Economia

Le speranze, nate al momento dell'indipendenza, di poter realizzare un autentico rinnovamento delle strutture produttive del Paese, sono durate poco. In particolare è in gran parte fallito l'ambizioso programma di sviluppo e di "africanizzazione" dell'economia keniota, che, pur puntando chiaramente su un modello liberista di tipo occidentale, avrebbe dovuto essere controbilanciato da fondamentali interventi governativi tali da soddisfare le peculiari esigenze socio-economiche del Paese e risolverne i molti problemi.

Profilo generale . L'economia del Kenya mostra tuttora i suoi aspetti di grave dipendenza dal capitale straniero che ha introdotto, soprattutto nell'industria, elementi speculativi tipicamente coloniali. La stessa indubbia, rilevante crescita del prodotto nazionale, che per molti anni si è mantenuta su valori del 7-8% annuo, è andata in pratica ad arricchire da un lato le grandi società statunitensi ed europee da cui dipendono gli investimenti operanti nel Paese, dall'altro una ristretta fascia di già prosperi imprenditori kenioti. Ne è derivato un accresciuto benessere di pochi, pagato con un deficit fortissimo della bilancia commerciale, deficit aggravato dagli enormi rincari petroliferi, in quanto il Kenya dipende ampiamente dalle importazioni per il proprio fabbisogno energetico. L'inflazione contribuisce a rendere sempre più precarie le condizioni di vita di gran parte della popolazione, mentre l'altissima spinta demografica, non accompagnata da un'adeguata espansione del mercato del lavoro, ha reso gravissimi i fenomeni della disoccupazione e della sottoccupazione. Né, infine, il pur modesto processo di modernizzazione attuato dalle forze governative ha coinvolto il Paese nel suo complesso; si è anzi accentuato il dualismo, che vede nettamente contrapposte le grandi masse contadine e pastorali, il più delle volte ancorate ai metodi di produzione più tradizionali e scarsamente redditizi, alle minoranze urbanizzate, in genere inserite in strutture operative tecnicamente avanzate e maggiormente rimunerative. Gli squilibri sociali non sono d'altronde meno gravi di quelli economici: per esempio mentre la maggioranza dei bambini di Nairobi frequenta le scuole, solo il 4% di quelli del Kenya nord-orientale ("area dell'emarginazione") ha tale possibilità. Ma pur tra tanti elementi negativi va ricordato che il Kenya è il Paese africano che meglio ha superato la grave crisi economica conseguente alla siccità che dal 1979 ha investito tutto il continente.

Agricoltura. Nonostante il consistente sviluppo dell'industria, che è stata molto favorita dall'apporto di capitali stranieri, il Kenya basa tuttora essenzialmente la propria economia sull'agricoltura. Il settore presenta però il tipico dualismo di derivazione coloniale: da un lato vi è l'agricoltura di sussistenza, che occupa la gran massa della popolazione contadina ma rimane poco redditizia, dall'altro l'agricoltura di piantagione, d'impostazione commerciale, altamente produttiva e avviata con successo dai farmers inglesi e su dafricani grazie alle favorevoli condizioni ambientali delle alte terre keniote. L'organizzazione dell'attività agricola si struttura perciò da una parte su moderne ed efficienti aziende in mano agli stranieri, dall'altra su piccole proprietà private di contadini o di esigue comunità locali che praticano un'agricoltura di sola sussistenza; non manca tuttavia un certo numero di cooperative keniote, che operano con l'aiuto tecnico del governo secondo un'impostazione commerciale moderna e i cui terreni der ivano in genere da appezzamenti che lo Stato ha acquistato dai farmers britannici. Arativo e colture arborescenti occupano il 7,8% della superficie territoriale, mentre i prati e i pascoli permanenti occupano il 37%. L'agricoltura di sussistenza fornisce soprattutto cereali, tra cui il mais prevale nelle alte terre meglio irrorate, il miglio e il sorgo nelle aree più povere; si coltivano anche frumento, riso. Per l'alimentazio ne locale hanno altresì rilievo la manioca, la patata dolce e la patata, le banane e taluni prodotti orticoli. L'agricoltura commerciale è rivolta soprattutto alle coltivazioni del caffè, il cui ambiente ideale è nelle alte terre intorno al Monte Kenya, e del tè (il Kenya ne è il massimo produttore africano), esso pure diffuso sugli altopiani: tè e caffè assieme rappresentano da soli circa un terzo del valore delle esportazioni. Nella regione costiera si coltivano cotone, canna da zucchero, agave sisalana e palme da cocco. Tra le colture fruttifere (agrumi ecc.), importante è quella dell'ananasso, che alimenta una fiorente industria conserviera. È infine peculiare del Kenya il piretro, la cui essenza è usata come insetticida e di cui il Paese è il massimo produttore mondiale. Boschi e foreste coprono il 29% della superficie territoriale rivestendo, con essenze pregiate (cedri, podocarpi), la fascia montuosa tra i 2.000 e i 2.700 m di altitudine.

