Economia

L'attuale situazione economica del Paese presenta gli elementi di una crisi assai grave e non facilmente componibile. Sembra al momento essersi esaurito quel processo di straordinaria espansione che, avviatosi attorno alla prima metà degli anni Sessanta, grazie soprattutto agli elevatissimi proventi dovuti al petrolio (di cui l'Iran fu a lungo il secondo produttore del Medio Oriente dopo l'Arabia Saudita), pareva destinato a fare dell'Iran una vera e propria potenza, almeno a livello locale, e a determinare radicali cambiamenti nell'assetto sociale del Paese.

"Rivoluzione bianca". Si può dire che la grande svolta dell'economia iraniana sia iniziata nel 1951 con la politica nazionalista tentata da Mossadeq, in particolare con la nazionalizzazione del petrolio e la creazione della NIOC (National Iranian Oil Company ). Di questo rinnovamento si fece interprete, anche se in chiave nettamente capita listica e mirante a privilegiare l'emergente borghesia locale, lo Scià Reza Pahlavi: verso il 1960 egli avviò quella che è stata definita la "rivoluzione bianca" o "rivoluzione silenziosa", cioè un processo riformistico avente lo scopo di sollevare la depressa situazione economica del Paese mediante la sua accelerata industrializzazione. Di contro rimase (e rimane largamente tuttora) insoluto il problema della riforma dell'agricoltura. Infatti la confisca dei latifondi e la distribuzione delle terre ai contadini iniziata nel 1963 non significarono minimamente una maggior partecipazione di costoro ai cospicui flussi finanziari che, grazie al petrolio, giungevano ormai nel Paese prendendo, tuttavia, altre direzioni. Non mancarono in effetti varie iniziative a favore dello sviluppo delle cooperative e in particolare l'istituzione, nel 1963, del CORC (Central Organization for Rurale Co-operatives of Iran), ma a trarne beneficio furono unicamente i pochi agricoltori che già avevano le terre migliori e che comunque erano in grado di dare un'impostazione produttiva alla loro attività. In pratica la già potente classe degli ex latifondisti, debitamente indennizzati, si trasformò nella crescente forza imprenditoriale, che, nel quadro dell'accelerata industria lizzazione e grazie al deciso appoggio governativo, divenne la struttura portante del nuovo Iran.

Espansione capitalistica. Frattanto migliaia di famiglie di contadini furono costrette ad abbandonare le campagne che non assicuravano il loro sostentamento ed emigrarono nelle città, dove l'industria stava registrando enormi sviluppi (gli aumenti del settore sono stati in media, sino alla caduta dello Scià, dell'ordine del 15% annuo) a opera non solo degli imprenditori privati ma anche dello Stato e di varie imprese straniere. Queste trovavano ideali condizioni operative: vicinanza di fonti energetiche, basso costo del lavoro, un mercato in via di rapida espansione e ottime condizioni fiscali. La presenza straniera, soprattutto statunitense e dell'area della CEE, è stata particolarmente intensa nei settori siderurgico, metalmeccanico e petrolchimico, con una produzione destinata, oltre che al consumo interno, anche ai limitrofi mercati mediorientali e centrasiatici. Nel frattempo il reddito pro capite si accresceva enormemente, soprattutto in concomitanza ai colossali aumenti del prezzo internazionale del petrolio.

Squilibri sociali. Ma, a lato di una indubbiamente potente dinamicità produttiva e di una, almeno formale, presa di possesso da parte del Paese delle proprie ricchezze di idrocarburi (nel 1973 era completata la nazionalizzazione delle risorse petrolifere mediante un accordo tra la NIOC e il cosiddetto "consorzio", raggruppante le numerose società straniere operanti nel settore, accordo in base al quale tutte le attività di esplorazione, estrazione e raffinazione passavano sotto controllo iraniano), andavano accentuandosi in campo socio-economico gravi distorsioni in ragione sia del diverso ritmo di sviluppo dei singoli settori produttivi sia degli squilibri regionali e delle pesantissime sperequazioni sociali. Si è stimato che sul finire degli anni Settanta solo un 10% degli Iraniani accentrava nelle proprie mani le rilevanti ricchezze del Paese, mentre il 90% viveva in condizioni più o meno disperate. In modo particolare l'agricoltura si colloca nel quadro globale del Paese come un'immensa sacca di arretratezza e di emarginazione, mentre l'autosufficienza alimentare è ben lungi dall'essere raggiunta. A ciò si aggiunse la politica dello Scià, le cui mire espansionistiche si traducevano nell'acquisto sempre più massiccio di armamenti altamente qualificati.

