Storia

L'Islanda fu scoperta da navigatori vichinghi e dopo alcuni insignificanti insediamenti di monaci irlandesi, l'isola fu colonizzata da un gruppo di norvegesi, che, dall'870 in poi, vollero sottrarsi alla tirannide del re Aroldo. Nel sec. X si formò la libera Repubblica Islandese, divisa in quattro cantoni, e avente come organo supremo l'assemblea (Althing) di Thingvellir.

Nell'anno 1000 fu introdotto per legge il cristianesimo, ma nonostante nel 1056 fu costituita una prima diocesi a Skálholt e nel 1106 fu consacrata la diocesi di Hólarma, la nuova religione stentò ad affermarsi sul costume pagano.

Nel 1262 il re di Norvegia, Haakon IV, sottomise l'Islanda, favorito dalle discordie fra le più importanti e nobili famiglie dell'isola. Seguì un lungo periodo di decadenza, aggravato dalle eruzioni vulcaniche e da periodiche carestie. Dopo l'accordo di Kalmar (1397), la Danimarca si sostituì alla Norvegia nel dominio dell'isola, imponendo poi, sotto il regno di Cristiano III, con forza la fede luterana agli islandesi. L'ultimo vescovo cattolico, Jón Arason, fu giustiziato dai protestanti nel 1550. Primo vescovo protestante fu Gudhbrandur Thorláksson (1542-1627), che fece un'attiva propaganda religiosa e culturale. Il dominio danese divenne più oppressivo con il re Cristiano IV, che impose, nel 1602, il “monopolio commerciale”: solo i mercanti danesi potevano commerciare con l'Islanda. Tale regime restrittivo durò ca. due secoli e provocò decadenza e miseria per l'Islanda.

A partire dal 1787, l'isola ebbe un sensibile miglioramento economico e politico, in seguito al ridimensionamento del "monopolio commerciale" danese. Nel corso dell'Ottocento si andò sviluppando un notevole nazionalismo islandese: già nel 1809 gli islandesi avevano tentato, inutilmente, di rendersi indipendenti. L'avventuriero danese Jørgen Jurgensen ristabilì per breve tempo l'autonomia dell'isola, ma la Pace di Kiel nel 1814 restituì l'Islanda alla Danimarca. Solo nel 1904 fu concessa all'Islanda un'autonomia amministrativa (con un suo Parlamento e governo).

La politica estera continuava però a essere gestita dalla Danimarca. Il processo verso la piena autonomia culminò, nel 1918, con un trattato federativo in base al quale l'Islanda diveniva uno Stato indipendente, pur restando vincolata alla Danimarca da una semplice unione personale al sovrano. Questo legame fu spezzato durante la seconda guerra mondiale, quando la Danimarca fu invasa dai tedeschi e l'Islanda fu occupata dalle truppe alleate. Il 17 giugno 1944, a seguito di un plebiscito, l'Islanda si proclamò finalmente repubblica indipendente e Sveinn Björnsson, che dal 1941 aveva esercitato la reggenza in nome del re di Danimarca, Cristiano X, fu eletto primo presidente della repubblica. Nel 1949 l'Islanda aderì al Patto Atlantico e concesse (1951) agli Stati Uniti la base aerea di Keflavík, nei pressi di Reykjavík, suscitando le più accese proteste di tutta la popolazione, gelosissima della propria indipendenza e già irritata per l'eccessiva presenza nelle acque dell'oceano Atlantico prospicenti l'isola di pescherecci stranieri, la cui attività minacciava una delle principali fonti di ricchezza del Paese.

