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Storia
Cronologia
Per una cronologia storica aggiornata del Sudafrica, vedi la sezione Cronologia dell'Atlante di Nigrizia.
Preistoria. Nota soprattutto per il contributo di dati relativi al problema dell'origine dell'Uomo, recuperati a iniziare dal 1924 in numerose cavità e brecce del Transvaal, tra le quali le più importanti sono Swartkrans, Taung, Makapansgat, Kromdraai e Sterkfontein da cui provengono numerosissimi resti di diverse specie di Australopitecine, il Sudafrica presenta una documentazione relativa anche alle successive fasi del Paleolitico. Numerosi sono i siti riferibili a diverse fasi dell'Acheuleano (Amanzi, Rooidam, Montagu Cave, Fauresmith ecc.) e che offrono lunghe sequenze comprendenti anche le successive fasi (Middle Stone Age, industrie tipo Howieson's Port, Late Stone Age, industrie microlitiche tipo Wilton ecc.), alcune delle quali ben inquadrate in termini di cronologia assoluta. Tale è, per esempio, la sequenza della grotta Apollo 11 in Namibia, con industrie del Late Stone Age inquadrabili intorno a 40.000 anni, con testimonianze di arte rupestre in livelli datati a circa 28.000 anni da oggi, e con materiali riferibili alla facies microlitica del Wiltoniano, dal giacimento di Wilton (Provincia del Capo), dove sono state rinvenute anche manifestazioni di arte di epoca olocenica. Altrettanto notevole è la sequenza messa in luce a Border Cave, al confine con lo Swaziland, che inizia con industrie del Middle Stone Age datate tra circa 200.000 e 50.000 anni, seguite da industrie microlitiche con datazioni intorno a 35.000 anni. Resti di arcaici Homo sapiens sapiens sono stati rinvenuti in diverse località sudafricane, talvolta in associazione con industrie del Middle Stone Age come per esempio a Boskop (Transvaal) e a Klasies River Mouth (Provincia del Capo). A tempi neolitici sono attribuibili il Wiltoniano e lo Smithfildiano, che vedono associate ai reperti litici la prima ceramica e scorie di ferro. Un posto ragguardevole è quello occupato dall'arte preistorica australe (probabilmente riferibile al Wiltoniano) con numerose incisioni e pitture rupestri. Nel corso dell'Età del Ferro, a partire dalla fine del II millennio a. C. si sviluppano in diversi siti comunità stanziali di agricoltori e allevatori, fino ad arrivare, nel sec. VIII a. C., alla costruzione di grandi centri, come Mapungubwe e Bambandyanalo, dove sono documentati materiali di pregio, tra cui le perle di vetro, comuni anche al contemporaneo regno di Zimbwe, e la formazione di un'organizzazione di tipo “proto-statale”.
Dal XV secolo alla guerra anglo-boera. Quasi nulla è dato conoscere sulla storia della parte più meridionale dell'Africa prima dell'avvento dei portoghesi, nel sec. XV. A quell'epoca il territorio era già abitato da boscimani (san) e da ottentotti (khoi-khoin). Nel 1487 il portoghese B. Diaz raggiunse il Capo di Buona Speranza (allora Capo delle Tempeste) e da allora la baia della Tavola divenne uno degli ancoraggi più frequentati sulla via delle Indie, ma per lungo tempo nessuno Stato ne reclamò il possesso. Solo nel 1631 la Compagnia Olandese delle Indie Orientali vi fondò una stazione postale e vent'anni dopo (1652) J. Van Riebeeck vi organizzò per conto della Compagnia un emporio cui affluirono gruppi di agricoltori olandesi (boeri=contadini) e in seguito di ugonotti francesi, formando così la prima consistente colonia europea in Africa nei tempi moderni. La completarono estese fattorie e grandi allevamenti, ma la penetrazione all'interno fu lenta e solo un secolo dopo fu raggiunto il fiume Orange. Fin dai primi tempi i metodi fiscalisti e autoritari della Compagnia avevano suscitato reazioni anche violente dei boeri, gelosissimi della loro indipendenza, e fu col pretesto di reprimere una rivolta boera che gli inglesi (sotto la cui protezione si era messa la Compagnia durante l'invasione francese dell'Olanda) nel 1795 occuparono la Terra del Capo e vi instaurarono un regime coloniale, poi riconosciuto nel Congresso di Vienna del 1815, anche in quanto l'Olanda aveva intanto ceduto la colonia all'Inghilterra (con altri territori) per sei milioni di sterline. Non tardarono però a sorgere gravi attriti tra inglesi e boeri, soprattutto perché il liberalismo inglese verso gli africani contrastava col sistema economico e razzista dei boeri. L'abolizione della schiavitù, decretata dall'Inghilterra nel 1833, esasperò la situazione. Dopo vani tentativi di ribellione, i boeri decisero nel 1837 di emigrare in massa verso Nord per cercarsi una nuova patria. Nel corso di questo grande esodo (il “Grande Trek”) diecimila boeri si aprirono la strada combattendo contro i matabele e si stabilirono tra i fiumi Orange e Vaal, dove fondarono una repubblica con capitale Winburg. Un altro loro gruppo fondò sulla costa orientale una seconda repubblica (1840) chiamata Natal. I due Stati, uniti in confederazione sotto la presidenza di A. Pretorius, non furono riconosciuti dagli inglesi, che ritenevano i