Periodo khomeinista. L'avvento di Khomeini e del suo programma di rinnovamento morale, basato sul ritorno alla legge islamica, non ha mutato il quadro economico e i risultati sono stati il più delle volte disastrosi. All'incertezza degli orientamenti programmatici concreti di Khomeini si aggiunsero ulteriori determinanti fattori, quali la fuga dei managers e del personale qualificato dal Paese (il vago populismo di Khomeini non è stato finora in grado di creare validi sostituti), la rottura dei rapporti commerciali con gli Stati Uniti (cui si cerca ora di porre riparo stringendo adeguati accordi commerciali con l'ex Unione Sovietica), e il congelamento operato sui capitali iraniani presenti negli USA. A rendere più difficile la situazione dopo la caduta dello Scià ha concorso la guerra con l'Iraq (blocco dei porti, incendi di raffinerie, elevatissime perdite umane e materiali, spreco di risorse economiche). Questo insieme di elementi interni e internazionali è stato alla base della rovinosa caduta della produzione petrolifera e del non meno elevato calo dell'attività industriale, nazionalizzata nei suoi settori portanti, quali il minerario, il siderurgico, l'automobilistico, così come lo sono state le banche e le compagnie di assicurazione. Alla fortissima riduzione della produzione industriale si è naturalmente accompagnato un non meno grave aumento della disoccupazione che già precedentemente rappresentava uno dei maggiori problemi del Paese. Per contro il regime islamico, anche per conservarsi i consensi popolari, cerca di soddisfare i bisogni dei diseredati procur ando abitazioni, sussidi, lavoro. Nel 1997 la conclusione di un importante contratto con alcune compagnie straniere per lo sfruttamento di grandi giacimenti di gas naturale, ha riaperto le porte alla modernizzazione produttiva.

Agricoltura: potenzialità. Dal punto di vista agricolo l'Iran ha notevoli possibilità, anche se non è certo favorito dalle condizioni climatiche; il Paese dispone infatti di buone risorse idriche che, razionalmente utilizzate, consentirebbero un'agricoltura irrigua assai produttiva. Al momento tuttavia i terreni coltivati continuano a rappresentare una porzione molto modesta (11%) della superficie territoriale, mentre incolto e improduttivo ne costituiscono il 55%. Data la natura del territorio, per la maggior parte dei suoli l'irrigazione è indispensabile; prevale di gran lunga l'antico sistema dei qanat , lunghi canali sotterranei in cui scorre l'acqua prelevata dalla falda freatica con pozzi artesiani anche molto profondi, ma non mancano moderni impianti d'irrigazione che utilizzano pompe meccaniche. Inoltre la costruzione di alcune dighe e delle relative opere di canalizzazione ha consentito la creazione di vasti comprensori irrigui, dove elevata è la produttività dei suoli destinati alle più redditizie colture industriali o d'esportazione. Nell'insieme però la situazione agricola denuncia ancora una pesante arretratezza dovuta alla carenza di meccanizzazione che si accompagna alle dimensioni spesso esigue delle proprietà, alle limitate possibilità finanziarie dei contadini e in genere al perdurare di arcaiche tecniche colturali.