La necessità di salvaguardare le riserve ittiche portò il governo islandese a estendere il limite delle acque territoriali prima da 3 a 12 miglia, quindi a 50 miglia nel 1972 e infine, nel 1975, a 200 miglia. Questa decisione suscitò la vivace reazione dei Paesi vicini, soprattutto della Gran Bretagna, e diede origine a un'aspra controversia che fu detta “guerra del merluzzo”. Nel 1976 la mediazione norvegese permise di giungere a un accordo favorevole all'Islanda. Per quanto riguarda la politica interna, dopo la seconda guerra mondiale, i governi furono in prevalenza di coalizione. Dapprima si ebbe un accordo tra socialdemocratici e indipendenti (fino al 1971), e poi iniziò un'alternanza al potere tra conservatori e progressisti.

Alle elezioni presidenziali del 1980, per la prima volta nell'isola e in Europa, fu eletta una donna capo dello Stato, la signora Vigdís Finnbogadóttir, riconfermata poi nella carica per ben tre volte (1984, 1988 e 1992). Le elezioni politiche del 1983 segnarono l'affermazione, anche in questo caso per la prima volta, di un partito composto esclusivamente da donne e il declino dei partiti tradizionali, che perdevano terreno soprattutto alla fine degli anni Ottanta (consultazioni del marzo 1987), quando si manifestava una certa instabilità politica (flessione dei partiti tradizionali a eccezione dei socialdemocratici) e frequenti avvicendamenti governativi; ne è infine risultata nel 1991 un'alleanza fra Partito socialdemocratico e Partito dell'Indipendenza, con a capo il premier David Oddsson, che ha lasciato all'opposizione il Partito progressista, per vent'anni perno delle varie coalizioni governative. Obiettivo programmatico di tale gabinetto era la riduzione dell'isolazionismo tradizionale del Paese e il consolidamento dei rapporti con l'Europa.

Nonostante l'Islanda, nel 1970, avesse aderito all'EFTA, decisione che si era rivelata molto utile ai fini dell'incremento del commercio, essa preferì non partecipare alla Comunità Europea e nel 1992 limitò la sua partecipazione allo Spazio Economico Europeo. In tal modo, i rapporti con l'UE sono regolati da accordi che obbligano il Paese ad accettare in parte la legislazione dell'Unione Europea, senza però che quest'ultima possa influire sui processi decisionali del governo islandese.La NATO, a partire dal 1994, riduceva la sua presenza in Islanda, dichiarata già nel 1985 dal Parlamento territorio denuclearizzato. Nell'aprile 1995, la coalizione capeggiata dal Partito dell'Indipendenza veniva riconfermata come maggioranza di governo, mentre un rappresentante del Partito Alleanza Popolare, Ólafur Grímsson, veniva eletto presidente della repubblica nel 1996, e nelle elezioni politiche del 1999 riportava lo stesso successo. Nelle elezioni legislative del 1999 è stato confermato David Oddsson, del Partito dell'Indipendenza, che costituì un governo di coalizione con i centristi del Partito progressista, riuscendo a garantire al Paese una buona ripresa economica. Nelle elezioni legislative del maggio 2003 è stato riconfermato come premier, per la quarta volta, Oddsson. Quest'ultimo ha lasciato tale carica nel 2004 a favore di Halldór Ásgrímsson, del Partito progressista; sempre nello stesso anno veniva riconfermato il presidente Grímsson. Nel giugno 2006 il primo ministro Halldór Ásgrímsson rassegna le dimissioni e viene sostituito da Geir H. Haarde, precedentemente ministro degli esteri. Nel maggio 2007 si svolgevano le elezioni legislative, vinte per un seggio dal centro-destra. Successivamente Geir H. Haarde veniva riconfermato primo ministro.

Durante la crisi dei mercati finanziari dell'ottobre 2008, il premier doveva varare un piano di salvataggio delle maggiori banche del Paese, colpite duramente dalla situazione economica mondiale, ma nel gennaio del 2009 rassegnava le dimissioni, dopo una serie di proteste nella capitale. Il governo veniva subito affidato a Johanna Sigurdardottir a capo di una coalizione di centro-sinistra, che vinceva, poi, le elezioni anticipate dell'aprile 2009. Nel febbraio del 2010 si aprivano i negoziati per l'adesione del Paese alla UE.