Aspetti economici

In netto contrasto con la politica estera di decisa autonomia dall'URSS, la Romania era forse lo Stato dell'Est europeo nel quale si era conservato più integro il sistema economico di tipo sovietico (almeno sino agli inizi degli anni Ottanta).

 

Modello sovietico. Imboccata sin dal lontano 1945 la strada in un'accelerata industrializzazione del Paese e in modo specifico dello sviluppo prioritario dell'industria di base, la Romania aveva fatto proprie, senza mai metterle in discussione, le istituzioni centralizzate di modello sovietico, in quanto erano ritenute le più idonee a consentire il rapido successo di una radicale riconversione produttiva: non si dimentichi infatti che sino al secondo dopoguerra il Paese, tipicamente balcanico, era rimasto molto arretrato e con un'economia in assoluta prevalenza agricola, dominata da un latifondo ampiamente parassitario. L'industria, pur non del tutto assente, era in pratica rappresentata dall'attività estrattiva grazie alle buone risorse minerarie, petrolifere soprattutto, di cui il Paese è dotato; ma lo sfruttamento di tali ricchezze era esercitato da società straniere che, con un regime pressoché coloniale, si limitavano in genere a esportare i minerali grezzi. Con la fondazione della Repubblica popolare veniva varata la riforma fondiaria; negli anni Cinquanta, pur non abolendo completamente la proprietà privata, l'assoluta maggioranza delle aziende agricole era organizzata in cooperative, in aggiunta alle quali erano fondate grandi imprese agricole statali (nel 1984 assommavano rispettivamente a circa 4.350 e a circa 420), queste ultime destinate in prevalenza alle colture industriali e con una dotazione elevata di macchine agricole.

 

Economia pianificata. Ma è soprattutto alla creazione di una base industriale che venivano dedicati i maggiori sforzi governativi (le industrie, così come le miniere, i trasporti, le comunicazioni, il commercio estero, le telecomunicazioni, le banche erano naturalmente nazionalizzati); la politica economica veniva impostata su una serie di piani di sviluppo, dapprima annuali e a partire dal 1951 quinquennali, essi pure di chiara ispirazione sovietica. Favorito dalle risorse naturali, specie da quelle energetiche (sino alla scoperta dei colossali giacimenti del Mare del Nord, ripartiti fra Gran Bretagna e Norvegia, la Romania rimase a lungo l'unico rilevante produttore europeo di petrolio, URSS ovviamente esclusa), il Paese poté dotarsi di un considerevole apparato industriale con netta prevalenza, come si è detto, dell'industria pesante, ritenuta punto di partenza per ulteriori sviluppi produttivi. Furono inizialmente potenziati quei settori che potevano avvalersi delle risorse nazionali (chimico e petrolchimico, energetico, delle costruzioni, alimentare ecc.), nonché quelli, come il metallurgico e il metalmeccanico, basati su materie prime d'importazione, ma parimenti fondamentali per il progresso economico del Paese. Invero tale scelta diede ottimi risultati: il "miracolo" economico romeno consentì negli anni Sessanta un incremento annuo del reddito nazionale di oltre il 9%, con un tasso di aumento per l'industria di oltre il 14%, tra i più alti del mondo.

 

Crisi degli anni Ottanta. Autosufficiente sotto il profilo energetico (e tale fu sicuramente sino al 1976), la Romania rimase praticamente indenne nella tempesta economica mondiale del 1973-74, che pure determinò crisi gravissime per le strutture economiche di tanti altri Stati altamente industrializzati; furono pressoché interamente conseguiti gli obiettivi del piano di sviluppo 1976-1980, che programmava un tasso d'incremento della produzione industriale di circa il 10% all'anno. Fu tuttavia un risultato conseguito a caro prezzo: il prezzo di ormai massicce importazioni di combustibili e di crescenti indebitamenti con l'estero. Gli anni Ottanta sono stati anni di crisi anche per la Romania. Le risorse energetiche interne non sono infatti più sufficienti per sostenere il ritmo dello sviluppo industriale del Paese, i suoi prodotti peraltro risultano di sempre più difficile collocazione sui mercati esteri; l'indebitamento del Paese, in particolare con gli Stati occidentali, risulta elevato. Da parte sua l'agricoltura, da tempo trascurata, non era più in grado di assicurare un'a deguata autosufficienza alimentare, anche per la crescente richiesta di un Paese i cui consumi sono, nell'arco di un ventennio, enormemente aumentati. Il nuovo governo decide la liberalizzazione dei prezzi nel 1990 e nel 1991 una legge introduce la privatizzazione della terra, ma la situazione economica non accenna a migliorare.

