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Storia
L'attuale territorio del Nicaragua era abitato nell'epoca precolombiana da vari gruppi tribali tributari dei vicini Maya. Fu appunto il capo di una di queste tribù, Nicarao, ad accogliere assai amichevolmente i conquistatori spagnoli guidati da Gil González Dávila, sul finire del 1522. E questi, in suo onore, chiamò Nicaragua la nuova terra.
L'occupazione seguì le vicende di tutta l'America Centrale: cioè, amministrativamente anche il Nicaragua venne incorporato nella Capitanía General di Guatemala, che a sua volta fu inserita nel vicereame della Nuova Spagna (Messico). In questo stesso quadro partecipò agli eventi che condussero all'indipendenza. Quando nel 1821 il Messico si distaccò dalla Spagna, i Paesi centro-americani fecero altrettanto e si proclamarono indipendenti: nacque (5 giugno 1823) uno Stato separato, che assunse il nome di Province unite del Centroamerica. Durò fino al 1839, anno in cui ciascuno dei cinque componenti abbandonò il vincolo federativo, erigendosi a Repubblica. Per il Nicaragua i primi anni furono difficili.
Il Paese era lacerato da guerre civili, che vedevano contrapporsi liberali e conservatori: in realtà si trattava di lotte tra due fazioni oligarchiche, che si disputavano il controllo della proprietà fondiaria e delle attività connesse. Questa situazione discendeva dall'eredità coloniale, che aveva plasmato una società dualistica: da una parte i “signori della terra” e i loro clienti politici e amministrativi; dall'altra la maggioranza della popolazione, dedita al lavoro dei campi, analfabeta e povera. Al fianco dei proprietari bisognava aggiungere la Chiesa, detentrice di cospicue ricchezze. I liberali avevano il loro quartier generale nella città di León, i conservatori a Granada. La costa orientale (Mosquitia) era occupata dai Britannici. Verso la metà del secolo cominciò a farsi sentire l'espansione economica e finanziaria degli Stati Uniti. Washington e Londra si accordarono in termini di compromesso: con il Trattato Clayton-Bulwer, del 1850, si impegnarono a non costruire canali interoceanici in quel settore istmico e a non procedere, sempre in tale zona, ad atti unilaterali di colonizzazione. Nel 1854 le cose si complicarono. Infatti il gruppo statunitense Vanderbilt riuscì ad accaparrarsi il monopolio dei trasporti in tutto il Nicaragua; l'iniziativa assestò un colpo agli operatori commerciali della roccaforte liberale di León: perciò essi decisero di chiedere aiuto a società nordamericane ostili ai Vanderbilt e a concorrenti inglesi. Ne approfittò l'avventuriero William Walker, del Tennessee, che nel 1855 penetrò in Nicaragua, vi organizzò una rivolta e si fece persino proclamare presidente. Il gruppo Vanderbilt allestì contro di lui una coalizione centro-americana. Walker fu sconfitto. Catturato, venne fucilato dagli honduregni nel 1860. I conservatori ebbero quindi la meglio: pertanto poterono restare al potere fino al 1893, allorché un sollevamento liberale insediò alla presidenza José Santos Zelaya. La realtà dimostrò che a un dispotismo se ne era sostituito un altro. Santos Zelaya mantenne la suprema carica sino al 1909: cadde perché volle osteggiare gli Stati Uniti che in quel periodo erano in fase di espansione della loro influenza nell'arco caribico. Fu appunto Washington che sostenne nel 1911 l'ascesa del fidato Adolfo Díaz, conservatore, alla presidenza del Nicaragua. Il Paese però non accettò l'intervento e insorse: allora il governo statunitense inviò nel 1912 reparti armati. La presenza di quei soldati permise ai conservatori di prolungare il predominio del loro partito. Nel 1914 essi stipularono un trattato, in virtù del quale veniva ceduto agli USA il diritto esclusivo di costruire un canale interoceanico nella zona del fiume San Juan, in alternativa a quello appena inaugurato a Panamá; in cambio di detto diritto il Nicaragua riceveva un indennizzo di 3 milioni di dollari. Ma in pratica questa somma dovette essere restituita ai Nordamericani, a saldo dei debiti contratti dal Nicaragua negli anni precedenti. Anzi, per controllare e assegnare i pagamenti ai singoli creditori, Washington installò a Managua un'apposita Commissione, che divenne la vera amministratrice del Paese. Quando nel 1933 le truppe statunitensi vennero ritirate, il potere passò al capo della Guardia nazionale, Anastasio Somoza, che instaurò un regime repressivo, nell'interesse della propria famiglia e, sul piano internazionale, degli Stati Uniti. Il 28 settembre 1956 Anastasio Somoza morì in seguito a un attentato. Prese il suo posto il figlio Luis Somoza Debayle, mentre il fratello di Luis, Anastasio Somoza Debayle, assunse il comando della Guardia nazionale. Le elezioni del 1963 portarono alla presidenza il liberal-nazionalista René Schick Gutiérrez, ma il contesto politico ed economico non mutò. Alla sua morte (1966) i Somoza tornarono al governo con Anastasio Somoza Debayle. Dopo la parentesi del triumvirato (1972-74), Anastasio Somoza Debayle venne eletto presidente. Si intensificava intanto la guerriglia del Fronte sandinista, di ispirazione socialista, la cui offensiva nel 1978 assunse una certa consistenza costringendo Somoza, che aveva perduto l'appoggio degli USA, alle dimissioni (17 luglio 1979).






