un altro ex comunista, Adolfas Slezevicius. Cercando intanto di conservare buoni rapporti con la Russia, nonostante l'avversione del governo di Mosca alla sua richiesta di adesione alla NATO, la Lituania continuava nel suo processo di integrazione con l'Occidente, firmando, nel giugno 1995, il trattato di associazione all'Unione Europea insieme a Estonia e Lettonia. Comunque, i risultati ottenuti in campo internazionale non bastavano a favorire il governo degli ex comunisti nelle elezioni politiche del 1996, che invece vedevano la vittoria del partito nazionalista e una cospicua perdita di voti da parte del PdL. Tale voto veniva poi confermato, nel gennaio 1998, con l'elezione del presidente della Repubblica: il conservatore Valdas Adamkus.
Alla fine del 2000, la forte crisi economica influiva notevolmente sulle elezioni politiche che portavano nuovamente al governo gli ex comunisti dell'ex presidente Algirdas Brazauskas. Al vertice di Copenaghen, nel dicembre 2002, la Lituania concludeva il negoziato per l'adesione alla UE. Alle presidenziali del 2003 vinceva a sorpresa il populista di destra, Rolandas Paksas, che batteva il presidente uscente Valdas Adamkus. Nel referendum svoltosi nel corso dello stesso anno, la popolazione approvava l'adesione alla UE. Nel febbraio 2004 il Parlamento lituano decideva di procedere contro Paksas, che veniva accusato di aver violato la Costituzione e di legami con la mafia russa, e in aprile lo destituiva, affidando l'incarico di presidente ad interim al presidente del Parlamento, Arturas Paulauskas. In marzo il Paese aderiva alla NATO e in maggio entrava nell'Unione Europea, mentre in giugno veniva eletto presidente l'indipendente Valdas Adamkus. Nelle elezioni politiche di ottobre si affermava il Partito laburista e in novembre il Parlamento ratificava la Costituzione europea. Nell'ottobre 2006 si svolgevano le elezioni politiche vinte dai populisti con il 19.5% dei voti.
Con il Paese colpito da una forte inflazione e dal problema energetico, nelle elezioni del 2008 i lituani votavano il partito d'opposizione Unione della Patria, formazione guidata da Andrius Kubilius, la nuova forza politica Partito Nazionale della Resurrezione e il partito dell'ex presidente Paksas, Ordine e Legge. Nel luglio 2009 si insediava la nuova presidente della repubblica Dalia Grybauskaitė eletta in maggio con oltre il 68% delle preferenze. A fine anno, per una direttiva dell'UE, chiudeva la vecchia centrale nucleare di Ignalina, l'unica del Paese.