 

Strutture agricole. Il settore agricolo, che interessa ancora una percentuale elevata della popolazione attiva, conserva la sua tradizionale importanza. Nel suo complesso l'agricoltura romena può contare su terreni fertili e ampi spazi (oltre il 41% della superficie territoriale, mentre le aree incolte e improduttive raggiungono quasi il 10% del totale), nonché su una consistente dotazione di macchinario agricolo, annoverando oltre 165.000 trattori, forniti dalle circa 570 "stazioni per la meccanizzazione dell'agricoltura". Molto estese sono in ogni parte del territorio le aree adatte ai cereali, coltivati soprattutto nelle grandi zone pianeggianti (Valacchia, Banato), ma anche nell'altopiano della Transilvania e sulle colline subcarpatiche. Oltre alle colture cerealicole, che sono alla base del fabbisogno alimentare della popolazione, vaste aree sono destinate alle foraggere, necessarie a un allevamento in continua espansione.

 

Prodotti agricoli. Tra i cereali primeggia il mais; seguono il frumento, che ha le sue terre migliori nella Valacchia e nel Banato, l'orzo e, a notevole distanza, il riso, la segale e l'avena. Accanto ai cereali sono importanti colture alimentari: patate, proprie delle regioni meno calde e più umide, legumi e vari prodotti ortofrutticoli, come i pomodori, i cavoli, le cipolle, le mele, le pere, le pesche e soprattutto le prugne, prodotto diffuso sulle colline subcarpatiche; dalle prugne per distillazione si ricava il liquore nazionale, la zuica. Le coltivazioni si sono particolarmente sviluppate attorno a Bucarest, in quanto forniscono il mercato della capitale, e nelle aree che circondano le altre principali città, come Timisoara e Arad. La Romania è inoltre un Paese che vanta antiche tradizioni nel campo della viticoltura: alcune qualità di vini godono ormai di una larga fama e sono oggetto di esportazione. La vite, ha ampia diffusione, ma i vigneti più ricchi sono situati nella fascia collinare esterna dei Carpazi. Importanza sempre maggiore vanno assumendo le colture industriali. Lo sviluppo più rilevante è stato quello registrato dalla barbabietola da zucchero, molto diffusa in Moldavia e Transilvania. Meno importante la produzione del tabacco, che è essenzialmente coltivato nella Valacchia, e ancor meno quelle del lino, presente nelle vallate dei Carpazi Orientali, e della canapa, che ha le sue aree migliori nella pianura del Banato. Oleaginose di vasta diffusione sono infine il girasole, la soia e il ricino. Un tempo buona parte del territorio era ricoperta da un fitto manto forestale che lo sviluppo delle colture e dei pascoli ha notevolmente ridotto; tuttavia boschi e foreste occupano ancora circa il 28% della superficie nazionale. Il legname è costituito soprattutto da faggi: tradizionale è l'impiego del legno nell'edilizia e nell'artigianato artistico, mentre più recente è il suo utilizzo nell'industria cartaria e della cellulosa.

 

Allevamento. Notevole è l'allevamento del bestiame, attività che viene sempre più svolta in grandi aziende modernamente attrezzate; tuttavia sui versanti carpatici e sull'altopiano della Transilvania si perpetua ancora la transumanza. Conserva il suo importante ruolo l'allevamento ovino; di recente sono state introdotte nel Paese razze pregiate per la lana (di cui la Romania è tra i principali produttori d'Europa), come le pecore merinos. La maggior parte del latte e un'alta percentuale della carne consumati nel Paese sono assicurate dai bovini; bovini e suini sono presenti soprattutto in Transilvania e nelle colline subcarpatiche. Apicoltura e bachicoltura continuano anch'esse a venire praticate diffusamente; discreto è anche il numero di volatili da cortile.

 

Pesca. Attiva è la pesca; il maggior quantitativo di pescato proviene dal Danubio e dalle numerose lagune che orlano le coste della Dobrugia. A Tulcea, Galati e Costanza sono installati complessi conservieri.

 

Risorse minerarie. Numerose sono le ricchezze del sottosuolo romeno, ma la più importante è indubbiamente il petrolio. Oggi però il petrolio, estratto soprattutto nella zona di Ploiesti e Pitesti, lungo cioè i Carpazi Meridionali, poi nell'Oltenia (Ticleni ecc.) e nella Moldavia (Moinesti), è del tutto insufficiente ai crescenti bisogni dell'industria romena e le importazioni petrolifere sono ormai pressoché pari al quantitativo di greggio di produzione nazionale. Col petrolio si estrae anche gas naturale, di cui ricchi giacimenti si trovano in Transilvania e che ha largo impiego nella produzione d'energia elettrica a uso sia domestico sia industriale. Abbastanza cospicui sono al tresì i giacimenti di lignite, situati nelle Alpi Transilvaniche meridionali e presso il confine con l'Ungheria; più scarsi sono invece i minerali metalliferi, che includono minerali di ferro, provenienti soprattutto dal massiccio di Poiana Ruscai, dove la vicinanza con grandi bacini carboniferi ha determinato il sorgere degli importanti complessi siderurgici di Hunedoara, e inoltre bauxite, argento, manganese, oro, piombo e rame; ingenti sono infine i depositi di salgemma. Ha ormai raggiunto un buon livello il settore dell'energia elettrica; tra le maggiori centrali si annovera quella idrica delle Porte di Ferro, sul Danubio, realizzata insieme alla Iugoslavia.

