Aspetti economici

Dopo aver aderito negli anni immediatamente successivi all'ottenimento dell'indipendenza a un indirizzo di sviluppo economico in chiave nettamente socialista, i cui capisaldi erano la collettivizzazione dell'agricoltura, la nazionalizzazione di tutte le strutture produttive, la chiusura al capitale straniero e una politica di rigida pianificazione e di accentuato centralismo, a partire dal 1970 la Tunisia ha operato un cambiamento quasi totale delle scelte programmatiche

 

Profilo generale. Facendo largo appello al capitale straniero con l'istituzione, nel 1972, all'interno del Paese di una "zona libera", il governo ha diretto i massimi sforzi all'incentivazione dell'industria (che invero ha registrato sensibili progressi), alla realizzazione di grandi infrastrutture di pubblica utilità e al potenziamento del turismo, che oggi è uno dei più importanti settori economici del Paese; da un punto di vista socio-culturale risultano sempre meno incisivi i valori dell'arabismo e delle rivendicazioni delle masse lavoratrici, mentre l'ideologia ricorrente assume connotazioni sempre più affini a quelle delle società occidentali, contrassegnate dall'individualismo e dal consumismo. I dati positivi non sono mancati: l'area del benessere si è allargata e il generale tenore di vita è certamente migliorato in un Paese il cui prodotto nazionale lordo si è triplicato nel corso degli anni Settanta; tuttavia le ripetute esplosioni di malcontento offrono una diversa chiave interpretativa dei pur lusinghieri risultati economici conseguiti. La crescita risulta infatti tutt'altro che equilibrata, sia per quanto riguarda la distribuzione del reddito (la disoccupazione rimane una delle più gravi piaghe del Paese) sia per i settori produttivi e le aree di sviluppo. L'agricoltura denuncia un ristagno particolarmente accentuato, mentre si accresce il divario tra le grandi aziende, modernamente attrezzate, dedite ad attività commerciali, e i piccoli appezzamenti privati a livello per lo più di autosufficienza alimentare

 

Agricoltura. Solo il 30% del territorio tunisino è coltivato, mentre ben il 47% è incolto o improduttivo. Questo è già un dato di immediato rilievo per comprendere le difficoltà che incontra l'agricoltura, al di fuori delle specifiche impostazioni di politica economica. Quanto alla distribuzione geografica delle varie colture, il Paese può essere ripartito in cinque grandi regioni: le pianure costiere settentrionali e la fertile valle della Medjerda, dove è diffusa la cerealicoltura, ma sono altresì coltivate con successo, specialmente attorno a Tunisi, primizie ortofrutticole; la zona nord-orientale (inclusa la Penisola di Capo Bon), le cui condizioni ambientali sono particolarmente adatte alla coltivazione degli agrumi; il retroterra del Tell, dove predominano le colture legnose, massimamente quella dell'olivo, che è l'albero più tipico del paesaggio tunisino, frequente soprattutto nel Sahel e nella regione attorno a Sfax, ma che si spinge ampiamente a sud; infine le oasi, che forniscono eminentemente datteri di eccellente qualità. La gamma delle colture è quindi senz'altro vasta, ma le tecniche sono in genere piuttosto antiquate e l'irrigazione su vasta scala è in pratica limitata alla pianura della Medjerda. La maggior parte dell'arativo è naturalmente occupato dai cereali, la cui resa è peraltro piuttosto scarsa e con quantitativi di produzione molto differenti da un anno all'altro, in dipendenza dall'incostante andamento pluviometrico

 

