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Aspetti economici
La crisi economica che questo Paese sta attraversando è, dopo la drammatica depressione degli anni Trenta, che più o meno direttamente investì tutto il mondo, la più grave manifestatasi in tempo di pace in uno Stato industrializzato. Basti pensare all'indebitamento con l'estero della Polonia, cui si aggiungono i debiti, del pari ingentissimi, verso l'ex Unione Sovietica. Certo non si tratta di un "malessere" passeggero, ma di una crisi profonda, per taluni aspetti assai antica; già manifestatasi nel 1970 con il diffuso malcontento, gli scioperi e la conseguente caduta del governo, è esplosa in forma molto più grave un decennio più tardi. Tutto ciò aveva portato a una svalutazione effettiva della moneta di oltre il 65%. Le strutture economiche dello Stato, ricostituitosi nel 1919, sono tuttora fragili; d'altronde anche il reddito lo pone a un livello balcanico, ben al di sotto degli altri Paesi centro-europei
Conseguenze del conflitto mondiale. La seconda guerra mondiale trovò una Polonia attestata in una posizione piuttosto arretrata, con un'economia eminentemente agricola; comunque la guerra sconvolse completamente il pur modesto assetto produttivo (il processo di ristrutturazione si protrasse fino al 1955, dati gli ingentissimi danni e l'elevato numero di vittime causati dagli eventi bellici), modificando del pari profondamente la stessa compagine del territorio. In particolare la Polonia perdeva quasi tutti i giacimenti petroliferi nord-carpatici, le fertili terre della Volinia e della Podolia, le ricche foreste dei territori orientali, mentre in compenso acquistava un ampio sbocco sul Baltico con i porti di Stettino e Danzica, buone terre della Pomerania e le risorse carbonifere della Slesia. Fu anzi proprio l'annessione della regione slesiana, dove i Tedeschi avevano già creato potenti infrastrutture industriali, a favorire la nascita della grande industria polacca; il nuovo regime socialista diede avvio a un'intensa industrializzazione con assoluta prevalenza dell'industria pesante, il cui ulteriore potenziamento trovò condizioni favorevoli nella ricchezza mineraria del Paese.
Riforme e centralismo. Nell'ambito dell'agricoltura venne continuata la riforma fondiaria (già iniziata nell'anteguerra e che aveva visto lo smembrame nto dei latifondi a favore dei coltivatori diretti), ridistribuendo ai contadini tra il 1945 e il 1949 circa 6 milioni di ha di terre arabili, in parte ricavate da ex proprietà tedesche; tuttavia sostanzialmente le strutture agrarie rimasero arretrate e poco produttive. Nel contempo però, pur registrando il Paese innegabili modernizzazioni rispetto al passato, la rigida pianificazione con cui erano attuate le riforme economiche manifestava progressivamente la sua inadeguatezza e le sue insufficienze. Lo scarso miglioramento del livello di vita della popolazione portò a una situazione di crisi profonda, culminata nel 1970 in una serie di gravi proteste e di scioperi che ebbero come conseguenza la caduta del governo in carica
Apertura del mercato. Fu allora instaurata una politica economica di netta rottura con il passato, volta a superare l'inerzia accusata in tanti anni di prudente attendismo; le nuove direttive furono eminentemente volte a rivitalizzare l'economia, incrementando gli investimenti nei vari settori produttivi, rimodernando gli impianti, diversificando le industrie, meccanizzando l'agricoltura, sollecitando la competitività delle aziende, alle quali veniva altresì attribuita una larga autonomia decisionale, e intensificando la produzione dei generi di consumo, sino ad allora fortemente compressi. La strada scelta per meglio conseguire i non facili obiettivi fu l'inserimento dell'economia polacca nell'economia mondiale: era questo un elemento di fondamentale novità per un Paese che aveva tradizionalmente perseguito una linea programmatica di indirizzo in sostanza autarchico. Tale inserimento, che avrebbe dovuto fare della Polonia una autentica potenza industriale e grazie a ciò elevare notevolmente il reddito della popolazione, puntava non più sulle industrie di base, ma sullo sviluppo di quelle di trasformazione, importando dall'Est materie prime e dai Paesi occidentali tecnologie avanzate, per poi esportare prodotti finiti ad alto valore aggiunto
