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Economia
Lo smembramento della Federazione iugoslava e i processi di riassestamento che ne sono derivati hanno provocato nel 1991 nell'economia slovena un crollo in termini di produzione industriale, di investimenti e di aumento del costo della vita, con forte aumento della disoccupazione. Tuttavia il radicale cambiamento del regime economico con l'ancoraggio ai Paesi dell'Europa centro-occidentale ha con sentito, fin dal 1993, una certa stabilizzazione delle condizioni generali evidenziata da un aumento del prodotto interno lordo e dell'indice della produzione industriale, grazie anche al cospicuo apporto di capitali stranieri, specialmente da parte della Germania, dell'Austria e dell'Italia. Tra le altre iniziative che dovrebbero vivacizzare l'economia del giovane Stato assumono un ruolo importante il piano per la privatizzazione delle imprese e la riforma del sistema bancario. A tale riguardo la Slovenia ha già chiesto di entrare a far parte dell'Unione Europea. Le risorse agricole sono rappresentate dalla coltura di cereali (soprattutto mais e frumento), patate, frutta, ortaggi, barbabietole da zucchero, vite. L'allevamento riguarda bovini, suini e volatili. Le foreste, che coprono il 54% del territorio, sono sfruttate per il legname. Il sottosuolo contiene ferro, piombo e zinco (Mezica, Crna), rame, lignite (Velenje), carbone (Zasavje), mercurio (Idria), petrolio. Una centrale nucleare è in funzione a Krsko. L'industria opera nei settori siderurgico (Jesenice, Store, Ravne), metallurgico (piombo a Mezica, zinco a Celje), meccanico, elettrotecnico, tessile, chimico (acido solforico, acido cloridrico, tannino), del legno, della carta, del cemento e alimentare: gli stabilimenti sono ubicati nella capitale e nelle città principali. A Capodistria vi è l'unico porto importante. Fonte di reddito non trascurabile è anche il turismo, che ha i suoi principali punti d'attrazione nel litorale istriano, nelle stazioni termali e di sport invernali (Kranjska Gora) e nel Parco Naturale di Triglav (84.800 ha).