Storia

 

La regione corrispondente all'attuale Stato moldavo fu raggiunta da popolazioni slave intorno al VI secolo d.C., quindi fu attraversata da altre popolazioni provenienti da est, fino all'invasione mongola del XIII secolo. Fra il XIV e il XV secolo il territorio, che aveva assunto la denominazione di Bessarabia, venne incluso nel principato di Moldavia e nel secolo successivo cadde sotto la dominazione ottomana, che durò fino al XIX secolo. Invasa più volte dai Russi fra il 1711 e il 1812, in quest'ultimo anno la Bessarabia passò sotto il controllo di Mosca, che le garantì una certa autonomia fino alla fine del secolo, quando fu sottoposta a una politica di russificazione.
La rivoluzione russa del 1905 alimentò, anche in Bessarabia, lo sviluppo di un movimento nazionale e dopo la Rivoluzione d'ottobre un Consiglio nazionale, dominato dai nazionalisti, proclamò l'indipendenza dalla Russia e l'unificazione della regione con la Romania. Tale passo non fu riconosciuto dall'Unione Sovietica, che continuò a reclamare la propria sovranità sulla regione.
Nel 1940 l'Unione Sovietica impose alla Romania la cessione della Bessarabia e della parte settentrionale della Bucovina; su questi territori, con l'aggiunta di una fascia di territorio ucraino sul lato orientale del Dnestr, nell'agosto 1940 fu istituita la Repubblica Socialista Sovietica di Moldavia. Una fascia di territorio nella parte meridionale della Bessarabia, fra il Danubio e il Dnestr, fu invece inclusa nell'Ucraina. La Moldavia fu occupata dalla Romania durante la seconda guerra mondiale, per tornare all'Unione Sovietica nel 1944. Nel periodo successivo il Paese fu sottoposto di nuovo a un intenso processo di russificazione; solo nella seconda metà degli anni Ottanta la Moldavia fu interessata da profondi mutamenti politici, determinati dall'emergere di forze di opposizione al regime sovietico e di un riorganizzato nazionalismo moldavo.
Fin dal 1990, sotto la presidenza di Mircea Snegur, un esponente comunista vicino alle posizioni del nazionalista Fronte popolare, la Moldavia seguì una politica di fatto secessionista e nell'agosto del 1991 proclamò la propria indipendenza dall'URSS. In seguito il Paese si trovò di fronte a una situazione economica e sociale difficile, aggravata dalla dissoluzione dell'URSS e dalla disgregazione dei precedenti rapporti commerciali. Inoltre si pose con urgenza la necessità di definire la propria collocazione in campo internazionale: in una prima fase si registrò un avvicinamento alla Romania, alla quale era legata da stretti legami linguistici e storici, e tale passo fu interpretato da alcuni settori del mondo politico del Paese come un processo verso l'unificazione dei due Paesi. Tuttavia a partire dal 1994 si verificò un indebolimento di questa tendenza e il ripristino di strette relazioni con la Russia. Oltre alle motivazioni di carattere economico e commerciale (la Moldavia era infatti fortemente dipendente soprattutto in campo energetico dalla Russia, che fra l'altro rappresentava il principale mercato per la produzione del Paese), a frenare la tendenza verso l'unificazione con la Romania furono anche le gravi ripercussioni interne che questa aveva provocato: essa era stata infatti drasticamente contestata dalle minoranze slava e gagauza presenti nel Paese, che fin dal 1990 avevano avviato, a loro volta, un processo separatista, proclamando repubbliche indipendenti. Fra il 1991 e il 1992 si era quindi registrata una fase di aperto conflitto, che aveva visto contrapposte soprattutto le forze governative moldave e quelle della Repubblica di Transnistria (la zona fra il fiume Dnestr e l'Ucraina, dove era insediata la minoranza slava). L'affermazione delle forze filorusse e non nazionaliste nelle elezioni politiche del 1994 aveva favorito un calo della tensione e consentito l'avvio di un processo negoziale fra le due Repubbliche separatiste e il governo moldavo. Nel 1995 la Gagauzia assunse uno status di ampia autonomia, mentre i colloqui fra i rappresentanti slavi della Transnistria e il governo centrale si arenarono di fronte al problema del ritiro delle truppe ex sovietiche presenti nella regione, che, passate sotto il controllo russo dopo il 1991, avevano sostenuto la popolazione slava nel conflitto contro il governo moldavo. Dei progressi verso una normalizzazione delle relazioni furono compiuti nel 1997-1998, anche se lo status definitivo della regione rimase ancora a lungo oggetto di discussione.
La sconfitta di Snegur nelle elezioni presidenziali del 1996 confermò l'esaurimento della spinta filoromena e l'indebolimento delle forze nazionaliste che avevano condotto il Paese all'indipendenza e avevano prevalso nei primi anni Novanta. Alla presidenza della Repubblica fu eletto Petru Lucinskij, un ex dirigente del Partito comunista, sostenuto dalle forze di sinistra favorevoli a un rafforzamento dei rapporti con la Russia e con gli altri Paesi ex sovietici. Tale tendenza fu confermata dall'affermazione dei comunisti nelle elezioni politiche del 1998; messo al bando nel 1991 e nuovamente legalizzato nel 1994, il Partito comunista si era reso interprete del gravissimo disagio sociale diffusosi nel corso degli anni Novanta in seguito al grave peggioramento della situazione economica del Paese e delle condizioni di vita della popolazione. Dopo una breve fase di governo di centro-destra, nel 1999 fu quindi costituito un gabinetto di indipendenti sostenuto in Parlamento dal Partito comunista e dal Fronte popolare cristiano-democratico. Nel luglio 2000 venne apportata una modifica alla Costituzione con cui si decretava che il presidente della Repubblica doveva essere eletto dal Parlamento e non più a suffragio diretto. Le difficoltà incontrate, successivamente, dal Parlamento nel dicembre dello stesso anno, per raggiungere il quorum necessario per la nomina del nuovo capo dello Stato, inducevano il presidente uscente Lucinskij a fissare per il febbraio 2001 le elezioni legislative anticipate, in cui il Partito comunista conquistava la maggioranza dei seggi in Parlamento, registrando un'incontrastata adesione del Paese a una linea filorussa e il successo dei gruppi che chiedevano un riavvicinamento a Mosca. Garantito quindi da una maggioranza assoluta, il nuovo Parlamento, nell'aprile dello stesso anno, finalmente riusciva a eleggere il presidente della Repubblica, il comunista Vladimir Voronin, e subito dopo nominava come primo ministro un altro deputato del Partito comunista, Vasile Tarlev. Nel 1999 è stato firmato un accordo di cooperazione con l'Unione Europea, nel 2001 la Moldova è entrata nel WTO. Nel 2003 la Russia ha ritirato le sue truppe dalla Transnistria. Nelle elezioni legislative del marzo 2005 si affermavano nuovamente, pur in presenza di un vistoso calo, i comunisti di Voronin con il 40%, mentre i centristi si attestavano al 29% e i democristiani al 14%. In aprile il Parlamento eleggeva nuovamente Voronin alla presidenza