Storia

Cronologia 

Per una cronologia storica aggiornata dell'Etiopia, vedi la sezione Cronologia dell'Atlante di Nigrizia.

Dalle origini alla guerra con l'Italia.

Secondo una leggenda, che ricalca quelle analoghe giudaico-cristiano-musulmane, l'origine dell'Impero d'Etiopia risalirebbe a Menelik I, nato dall'incontro di Salomone con la regina etiopica Maqeda, più nota col nome di regina di Saba. Secondo i fatti storicamente accertati, l'origine dell'impero si riconnette al Regno di Aksum, la cui famiglia reale venne sterminata verso la fine del sec. X da una cosiddetta “regina ebraica” di nome Esato o Ghedit. Intorno al 1140 si affermò una nuova dinastia, non più di origine sudarabica ma appartenente alla popolazione cuscitica degli Agau, gli Zaguè, che trasportarono la capitale del regno da Aksum a Lalibelà, donde la loro famiglia era originaria. Dopo poco più di un secolo, intorno al 1270 un movimento capeggiato dai monaci dell'Amhara portò sul trono una nuova dinastia, nota come dinastia salomonide, il cui fondatore, Yekunno Amlak (1270-85), volle ricollegarsi all'antica leggenda della regina di Saba e quindi affermare un legame genealogico con re Salomone. Yekunno trasportò la capitale nello Scioa occidentale; il suo regno comprendeva Tigrè, Amhara, Lasta, Goggiam, Scioa, nei quali dominava il cristianesimo monofisita benché fossero presenti anche piccole comunità ebraiche (i cosiddetti Falascià), e piccoli emirati o sultanati musulmani; questi ultimi sotto il regno di Yagbea Syon, figlio e successore di Yekunno, cessarono di pagare tributo e si ribellarono. La guerra tra musulmani e cristiani, che si protrasse per quasi tre secoli, ebbe i momenti più salienti durante il regno di ʽAmda Syon I (soprannominato il Grande o anche Gabra Masqal, cioè servo della Croce), che regnò tra il 1314 e il 1344 e che sconfisse i sultanati di Ifāt e di Adal; di Yeshaq (1414-29), che uccise in battaglia il sultano di Ifāt (1415); di Zara Jakob (1434-68), che soffocò il tentativo di rivincita compiuto dai figli di detto sultano; e di Lebna Dengel (1508- 40), che si trovò a fronteggiare l'assalto in forze di un grande uomo d'arme: Aḥmad ibn Ibrāhīm, soprannominato dagli Abissini Grāñ (il Mancino), contro il quale solo l'intervento dei portoghesi, chiamati dal nuovo imperatore Claudio (1540-59), salvò l'Etiopia dall'essere completamente conquistata. La secolare lotta contro i musulmani rinsaldò lo spirito religioso e nazionale dell'Abissinia. L'abuna o vescovo d'Etiopia fu, col clero dipendente, il maggiore alleato dell'imperatore, che, nel 1312, essendo abuna Takla Hāimanō't (fondatore del convento di Debra Libanos), riservò un terzo delle terre coltivabili ai monasteri, mentre un altro terzo andava alla famiglia reale e il resto ai capi militari. Verso la fine del sec. XVI una minaccia esterna pose fine alle guerre tra cristiani e musulmani in Etiopia (l'ultima fu combattuta nel 1577); i galla avevano iniziato (1532) l'invasione delle province meridionali dell'Etiopia. Intanto, in conseguenza dei rapporti stabiliti nel corso della guerra contro il Mancino, era giunta in Abissinia (1557) una missione di gesuiti; un tentativo del negus Neghesti Susenyos (1607-32), convertito dai gesuiti, di imporre l'unione alla Chiesa di Roma ebbe un'immediata reazione: Susenyos fu costretto ad abdicare in favore del figlio Fasiladàs (1632-67), che cacciò i portoghesi, ristabilì la religione monofisita e trasferì la capitale a Gondar. Dopo un periodo d'isolamento, che durò circa due secoli e durante il quale l'ultimo grande negus fu Iyāsu I (1682-1706), l'Impero etiopico praticamente si sfasciò e il controllo passò nelle mani dei capi Galla. Teodoro II, infine, salito al trono nel 1855, ristabilì l'unità dell'impero, riportando ai suoi ordini, tra i vari capi, quello dello Scioa, il cui figlio (il futuro Menelik II) portò con sé come ostaggio. A Teodoro, rimasto famoso per aver sostenuto una guerra disastrosa con l'Inghilterra, succedette Giovanni IV (1871-89), con il quale l'Italia entrò in contatto a seguito dell'occupazione di Assab (1869) e di Massaua (1885) mentre nel frattempo la spedizione Antinori era già entrata in contatto (1876) con Menelik II, negus dello Scioa. Quest'ultimo nel 1889, alla morte di Giovanni IV, doveva salire al trono in Etiopia: con lui il 2 maggio 1889 il conte P. Antonelli firmò, a conclusione di trattative iniziate già l'anno precedente, il Trattato di Uccialli. Successivamente, da un'interpretazione estensiva data da Crispi a un articolo del trattato, doveva derivare una tensione di rapporti e quindi la guerra tra l'Italia e l'Etiopia. Dopo la sconfitta dell'Italia, l'Etiopia, riconosciuta come Stato sovrano e indipendente dalle maggiori potenze europee, iniziò una nuova era di lenta evoluzione interna, costituendo tuttavia ancora l'oggetto delle ambizioni di Gran Bretagna, Francia e Italia, che nel 1906 firmarono un accordo di eventuale spartizione del suo territorio, rimasto poi inoperante.