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Storia
Cronologia
Per una cronologia storica aggiornata del Kenya, vedi la sezione Cronologia dell'Atlante di Nigrizia.
Preistoria.
La più antica preistoria del Kenya è nota soprattutto per le ricerche effettuate da L. S. B. Leakey e G. L. Isaac. Numerose località sono famose per avere restituito resti di ominidi molto antichi: Baringo (9 milioni di anni), Lukeino (6 milioni di anni) Lothagam (ca. 5 milioni di anni). Industrie arcaiche sono state rinvenute in particolare nella regione di Koobi Fora a est del Lago Turkana: Olduvaiano nel sito KBS (livelli più antichi datati a circa 1,8 milioni di anni); Olduvaiano evoluto dai livelli Karari, datati a ca. 1,5-1,4 milioni di anni. Industrie attribuite a questa fase sono anche note a Chesowanja, nel Kenya centrale, da dove provengono resti di Australopiteco robusto datati a ca. 1,4 milioni di anni. Livelli di diverse fasi dell'Acheuleano sono noti nell'importante sito di Olorgesaile, ca. 50 km a sud-ovest di Nairobi, e in quello di Isenya. Un Acheuleano, associato a resti umani attribuiti a un rappresentante arcaico di Homo sapiens, proviene dal sito di Kanjera. Industrie del Middle Stone Age e del Late Stone Age si trovano, tra l'altro, nei dintorni di Isenya e a Lukenya Hill, vicino a Nairobi. Complessi di tipo Paleolitico superiore, noti col nome di Eburriano, sono conosciuti a Gamble's Cave, nella zona centrale del Rift e a Nderit Drift, a sud del lago Nakuru. Accampamenti di pescatori di epoca compresa tra 9000 e 5000 a. C. sono stati rinvenuti a Ileret, a Lothagam e a Lowasera, sulla sponda orientale del lago Turkana.
Dalle origini alla costituzione della repubblica.
Ipotesi attendibili fanno ritenere che la grande area, poi nota col nome di East Africa, ospitasse popolazioni boscimane e proto-camite. I neri debbono essersi stanziati nella regione a partire dal decimo millennio a. C.; a essi avrebbero fatto seguito emigrazioni di genti camite, bantu, nilotiche e nilotico-camite. Le prime descrizioni del litorale del Kenya si trovano nel Periplo del Mare Eritreo, documento redatto verso il 110 d. C. Commercianti egiziani, greco-romani, arabi e persiani frequentarono certamente quel litorale. Gli stanziamenti arabi e persiani influenzarono in maniera determinante la storia delle regioni costiere, che a partire dalla fine del sec. VII furono conquistate da gruppi di arabi islamizzati. Nel 1498 Vasco da Gama raggiunse prima Mombasa e poi Malindi e nei primi anni del sec. XVI i portoghesi imposero la loro presenza su tutti i principali centri e isole del litorale. I successivi due secoli furono caratterizzati da continue lotte tra arabi e portoghesi e si conclusero con l'abbandono da parte di questi ultimi delle loro posizioni. L'interesse della Gran Bretagna per quella parte dell'Africa orientale si manifestò nel 1840 con la nomina di un console a Zanzibar (al sultano di Zanzibar apparteneva anche la sovranità d'un lungo tratto costiero dell'Africa orientale). La concorrenza della Germania convinse l'Inghilterra ad assicurarsi un'ampia zona d'influenza in quell'area geografica, sanzionata dall'accordo anglo-tedesco del 1886. La British East Africa Association prima e la Imperial British East Africa Company poi assunsero l'amministrazione della vasta regione, che prese in seguito il nome di Uganda e Kenya e che fu, nel 1895, rilevata dal governo inglese. Il contemporaneo insediamento di coloni bianchi e la confisca delle terre dei nativi (in particolare delle tribù kikuyu) determinò un grave turbamento nella vita del Paese; turbamento che si palesò, già dopo il primo conflitto mondiale, attraverso l'azione della East Africa Association e della Kikuyu Central Association, e assunse aspetti più acuti dopo la seconda guerra mondiale sotto la guida di Jomo Kenyatta, presidente della Kenya African National Union (KANU), che raccolse grandi consensi divenendo leader autorevole del nazionalismo keniota. Tra il 1952 e il 1956 il movimento terrorista Mau-mau portò la Gran Bretagna a proclamare lo stato d'emergenza e contemporaneamente ad accelerare l'introduzione di riforme politico-costituzionali. Le Costituzioni del 1958, del 1960 e del 1962 portarono all'autogoverno. Il 12 dicembre 1963 il Kenya accedette all'indipendenza come monarchia per trasformarsi in Repubblica il 12 dicembre 1964, pur restando membro del Commonwealth. Kenyatta venne eletto presidente della Repubblica e capo del governo. Sciolte le altre formazioni politiche, nel 1969 instaurò di fatto il monopartitismo e, nonostante vari rimpasti ministeriali e accuse di corruzione, il vecchio leader venne sempre rieletto plebiscitariamente.