Allevamento e pesca. L'altra grande risorsa economica del Paese è l'allevamento del bestiame; esso viene praticato sugli altopiani dai contadini, che integrano così la loro economia agricola, ma rappresenta l'unica fonte di reddito per talune popolazioni, come i Turkana e i Masai. Particolarmente cospicuo è il numero dei bovini, ma ben rappresentati sono anche i caprini e gli ovini nonché i volatili da cortile; l'area di maggior sviluppo zootecnico è la Great Rift Valley . Nel nord sono diffusi, presso i Turkana e i Somali, anche i dromedari. L'allevamento bovino alimenta oggi una vivace attività lattiero-casearia a carattere commerciale (che fornisce latte, burro, formaggi) e inoltre un consistente commercio delle carni: nel complesso il Kenya è uno dei pochi Paesi africani a poter contare su una zootecnia modernamente organizzata. La pesca viene praticata dalle popolazioni rivierasche sia nelle acque interne, tra cui il Lago Vittoria, sia lungo la costa.

Risorse minerarie. Il Kenya è piuttosto povero dal punto di vista minerario; sono tuttavia in atto accurate prospezioni geologiche. Dal sottosuolo si estraggono, in genere in quantitativi assai modesti, magnesite, oro, argento, rame, soda ; il sale è fornito dalle saline presso Malindi. Mancano minerali energetici; la necessaria energia viene prodotta sia da petrolio d'importazione, che alimenta alcune centrali termoelettriche presso i centri maggiori, sia soprattutto da grandi impianti idroelettrici.

Industria. Lo sviluppo del settore è stato nettamente favorito dalla stabilità politica interna e dalle ampie facilitazioni offerte dal Governo agli investimenti esteri. L'industria presenta ormai una gamma abbastanza varia di attività, sia nelle produzioni di base sia in quella dei beni di consumo. Un discreto incremento hanno registrato i settori siderurgico, chimico (soprattutto per i fertilizzanti) e petrolchimico, del cemento e dei materiali da costruzione; la maggior parte delle attività industriali riguarda tuttavia la lavorazione dei prodotti agricoli e zootecnici locali, annoverando perciò conservifici, zuccherifici, birrifici, manifatture di tabacchi, oleifici, complessi molitori, lavorazione delle pelli, cotonifici.

Comunicazioni. Nonostante abbiano registrato un certo miglioramento, le vie di comunicazione sono tuttora piuttosto carenti soprattutto dal punto di vista qualitativo. L'asse principale è la ferrovia da Mombasa a Nairobi, che giunge poi sino a Kampala (Uganda) e che, con le sue brevi diramazioni, raggiunge i 2.740 km. Una relativamente ampia rete stradale, che si sviluppa complessivamente per quasi 63.000 km, di cui poco meno di 9.000 km asfaltati, collega tutte le principali città servite da un regolare servizio di autobus. La compagnia aerea Kenya Airways, fondata nel 1977 dopo lo scioglimento della preesistente East African Airways, assicura vari collegamenti interni e con Paesi asiatici, africani ed europei; principale aeroporto è quello di Nairobi, che è internazionale al pari di quello di Mombasa: quest'ultimo è il maggior centro portuale del Kenya, al servizio anche di altri Stati africani, specie dell'Uganda.

Commercio. Più degli scambi interni, piuttosto limitati, contano nell'economia del Kenya quelli internazionali. Si esportano soprattutto caffè e tè, quindi pelli e cuoio, cemento, piretro, le importazioni riguardano essenzialmente macchinari, autoveicoli, petrolio greggio, ferro e acciaio. Gli scambi si svolgono soprattutto con la Gran Bretagna e gli altri Paesi della UE, seguiti dal Giappone per le importazioni, e con i Paesi dell'UE e l'Uganda per le esportazioni. Un buon cespite di valuta è offerto infine dal turismo, attirato dalle molteplici bellezze naturali, soprattutto dalle magnifiche spiagge oceaniche, e dai ben protetti e ottimamente organizzati parchi nazionali nei quali vive allo stato libero la superstite fauna africana locale.