Prodotti agricoli. I cereali costituiscono l'alimento base della popolazione; prevalgono il frumento, che per esigenze climatiche è circoscritto alle pianure del nord, e l'orzo, che è invece diffuso anche nelle aree semi steppiche della Gefara. Discreto sviluppo hanno i prodotti orticoli (pomodori soprattutto) e frutticoli: pesche, albicocche, prugne, mele, pere, mandorle ed eminentemente agrumi (arance, mandarini, pompelmi e limoni), in parte consumati localmente, ma soprattutto esportati, in quanto, maturando anticipatamente grazie al clima, giungono sui mercati europei come primizie. Molto quotati all'estero sono pure i datteri, in particolare quelli provenienti dalla zona centrale del Paese (oasi di Tozeur, Nefta, Gabès ecc.), mentre quelli prodotti nelle oasi dell'estremo sud sono più deperibili e quindi destinati al consumo interno. Più importanti sono però le coltivazioni dell'olivo e della vite, anch'esse, peraltro, con rese molto variabili da un anno all'altro. La viticoltura, una creazione coloniale, ha indirizzo prevalentemente enologico; molto più diffusa è, come si è detto, l'olivicoltura, praticata con tecniche colturali sempre più moderne e razionali, che consentono alla Tunisia di essere l'unico grande produttore di olio di oliva del continente africano, nonché uno dei maggiori su scala mondiale. Più modeste sono infine le colture del tabacco, della barbabietola da zucchero e delle patate. Estremamente esigue sono le aree forestali, pari ad appena il 4% della superficie nazionale e in pratica limitate alle zone montane settentrionali; un certo rilievo ha il sughero, proveniente dai monti della Krumiria, mentre nelle zone delle steppe è largamente raccolta l'alfa, utilizzata per la fabbricazione della carta

 

Allevamento. L'allevamento, al pari dell'agricoltura, vede la coesistenza di un settore tradizionale, scarsamente produttivo, e di uno moderno, altamente redditizio. Anche nell'ambito zootecnico si può parlare di ripartizione regionale abbastanza netta: nel Nord, più umido e quindi con pascoli più ricchi, sono concentrati i bovini, favoriti altresì da una certa diffusione delle colture foraggere; per contro nelle steppe centro-meridionali l'allevamento è ancora prettamente seminomade e riguarda in prevalenza gli ovini e i caprini, che forniscono anche un discreto quantitativo di lana. Consistente è il numero dei volatili da cortile e quello dei dromedari, utilizzati insieme agli asini e ai muli nel Sud e nelle aree rurali in genere per i trasporti

 

Pesca. Un settore in costante sviluppo è quello della pesca, anche se l'attività è frammentata in una serie di porti scaglionati da Tabarka a Gabès; la zona più sfruttata è quella del Canale di Sicilia (donde i frequenti contrasti con i pescatori siciliani). Prevalgono i tonni e le sardine; il pescato alimenta le industrie conserviere di Mahdia e di Gabès; nel Golfo di Gabès si effettua anche la pesca delle spugne

 

Risorse minerarie. Il Paese appare senz'altro favorito quanto a risorse minerarie. In epoca coloniale i Francesi si erano interessati unicamente all'estrazione dei fosfati, la cui produzione è stata intensificata negli ultimi anni e i cui primi giacimenti erano già stati scoperti alla fine del secolo scorso a Métlaoui, a Moularès e a Redeyef, nei pressi di Gafsa, e dei minerali di ferro. Dopo l'indipendenza accurate ricerche geologiche hanno consentito di individuare, quindi di sfruttare, numerosi giacimenti di piombo, zinco, minerali argentiferi, mercurio e soprattutto di petrolio. Quest'ultimo, estratto per la prima volta nel 1964 dai pozzi di El-Borma nel Sud del Paese, costituisce oggi di gran lunga la principale merce d'esportazione, anche se è presente in quantitativi non certo paragonabili a quelli delle vicine Algeria e Libia, ma è ben sfruttato grazie all'apertura dal 1985 di tanti piccoli pozzi (oltre a quello di El-Borma, i più importanti giacimenti sono quelli di Douleb e di Tamesmida, collegati per oleodotto al porto minerario di La Skhirra). Trovano ora invece difficile collocazione sul mercato estero i fosfati, di cui per contro la Tunisia è molto ricca; si tratta però di minerali a basso tenore di fosfato tricalcico e che richiedono vari processi di arricchimento per essere competitivi sul mercato internazionale, dove trovano un temibile concorrente nel Marocco. Cospicui sono altresì i giacimenti di gas naturale, ubicati in prevalenza attorno al Golfo di Gabès. In regresso è invece l'estrazione dei minerali di ferro; completano il programma minerario il salgemma e il salmarino (prodotto dalle saline di Mégrine, Soliman, Ras Dimas, Mahdia ecc.). Il petrolio contribuisce in buona misura ad alimentare le centrali elettriche, che sono in prevalenza termiche