Il dopo Kenyatta.
Morto Kenyatta (1978), la presidenza della Repubblica venne assunta da Daniel Arap Moi (successore designato da Kenyatta), che si trovò a fronteggiare dissensi e tensioni interne, culminate in un tentativo di colpo di stato nel 1982. Moi, riconfermato nel 1983 e poi ancora nel 1988, instaurò così una politica di oppressione che, in particolare dal 1986, accrebbe le tensioni socio-politiche e quelle interetniche. Alla fine degli anni Ottanta lo scontento per la corruzione dilagante nel governo e le difficoltà economiche del Paese si espresse nella richiesta dell'abolizione del sistema a partito unico e nel consolidamento dei gruppi d'opposizione, generalmente repressi. Solo nel dicembre 1991, a seguito delle sempre crescenti pressioni interne e internazionali, l'Assemblea straordinaria della KANU approvò un documento che legalizzava i partiti di opposizione, sancendo il ritorno al pluralismo politico. Alla fine del 1992, in un clima di nuovi scontri etnici, che videro opporsi soprattutto Masai e Kalenjin a Kikuyu, Moi venne ancora una volta rieletto alla presidenza della Repubblica, mentre la KANU conquistava la maggioranza dei seggi dell'Assemblea Nazionale. Dopo nuovi segni di irrigidimento politico da parte del presidente della Repubblica, che ebbero riscontri in politica estera con la sospensione degli aiuti internazionali, la campagna elettorale del 1997 fu caratterizzata in tutto il Paese da violente manifestazioni di protesta contro la politica economica del governo. Alla fine dello stesso anno le elezioni presidenziali e legislative, nonostante la crescita interna di un'opposizione che denunciò brogli e irregolarità di voto, riconfermarono a capo dello Stato Moi e assegnarono la maggioranza, nell'Assemblea Nazionale, alla KANU. Dopo un primo rimpasto di governo nel 1999, nel giugno 2001 Moi decise di costituire un nuovo governo di coalizione, in cui entrò anche il leader storico dell'opposizione, Raila Odinga. Nelle elezioni presidenziali svoltesi alla fine del 2002 Moi, dopo 24 anni di governo, non si presentò come candidato e l'opposizione, riunita nella coalizione Arcobaleno, portò il proprio candidato, l'economista Mwai Kibaki a diventare il terzo presidente del Kenya. Nonostante le promesse elettorali il nuovo presidente non riuscì a migliorare le condizioni economiche e politiche del Paese dove corruzione e scarsa sicurezza continuavano a essere problemi rilevanti; tentò anzi di rafforzare i propri poteri presentando, nel novembre 2005, un referendum sulla modifica della Costituzione: nella consultazione prevalsero i pareri contrari e come conseguenza Kibaki costrinse l'intero governo a dimettersi. Nuove elezioni presidenziali si svolsero nel 2007; esse, vinte per pochi voti da Kibaki, furono aspramente contestate sia da Odinga sia dagli osservatori internazionali. Nel Paese scoppiarono scontri violenti tra le fazioni politiche (e in parte etniche) che causarono oltre 1000 morti. La crisi era risolta nell'aprile 2008 dopo una mediazione dell'ONU che poratava alla creazione di un governo di unità nazionale e alla nomina di Odinga alla carica di primo ministro.