Corsa allo sviluppo. I primi risultati furono straordinariamente lusinghieri, tanto da far parlare di un vero e proprio "miracolo polacco"; negli anni 1971-75 il reddito nazionale si accrebbe a un tasso medio annuo di quasi il 10%. Parallelamente si verificò un'enorme espansione delle relazioni commerciali con l'estero, il cui volume aumentò, nel quinquennio in esame, di due volte e mezzo, ma con una dinamica molto maggiore per le importazioni, con conseguente dilatazione del disavanzo commerciale con l'estero, in particolare con i Paesi occidentali tecnologicamente più sviluppati, dove per contro i prodotti polacchi, di scarso livello qualitativo, erano e rimangono poco richiesti. Ma questa corsa allo sviluppo innescò ben presto quelle disarmonie e quelle tensioni che avrebbero prodotto le gravissime difficoltà degli anni seguenti, anche per le inevitabili ripercussioni del mutato quadro economico internazionale, entrando a partire dalla seconda metà degli anni Settanta in una fase recessiva di enorme portata, che a tutt'oggi non mostra possibilità di facili superamenti. Apparve ben presto evidente il basso livello di specializzazione della manodopera, incapace di sfruttare adeguatamente i macchinari tecnologicamente avanzati, che a costi elevatissimi il Paese andava acquistando; inoltre, per poter utilizzare al meglio la tecnologia occidentale, si sarebbe dovuto ricorrere a fondamentali riforme, che rendessero più flessibili le strutture rigidamente centralizzate del sistema economico. Mancò del pari un globale coordinamento dei vari settori produttivi giacché la netta priorità assegnata al potenziamento dell'industria andò a tutto scapito dell'agricoltura, che divenne sempre meno rimunerativa, tanto che nel decennio 1970-80 un milione di addetti abbandonò il lavoro dei campi, andando a ingrossare le file di chi intendeva inserirsi nell'industria o nelle attività terziarie, settori entrambi non ancora sviluppati in modo adeguato. Segni di ripresa economica si avvertirono dal 1983 col decrescere dell'inflazione, un modesto aumento del prodotto nazionale lordo (4,4%), una ripresa delle esportazioni e una diminuzione delle importazioni. Oggi la Polonia prosegue, tra molte difficoltà e scompensi, l'adeguamento delle strutture e della produzione alle esigenze di una economia che allaccia sempre più stretti rapporti con gli altri Paesi europei e con i vicini mercati dell'ex Unione Sovietica, anch'essi alle prese con la liberalizzazione
Agricoltura. Nonostante le sollecitazioni e le agevolazioni governative miranti all'istituzione di cooperative e di aziende agricole statali, i contadini polacchi sono rimasti per la quasi totalità piccoli proprietari, detenendo circa l'80% delle terre coltivabili, ripartito in microfondi este si in media appena 4 ha; anche per il marcato tradizionalismo della popolazione rurale, scarsissima rispondenza hanno trovato le cooperative, mentre le circa 5.000 aziende istituite dallo Stato sono ben organizzate e si avvantaggiano di ingenti contributi pubblici e di un'adeguata meccanizzazione. La politica governativa in precedenza seguita (sussidi, assistenza sanitaria gratuita ecc.) non sembra sufficiente a far conseguire apprezzabili risultati e in genere i livelli di produttività rimangono piuttosto bassi; tuttavia, data la presenza di un'area agraria molto estesa, pari al 45% della superficie nazionale, la Polonia si colloca per vari prodotti agricoli ai primi posti su scala europea, anche se in genere gli attuali raccolti sono largamente inferiori a quelli possibili
Cereali e patate. Le colture prevalenti sono rappresentate dai cereali e dalla patata, che è una componente fondamentale nell'alimentazione, ma che è altresì usata come foraggio e come materia prima industriale. Il prodotto cerealicolo principale è la segale (la Polonia ne è il primo produttore mondiale, precedendo anche la Russia); anche se oggi in molte regioni questo cereale non riveste più, come in passato, un ruolo primario nell'alimentazione, occupa sempre un posto di grande rilievo prestandosi a diversi impieghi, tra cui in larga misura la fabbricazione della vodka. Rilevante è del pari l'apporto di frumento, diffuso nella Polonia meridionale ma la cui produzione non copre il fabbisogno interno, di orzo e di avena. Importanza enorme riveste, come si è detto, la patata, i cui raccolti presentano però oscillazioni rilevantissime da un anno all'altro, pur rimanendo sempre la Polonia ai primi poste su scala