 

Industria. Chiave di volta dell'economia romena è l'industria; in particolare il siderurgico, il metalmeccanico e il chimico sono i settori che hanno registrato i maggiori progressi. La siderurgia, basata inizialmente sulle risorse nazionali, si avvale sempre più del minerale di ferro d'importazione e annovera stabilimenti a Galati, Hunedoara, Resita ecc.; a Hunedoara si produce anche coke metallurgico; prodotti dell'industria metallurgi ca sono piombo, zinco, rame e ancor più alluminio. L'industria meccanica è in grado di ricoprire la maggior parte del fabbisogno interno di macchine e attrezzature; caratterizzata da una sempre più marcata tendenza alla concentrazione d ell'attività in grandi complessi, fornisce una vasta gamma di prodotti: trattori e altre macchine agricole (Brasov, Craiova), locomotive e carri ferroviari (Craiova, Bucarest), attrezzature petrolifere (Ploiesti, Târgoviste), apparecchiature elettriche (Bucarest, Timisoara), autoveicoli e veicoli industriali (Brasov, Pitesti), motori Diesel (Resita), naviglio (Galati, Costanza). Di un certo rilievo è l'industria chimica e petrolchimica, che lavora anche per l'estero con grossi impianti ubicati a Pitesti, Onesti, Ploiesti ecc.; si producono elevati quantitativi di fertilizzanti fosfatici e azotati, acido solforico e cloridrico, soda caustica, materie plastiche, fibre sintetiche, prodotti farmaceutici, coloranti ecc. L'industria tessile è ubicata nelle maggiori città come Bucarest, Arad, Timisoara, Brasov; i principali prodotti sono i filati e i tessuti di cotone e di lana. Sempre importante è l'industria alimentare; vi occupa il primo posto il settore molitorio, localizzato nei principali centri del commercio cerealicolo come Braila, Galati, Arad; numerosi sono anche gli zuccherifici, i birrifici, gli oleifici, i conservifici, gli stabilimenti lattiero-caseari ecc. La lavorazione del legno vanta antiche tradizioni. Fabbriche di mobili sono presenti ovunque, mentre la carta e la cellulosa vengono prodotte soprattutto a Bacau e Suceava. Assai efficiente è anche il cementificio (Târgu Jiu, Turda, Medgidia ecc.), così come il tabacchificio; sono da ricordare ancora varie ed eccellenti lavorazioni nazionali, come quelle del cuoio e delle pelli, oltre che quella delle porcellane (Cluj-Napoca).

 

Comunicazioni. Necessitano di potenziamento le vie di comunicazione; importanza fondamentale rivestono le ferrovie (11.400 km) il cui sviluppo è piuttosto ineguale. In pratica esistono due reti, una interna e l'altra esterna ai Carpazi, collegate fra loro da varie linee transcarpatiche; nonostante la posizione piuttosto eccentrica, la capitale è il perno delle vie di comunicazione, sia ferroviarie sia stradali, anche queste non ancora pienamente adeguate alle esigenze del Paese, che dispone solo di 72.800 km di strade. Ampiamente sfruttato è il Danubio (le arterie navigabili si sviluppano complessivamente per 1.613 km). Principali porti danubiani sono Braila e Galati, ma assai maggior importanza presenta il porto di Costanza sul Mar Nero. In continua espansione sono le comunicazioni aeree gestite dalla TAROM (Transporturile Aeriene Române ), che è la compagnia di bandiera e che assicura i collegamenti con numerosi Stati d'Europa, Asia, Africa, con gli Stati Uniti, nonché con i principali centri romeni; il Paese dispone dei quattro aeroporti internazionali di Bucarest/Otopeni, il più importante, di Costanza, Timisoara e Arad.

Commercio. Dal 1981 la bilancia commerciale è stata tendenzialmente in attivo per alcuni anni, per poi diventare passiva a partire dal 1990. Le principali esportazioni sono costituite da macchinari (in particolare, macchine agricole e apparecchiature elettriche), da altri prodotti industriali (chimici e petrolchimici, tessuti, mobili ecc.), da minerali e da vari prodotti agricoli, soprattutto ortofrutticoli; le importazioni sono rappresentate in sempre crescente misura dalle materie prime, essenzialmente combustibili e minerali di ferro, da mezzi di trasporto, da apparecchiature di vario genere necessarie all'ulteriore industrializzazione del Paese. L'interscambio si svolge soprattutto con la Germania, l'Italia, la Francia, la Russia. Un ruolo assai importante nell'economia romena svolge infine il turismo, diretto prevalentemente alle molte stazioni balneari sul Mar Nero