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Storia
Prima del sec. V l'attuale Mauritania era popolata principalmente da neri, concentrati nelle regioni settentrionali e occidentali, e da berberi, sparsi in tutto il Paese. Nel sec. XI i berberi almoravidi intrapresero una guerra di conquista, investendo anche la Mauritania, che rimase in loro potere per alcuni secoli. Al principio del sec. XVI una tribù araba penetrò nel Paese e progressivamente se ne impossessò. Altre tribù, riunite in potenti confederazioni, dominarono poi il Paese.
Nel 1448 i portoghesi fondarono sulla costa della Mauritania la stazione commerciale di Arguin, dove acquistavano oro, gomma arabica e schiavi. In seguito anche francesi e inglesi frequentarono quelle coste. La penetrazione verso l'interno cominciò nella prima metà del sec. XIX, ma soltanto nei primi anni del sec. XX la Francia occupò la Mauritania in modo effettivo.
Nel 1920 la Mauritania divenne una colonia facente parte della Federazione dell'Africa Occidentale Francese. Essa era retta da un governatore e da un consiglio amministrativo; la sua capitale fu stabilita a Saint Louis del Senegal. Nel 1946 assunse lo status di Territorio d'Oltremare nell'ambito dell'Unione Francese; nel 1958 divenne Repubblica autonoma nell'ambito della Comunità Francese. Il 28 novembre 1960 accedette all'indipendenza e fissò la sua nuova capitale a Nouakchott. Con la Costituzione del 1961 la Mauritania si diede un regime presidenziale con a capo Moktar Ould Daddah. La vita politica fu poi dominata dal Partito del Popolo Mauritano, che perseguì un programma di tipo socialista e mirò allo sviluppo economico del Paese. In base all'accordo di Madrid (1975), la Mauritania ottenne la spartizione col Marocco dell'ex Sahara Spagnolo. L'Algeria, contraria a questa soluzione, ruppe le relazioni con la Mauritania e appoggiò l'offensiva del Fronte Polisario per l'indipendenza del Sahara Occidentale, mentre la Mauritania firmò un accordo di mutua difesa col Marocco (1977). In una situazione di crisi economica determinata dallo stato di guerra si affermò al potere il colonnello Ould Salek, che depose il presidente Daddah assumendone la carica (1978) e rinunciò a ogni rivendicazione sul Sahara (agosto 1979).
Nel 1980 il primo ministro colonnello Mohamed Khouna Ould Hey depose il presidente Ould Louly, succeduto a Salek nel 1979: venne abolita la schiavitù e furono ristabilite le relazioni diplomatiche con l'Algeria, mentre i rapporti con il Marocco si guastarono gravemente. Nel 1984 Heydalla fu a sua volta destituito, secondo un copione ormai classico in Africa, dal suo ex vice Maouiya Ould Sid' Ahmed Taya.
Malgrado il nuovo governo si fosse impegnato nel miglioramento dei rapporti diplomatici con i Paesi confinanti e nella stabilizzazione economica, durante la seconda metà degli anni Ottanta si verificarono vari tentativi di colpo di stato. Significativi per la futura politica interna ed estera furono quindi nel 1989 l'adesione all'Unione del Maghreb Arabo, che permise una gestione meno conflittuale delle tensioni etniche manifestatesi in quell'anno, l'adozione di riforme modernizzatrici nel campo del diritto, l'introduzione nell'aprile 1991 di un sistema multipartitico e infine la promulgazione di una Costituzione rinnovata (approvata con referendum in luglio).
Le elezioni presidenziali svoltesi democraticamente nel gennaio 1992 (le prime elezioni presidenziali libere), cui parteciparono quattro candidati quale espressione delle diverse realtà politiche del Paese, videro la vittoria di Taya, l'ex dittatore “convertitosi” alla democrazia. Le politiche tenute nel marzo dello stesso anno (contestate dalle opposizioni) furono vinte dalla formazione presidenziale: il Partito Repubblicano Democratico e Sociale (PRDS), espressione dell'esercito. Sul piano internazionale la Mauritania ristabilì nel 1992 le relazioni diplomatiche con il Senegal, che erano state interrotte nel 1989, raggiungendo con tale Paese un accordo per la riapertura delle frontiere terrestri. Nonostante le accuse di brogli lanciate dalle opposizioni in occasione dei due scrutini, il successo del vecchio apparato di potere era coerente con un processo di transizione morbida opportunamente pilotato dai militari. Lo stesso ex dittatore diede segni di voler proseguire sulla via della democratizzazione chiamando a far parte del governo anche esponenti dell'opposizione, del nazionalismo arabo e della comunità neroafricana. Ma la stabilità del nuovo sistema venne messa in discussione principalmente dal manifestarsi, così come in altre realtà del mondo maghrebino, di fenomeni di integralismo musulmano verso i quali si abbatté prontamente la repressione governativa con lo scioglimento dell'Associazione culturale islamica (ottobre 1994), mentre le decine di militanti del movimento islamico Hasim venivano rilasciati solo dopo essersi solennemente impegnati a cessare ogni attività eversiva. In questo periodo si registrò anche una più generale restrizione delle libertà costituzionali con la chiusura di tutte le testate giornalistiche indipendenti. La questione dell'integralismo si ripropose ancora nel 1995 quando, proprio mentre si apprestava a normalizzare le relazioni diplomatiche con Israele,venne espulso dalla Mauritania l'ambasciatore iracheno con l'accusa di aver ordito e finanziato un complotto per destabilizzare il Paese.
Per evitare che l'accentuazione di una politica estera filoccidentale, confermata dalla stessa adesione della Mauritania al progetto di una zona di libero scambio con l'Europa (Barcellona, novembre 1995), fornisse l'alibi per una ripresa dell'estremismo islamico, il presidente Taya, nel gennaio 1996, decise di sostituire il primo ministro Sidi Mohamed Ould Boubakar con lo sceicco El Avia Ould Mohamed Khouna. Nel 2003, a poche settimane dal voto per le elezioni presidenziali in cui il presidente Taya venne riconfermato, si ebbe un tentativo di colpo di stato guidato da un gruppo di ufficiali dell'esercito. Se questo colpo di stato fallì quello attuato dai militari nell'agosto 2005, durante un'assenza del presidente, ebbe successo e Ould Mohammed Val, capo della polizia, venne nominato presidente. Si aprì un processo di transizione verso la democrazia che in primo luogo portò la popolazione, nel giugno 2006, ad approvare una nuova Costituzione in un referendum che ottenne un ampio consenso e, in secondo luogo, alle prime elezioni pienamente democratiche dal 1960 (marzo 2007) che vennero vinte da Sidi Ould Abdallahi con il 53% dei voti.
Nell'agosto del 2008, però, un colpo di stato bloccava il cammino del Paese verso la democrazia: le forze armate guidate dal generale Mohamed Ould Abdel Aziz assumevano il potere. Nel giugno 2009 l'ex presidente Sidi Ould Abdallahi veniva nominato capo di un governo di unità nazionale, in vista delle nuove elezioni di luglio vinte con il 52% delle preferenze dal generale Mohamed Ould Abdel Aziz. Nel 2010 Mauritania, Mali, Algeria e Niger avviavano una struttura di coordinamento per combattere la criminalità organizzata e il terrorismo.