Colture industriali e foreste. Tra le colture industriali ottimamente rappresentata è la barbabietola da zucchero, diffusa nei voivodati occidentali, che fa della Polonia uno dei maggiori produttori di zucchero d'Europa; seguono il lino, coltivato nelle regioni orientali (Lublino), la colza e il tabacco, mentre hanno minore importanza la canapa e il luppolo. Il Paese inoltre produce in discreti quantitativi cavoli, cipolle, ortaggi in genere e legumi e, tra la frutta, soprattutto le mele. Le foreste, pur occupando quasi il 28% della superficie nazionale, non hanno nell'economia del Paese un peso adeguato alla loro diffusione; oltre l'80% delle essenze (che forniscono legname da opera e per l'industria cartaria, diffusa soprattutto nella Slesia) è costituito da conifere
Allevamento. Il patrimonio zootecnico è assai consistente: la Polonia si colloca ai primi posti in Europa per i suini e gli equini - al cui allevamento ben si adattano le vaste pianure -, mentre largo è l'impiego dei cavalli nelle aree rurali per i lavori nei campi e per il trasporto delle merci. L'allevamento riguarda anche i bovini (per metà vacche da latte); tra i principali prodotti zootecnici si segnalano la carne, il latte e i prodotti lattiero-caseari. Diffusi ovunque sono altresì i volatili da cortile
Pesca. Un settore che ha visto aumentare sempre più la sua importanza è quello della pesca (si catturano, per la maggior parte in acque oceaniche, soprattutto merluzzi e aringhe), in cui operano grandi aziende statali; i più importanti porti pescherecci, sedi anche di efficienti industrie conserviere, sono Gdynia, Swinoujscie e Stettino
Risorse minerarie. La Polonia può contare su grandi risorse minerarie a cominciare da quelle carbonifere, alla cui abbondanza deve in gran parte il suo accesso nel gruppo dei Paesi industrializzati; essa possiede infatti uno dei più ricchi bacini d'Europa, quello della Slesia, da cui si estrae carbone a potere calorico molto alto; questo giacimento, insieme a quelli minori di Walbrzych, Nowa Ruda ecc., consente una produzione annua cospicua. Numerosi sono anche i giacimenti di lignite, anch'essa di ottima qualità. È in gran parte dall'estrazione, e quindi dalla conseguente esportazione del suo carbone, che la Polonia deriva in larga misura la possibilità di realizzare o meno i propri globali programmi produttivi. Molto modesta è invece la produzione di petrolio (pozzi di Krosno e di Sandomierz), cui si aggiungono discrete quantità di gas naturale. Il distretto slesiano contiene anche elevati quantitativi di piombo, di zinco e di rame; notevoli sono pure i giacimenti di salgemma e di zolfo. Fra le molte altre risorse minerarie si annoverano nichel, fosfati naturali, magnesite, argento, sali potassici e ferro, questi ultimi però di scarsa rilevanza. Grazie alla disponibilità di carbone, la Polonia ha potuto realizzare anche nell'ultimo decennio notevolissimi incrementi nella produzione di energia elettrica, energia per la quasi totalità di origine termica
Industria pesante. L'industria rappresenta oggi il vero cardine economico del Paese; negli ultimi anni, per l'impulso della politica governativa volta al riequilibrio economico del territorio, l'industrializzazione ha largamente interessato anche le regioni settentrionali, rimaste più a lungo emarginate. Tra i principali settori si pone quello siderurgico; esso è prevalentemente concentrato nella Slesia o ai margini del bacino carbonifero (come il colossale complesso di Nowa Huta, presso Cracovia); gli impianti, altrettanto importanti, di Czestochowa sono invece situati nel bacino ferrifero omonimo (il ferro utilizzato è però per la maggior parte d'importazione). Ben rappresentata è anche la metallurgia, che impiega sia le risorse minerarie locali (soprattutto zinco, rame e piombo), sia bauxite d'importazione. È del pari una voce molto importante nell'economia nazionale l'industria meccanica, presente in specie nelle grandi città come Cracovia, Varsavia, Poznan, Stettino, Breslavia ecc. e che produce in prevalenza materiale ferroviario, macchine agricole e per miniere, autovetture e veicoli commerciali (anche con accordi con aziende straniere), biciclette ecc.; anche per le navi varate la Polonia occupa un buon posto su scala europea con i cantieri di Stettino, Danzica e Gdynia. Grande sviluppo ha avuto l'industria tessile, sorta già agli inizi del XIX secolo; il settore cotoniero è concentrato a Lódz e interessa una vasta area fino a Varsavia, mentre quello laniero è tradizionalmente ubicato nella Polonia meridionale; si lavorano inoltre iuta, canapa, lino e, in crescenti quantitativi, fibre tessili artificiali e sintetiche