 

Industria. L'industria tunisina è basata principalmente sulla trasformazione dei prodotti agricoli e minerari locali; anche se tuttora limitato, è un settore in via di notevole espansione, il cui potenziamento poggia peraltro sui cospicui apporti di capitali esteri. Negli ultimi tempi sono stati particolarmente incoraggiati gli investimenti arabi, tanto che nel 1981 sono state appositamente istituite sia una Società tunisino-saudita d'investimenti e di sviluppo sia una Banca tunisino-kuwaitiana di sviluppo per finanziare programmi a lungo termine. Le industrie di base comprendono eminentemente una raffineria di petrolio a Biserta, alcuni complessi siderurgici e metallurgici ubicati vicino a Tunisi e nel nuovo polo di sviluppo di Menzel-Bourguiba, stabilimenti chimici (lavorazione dei fosfati, produzione di acido solforico, fertilizzanti ecc.), cementifici, stabilimenti meccanici, tra cui un impianto per il montaggio degli autoveicoli a Susa, una fabbrica di pneumatici. Più numerosi e variamente dislocati sono gli stabilimenti che lavorano prodotti agricoli e zootecnici, come oleifici, complessi molitori, birrifici, zuccherifici, industrie conserviere, manifatture di tabacchi, stabilimenti tessili ecc. Notevole è tuttora l'attività artigianale, specie per la produzione di tappeti e di oggetti in argento

 

Comunicazioni. Paese di transito tra il Maghreb e il resto dell'Africa settentrionale, la Tunisia dispone di una buona rete di comunicazioni interne, particolarmente sviluppata verso l'Algeria. La rete ferroviaria (2.150 km ca.), da tempo nazionalizzata, si basa sul fondamentale asse costiero Biserta-Tunisi-Sfax, donde si diramano tronchi per Gafsa, Tozeur e Gabès; a ovest si raccorda con le linee algerine. Grande rilievo, anche per il sempre continuo incremento del turismo, riveste la rete stradale, che fa capo massimamente alla litoranea Biserta-Gabès, con prolungamento con la Libia; la rete, che comprende fra le principali linee interne quella per la regione della Krumiria, la direttrice Kairouan-Kasserine e l'arteria per le oasi del Djerid, si sviluppa per più di 22.000 km, di cui oltre 17.000 di grande traffico, colleganti tutti i principali centri del Paese. I servizi marittimi si avvalgono largamente del porto di Tunisi (con l'avamporto della Goletta) come scalo passeggeri e di quelli di Biserta, Susa, Sfax e Gabès per il movimento commerciale; il porto di La Skhirra è, come si è detto, adibito all'esportazione di petrolio. Le comunicazioni aeree sono assicurate, oltre che dalla compagnia di bandiera, la Tunis Air, dalle maggiori compagnie straniere; il Paese dispone degli aeroporti internazionali di Tunisi/El-Aouina, Tunisi/Cartagine, Djerba, Monastir, Sfax e Tozeur

 

Commercio. I commerci sono vivaci, sia quelli interni sia quelli con l'estero; la Tunisia esporta prevalentemente prodotti tessili e dell'abbigliamento, fosfati, prodotti chimici, petrolio, olio d'oliva, primizie ortofrutticole ecc., mentre le importazioni sono rappresentate per lo più da macchinari e mezzi di trasporto, carburanti, generi alimentari (cereali e zucchero), ferro e acciaio, prodotti industriali vari. L'interscambio si svolge eminentemente con la Francia, l'Italia, la Germania, gli Stati Uniti; la bilancia commerciale è costantemente passiva. Rilevanti sono però gli apporti di valuta provenienti da un turismo ormai molto affermato e che può contare su attrezzature fra le migliori del litorale mediterraneo africano; ogni anno la Tunisia è visitata da numerosi stranieri, attirati da splendide spiagge, resti archeologici dell'Impero Romano, ambiente intatto delle oasi