Produzione agricola. Il 40% circa dell'arativo è occupato dal frumento, che può crescere sia su terreni aridi e stepposi sia nelle aree montane; tale coltivazione è diffusa nell'Iran nord-occidentale e occidentale (Azerbaigian, Khuzestan, Lorestan), dove le condizioni dei suoli e le precipitazioni primaverili non richiedono l'irrigazione. Altro cereale importante è il riso, che trova l'ambiente più adatto nelle regioni fertili e pianeggianti del litorale caspico: in particolare il paesaggio del Mazandaran, attorno alla città di Sari, è caratterizzato da terrazze irrigue che si succedono sui fianchi dei monti. Abbastanza diffuso è anche l'orzo, mentre gli altri cereali (mais, miglio, sorgo) danno produzioni molto limitate. Tra le colture destinate all'alimentazione locale hanno anche importanza le patate, diversi ortaggi (pomodori, cipolle, fagioli) e numerose varietà di frutta: uva, mele, pere, agrumi, albicocche e, nelle zone meridionali, datteri. La frutta, fresca o essiccata, in particolare uva secca, è altresì avviata ampiame nte all'esportazione. Inesistente è invece la produzione di vino, bevanda proibita dalla religione musulmana. Tra le piante industriali domina il cotone, che trova nel Paese condizioni climatiche generalmente favorevoli e dà buone rese laddove sia possibile un'adeguata irrigazione dei terreni: le aree di maggior diffusione sono comunque il Mazandaran e il Khorasan, cioè il nord e il nord-est del Paese. Minore importanza hanno alcune piante oleaginose, come il lino, il sesamo e il ricino, mentre discreta è la produzione della soia, peraltro introdotta nel territorio in epoca piuttosto recente. Colture invece tradizionali sono il tabacco, che ha una vasta area di diffusione ma la cui qualità più pregiata si ricava nell'Azerbaigian, e il tè. Un certo incremento di produzione registra infine la barbabietola da zucchero allo scopo di poter soddisfare le crescenti richieste del mercato interno, per il quale operano ormai numerosi zuccherifici.

Foreste. La superficie forestale copre il 7% del territorio nazionale, ma un tempo era molto più estesa; boschi veri e propri sono limitati all'umido versante caspico dell'Elburz e ai fianchi più irrorati delle catene del Lorestan. Con la riforma agraria le foreste sono divenute proprietà dello Stato, che va attuando una vasta opera di rimboschimento e conservazione di tale patrimonio. La produzione di legname soddisfa in gran parte il fabbisogno interno. Notevole valore economico hanno inoltre alcune gomme vegetali (gomma adragante) e gomme resine raccolte da piante (astragalo, assafetida) che crescono spontanee.

Allevamento. Un'attività sempre fondamentale è l'allevamento, specie ovino e caprino, non solo per le popolazioni nomadi ma anche per quelle sedentarie, per i contadini dei villaggi, che integrano la loro povera economia proprio con le pecore e le capre, animali che si adattano bene ai pascoli magri delle steppe (prati e pascoli permanenti ricoprono il 27% della superficie territoriale). Gli ovini forniscono sia carne e latte sia soprattutto lana, cui si ricollega la fabbricazione dei rinomati tappeti persiani, in minima parte ancora tessuti a mano, in gran parte prodotti industrialmente. Si allevano inoltre, specie nel nord-ovest, ovini di razze particolarmente pregiate e selezionate, le cui pelli sono usate per la confezione di pellicce. Numerosi sono anche i caprini e i volatili da cortile; in forte aumento sono i bovini soprattutto nell'Iran settentrionale, dove sono stati avviati vicino ai maggiori centri urbani allevamenti lattieri moderni e razionali. Sono ancora largamente impiegati in tutto il Paese gli asini e i cavalli, mentre in forte diminuzione sono altri animali già ampiamente diffusi, come dromedari e bufali; non vengono allevati i suini la cui carne è proibita per motivi religiosi. Tradizionale è infine la bachicoltura, che trova le condizioni ambientali più favorevoli nell'area caspica.

Pesca. La pesca ha nel compl esso scarso ruolo; quella marittima nel Golfo Persico ha il suo centro principale a Bandar-Abbas, dotato di industrie conserviere e che si va sviluppando sul piano industriale e commerciale. Ben più importante è la pesca dello storione nelle acque del Caspio: qui il porto peschereccio più attrezzato è Bandar-e-Anzali (già Bandar-e-Palhavi), dove viene sbarcato il pesce e dove, con le uova appunto dello storione, si procede alla preparazione del caviale.