Altre industrie. Industria recente ma che va acquistando importanza è quella chimica (ubicata soprattutto nella Slesia e lungo la valle della Vistola), che produce materie plastiche, resine, coloranti, farmaci (l'industria farmaceutica è accentrata a Varsavia), perfosfati, soda caustica, fertilizzanti azotati, acido solforico e acido nitrico, ponendosi addirittura per quest'ultimo prodotto al primo posto nel mondo. Numerose raffinerie di petrolio (a Gorlice, Jedlicze ecc.) lavorano sia il greggio nazionale sia quello importato essenzialmente dalla Russia. Un'altra grande industria di base è quella del cemento e dei materiali da costruzione, dotata di numerosi impianti; del pari diffusa è l'industria alimentare, che annovera soprattutto zuccherifici, birrifici e distillerie di alcol, che utilizzano quasi esclusivamente patate. Completano il vasto panorama dell'industria polacca le manifatture di tabacco, le fabbriche del vetro e della porcellana, entrambe di antica fama, i vari complessi legati allo sfruttamento forestale (cartiere, mobilifici ecc.) e infine le industrie della gomma, del cuoio e delle calzature
Comunicazioni. La rete delle comunicazioni, di recente molto potenziata, è nel complesso abbastanza efficiente, ma presenta ancora forti squilibri tra le varie parti del Paese, risultando nettamente privilegiate le regioni centro-meridionali, che sono al tempo stesso aree altamente industrializzate nonché zone di transito e collegamento con le vicine repubbliche ex socialiste. Conserva la sua importanza la rete ferroviaria, che si sviluppa per oltre 24.000 km; massimo nodo delle comunicazioni è Varsavia, cui fanno capo pressoché tutte le grandi linee ferroviarie; seguono per importanza Breslavia e Poznan e, nella Polonia settentrionale, i grandi porti. Particolare attenzione è stata però dedicata al potenziamento della rete stradale, che ormai supera i 370.000 km, anche per l'accresciuta motorizzazione; il Paese può altresì contare su quasi 4.000 km di vie navigabili interne: principale porto fluviale è quello di Kozle, sull'Oder, fiume ampiamente utilizzato, come le ferrovie, per il trasporto delle merci pesanti. Dopo l'ultima guerra, l'acquisizione di un vasto sbocco sul Baltico ha spinto la Polonia a incrementare la sua flotta mercantile, che si avva le attualmente di oltre 515 navi con una stazza lorda di 2,4 milioni di t; i maggiori porti sono quelli di Gdynia, Danzica e Stettino, dove sono stati effettuati grandi lavori di potenziamento delle infrastrutture. Attive sono infine le comunicazioni aeree, gestite dalla compagnia di bandiera Polskie Linie Lotnicze-LOT; principali aeroporti sono quelli di Varsavia (internazionale), Cracovia, Breslavia e Lódz
Commercio. Come si è detto, la Polonia ha attuato una profonda riconversione e un netto potenziamento del proprio commercio estero; nonostante le gravi difficoltà della presente congiuntura economica, continua il progressivo incremento delle esportazioni di beni industriali, il che rappresenta un sicuro successo nella composizio ne qualitativa degli scambi. Accanto infatti alle tradizionali esportazioni di materie prime, soprattutto minerarie, seguite da prodotti agricoli e zootecnici, sono in sensibile aumento quelle dei macchinari, apparecchiature navali, materiale rotabile, prodotti chimici, mentre le importazioni sono ampiamente rappresentate da petrolio e suoi derivati, mezzi di trasporto, strumenti di precisione e comunque ad avanzata tecnologia, prodotti tessili e dell'industria leggera in genere, ma altresì in larga misura cereali. L'interscambio registra un costante passivo; sono sempre fondamentali gli scambi con la Russia, ma anche quelli con vari Paesi occidentali, in particolare con la Germania, la Francia, la Gran Bretagna, i Paesi Bassi e l'Italia. Un discreto ruolo nell'economia nazionale riveste anche il turismo, benché abbia risentito dell'attuale crisi che ha investito il Paese (i visitatori in buona parte provengono dalla Germania)