Risorse minerarie. Il petrolio continua a costituire la principale risorsa del Paese; in condizioni di normale andamento economico i proventi petroliferi consentono di stimolare sensibilmente gli altri settori produttivi: in media per buona parte degli anni Settanta il Paese ha estratto annualmente 250 milioni e più di t di greggio. Ancora nel 1978 i pozzi iraniani diedero circa 263 milioni di t di petrolio: dal 1980, a causa del conflitto con l'Iraq, la produzione è scesa a meno di 74 milioni, risalita nel 1986 a 93 milioni di t e a 180 milioni di t nel 1995. È bensì vero che attorno all'inizio degli anni Ottanta si è verificata una fortissima caduta della richiesta di idrocarburi da parte dei Paesi altamente industrializzati, sicché gli Stati petroliferi, specificamente i m embri dell'OPEC, sono stati in genere obbligati a ridurre l'estrazione del greggio. Oltre che dall'importante giacimento presso l'isola di Kharg e dagli altri della piattaforma continentale, la maggior parte del greggio proviene dalla fascia pianeggiante e pedemontana compresa tra la Bassa Mesopotamia e la costa settentrionale del Golfo Persico; altri giacimenti si trovano nello Zagros, vicino a Shiraz, e, nel nord-ovest, presso Kermanshah (Bakhtaran). Una fitta rete di oleodotti collega i luoghi di estrazione con le numerose raffinerie. Al petrolio è spesso associato gas naturale con una produzione fortemente ridotta negli ultimi anni; un gasdotto collega i giacimenti di Agha Jari e di Marun con il centro di Astara (in Azerbaigian), sul Mar Caspio. L'Iran è ricco di molti altri minerali, per alcuni dei quali è tra i maggiori produttori a livello continentale, come per lo zinco, il cromo e il rame; seguono per importanza ferro, carbone, antimonio, manganese, magnesite ecc. Un discreto rilievo ha anche la produzione di energia elettrica, favorita naturalmente dalla grande disponibilità di combustibili.

Industria. Il panorama industriale si presenta ormai abbastanza diversificato; i maggiori sviluppi si sono registrati oltre che nel settore petrolchimico, in quelli siderurgico, metallurgico, elettronico, chimico e meccanico. L'industria automobilistica accanto a stabilimenti di montaggio produce diversi autoveicoli su licenze estere; in espansione sono anche le fabbriche di pneumatici. Tra le industrie tradizionali spiccano quelle tessili, cui è collegata la produzione dei tappeti; si vanno potenziando pure le industrie alimentari. Rilevanti sono altresì le manifatture di tabacchi, le concerie, i calzaturifici e i cementifici. Le industrie sono concentrate soprattutto a Teheran, seguita da Esfahan, Tabriz, Shiraz, Mashhad, Hamadan, Bandar-Abbas, Ahwaz, Kerman.
Comunicazioni. Lo sviluppo delle attività economiche ha richiesto un adeguamento delle vie di comunicazione, che rimangono però largamente insufficienti. La rete ferroviaria (di complessivi 5.000 km) si impernia su: la Transiraniana, che da Bandar-e-Khomeini (già Bandar-e-Shahpur), sul Golfo Persico, attraverso la catena dello Zagros raggiunge Teheran, continuando poi sino al Mar Caspio con un percorso spettacolare attraverso i Monti Elburz; la linea che da Teheran porta al Pakistan passando da Esfahan e Kerman (con una diramazione fino a Bandar-Abbas); le due linee verso ovest passanti per Tabriz e per Hamadan e Kermanshah (Bakhtaran); la linea che giunge fino a Mashhad nel Khorasan. Notevole impulso hanno avuto sia le comunicazioni stradali, che superano ormai i 162.000 km, per la metà asfaltati, sia quelle aeree; compagnia di bandiera è la Iran National Airlines, che raccorda Teheran con gli altri maggiori centri iraniani, nonché con il Vicino e l'Estremo Oriente e con l'Europa. Teheran , Esfahan e Shiraz sono sedi di aeroporti internazionali. L'isola di Kharg è un grande porto petrolifero, mentre il principale sbocco marittimo del Paese, petrolio escluso, è Bandar-e-Khomeini; colossali investimenti riguardano altresì il potenziamento del centro portuale di Bandar-Abbas, in eccezionale posizione strategica sullo Stretto di Hormuz.

Commercio. Le esportazioni sono tuttora costituite per la quasi totalità da petrolio, gas naturale e prodotti petroliferi, i cui maggiori acquirenti sono il Giappone e i Paesi dell'Unione Europea, in specie la Germania. Le altre esportazioni, pari a circa il 10% del totale, sono rappresentate da tappeti, rame, cotone, frutta fresca ed essiccata, pelli e cuoio, diretti soprattutto in Giappone e in Germania. Le importazioni, fornite in elevatissima percentuale dal Giappone e dalla Germania, riguardano invece essenzialmente macchinari e mezzi di trasporto, prodotti industriali, in specie chimici, generi alimentari, ecc. Di poco rilievo il turismo, che prima dell'avvento della Repubblica Islamica aveva costituito una fonte non indifferente di entrata valutaria.