boeri loro sudditi. Truppe inglesi invasero il Natal (1842) e ne seguì un secondo esodo dei boeri oltre il fiume Vaal e la fondazione di vari altri insediamenti uniti con vincoli molto elastici alla Repubblica di Winburg. In cambio dell'alleanza contro i cafri (popolazioni bantu della regione), che si opponevano fieramente all'espansione dei bianchi, gli inglesi riconobbero la federazione del Transvaal (Convenzione di Sand River, 1852) e due anni dopo l'autonomia dei territori a S del Vaal, col nome di “Stato Libero dell'Orange” (Convenzione di Bloemfontein). Permanevano tuttavia i vecchi contrasti fra boeri e inglesi, acuiti anche da una corrente nazionalista e razzista intransigente, detta dei Dopper. Nel 1856 le repubbliche boere si unirono in uno Stato federale, il Sudafrica, con unica Costituzione, e tale atto venne considerato dagli inglesi come una violazione delle precedenti Convenzioni. Nel 1867 nella regione vennero scoperti enormi giacimenti di diamanti e di oro e si aprirono nuove prospettive economiche e politiche: la pressione degli inglesi ricominciò a farsi sentire sui boeri e sugli africani. L'Orange dovette cedere parte dei suoi territori, mentre i boeri si videro costretti a sgombrare le terre dei Basotho (Sotho) che avevano appena conquistato (1867). I sotho e gli swazi dovettero accettare il protettorato inglese. Seguì nel 1871 l'annessione del Griqualand. L'anno seguente la Colonia del Capo ottenne l'autonomia dal governo inglese. Cecil Rhodes bloccò i tentativi portoghesi di ricongiungere l'Angola al Mozambico e assicurò ai capitalisti inglesi il monopolio minerario sulle immense regioni che da lui vennero chiamate le Rhodesie (del Nord e del Sud). Nel 1877 fu proclamata l'annessione del Transvaal, col pretesto di difendere la regione dagli attacchi degli zulu. I boeri si ribellarono, guidati da S. J. P. Kruger e sconfissero gli inglesi, che dovettero riconoscere nuovamente l'indipendenza del Sudafrica, con qualche riserva formale (Convenzione di Pretoria, 1881). Intanto, tra il 1890 e il 1895 C. Rhodes assicurava all'Inghilterra il possesso delle Rhodesie. La scoperta di ricchissimi giacimenti di oro nel Witwatersrand riaccese la bramosia degli inglesi, che tentarono di organizzare (1895) nel Transvaal un colpo di stato in sincronia con un'invasione (Jameson Raid), entrambi stroncati dalle truppe boere. L'incidente fu appianato, ma consci ormai del ricorrente pericolo, i boeri del Nord e del Sud si unirono in alleanza militare (1897), mentre le due Rhodesie rimanevano in disparte, fedeli all'Inghilterra. Dopo quattro anni di ulteriori tensioni si venne a una seconda e più drammatica guerra anglo-boera (1899-1902). Nonostante i primi successi, i boeri guidati da Kruger dovettero cedere in campo aperto alla schiacciante superiorità numerica e tecnica degli inglesi, ma continuarono per altri due anni con brillanti azioni di guerriglia, portate fin nella stessa Colonia del Capo, sotto la guida di J. C. Smuts, C. De Wet e P. Botha.
Dal trattato di Vereeiniging ai giorni nostri. La pace fu conclusa col Trattato di Vereeniging (31 maggio 1902). Le due repubbliche boere divennero colonie britanniche, ma con la promessa di una prossima autonomia. Il 31 maggio 1910 le quattro colonie del Capo, del Natal, dell'Orange e del Transvaal vennero riunite per formare una grande federazione, detta Unione del Sudafrica, con carattere di dominion, e con tre capitali: una per l'attività legislativa (Città del Capo), una per l'esecutivo (Pretoria) e una per la Corte Suprema (Bloemfontein). Primo ministro fu il generale Botha, fautore con Smuts della riconciliazione anglo-boera e fondatore dell'African National Party, in seguito South African Party. Il Sudafrica partecipò alla prima guerra mondiale, occupando le colonie tedesche dell'Africa orientale e dell'Africa sudoccidentale, che nel 1919 fu dalla Società delle Nazioni assegnata in mandato all'Unione. Le elezioni del 1924 portarono al governo il Partito nazionalista guidato da J. Hertzog il quale però, di fronte alle difficoltà economiche create dalla crisi del 1929, si coalizzò con Smuts; questo provocava la scissione dell'ala più intransigente del Partito nazionalista, che si ergeva in movimento autonomo (Partito nazionalista unificato) guidato dal reverendo D. Malan. Nel 1931, con lo Statuto di Westminster, l'Unione fu riconosciuta Stato indipendente e membro del Commonwealth. Intanto andavano prendendo piede (anche per la presenza di una forte colonia tedesca) le ideologie naziste per cui Hertzog, nel 1939, tentò di far dichiarare la neutralità del Paese di fronte al conflitto mondiale. La proposta fu respinta e Smuts formò il nuovo governo (1939-48). Il Sudafrica si allineò alle potenze occidentali e il suo esercito si batté brillantemente soprattutto in Africa (Etiopia, Libia) e in Italia. Ma l'opposizione cresceva: essa propugnava la netta separazione razziale (apartheid) e l'esclusione dei non bianchi dai diritti politici, anche se i bianchi erano in assoluta minoranza (1/4 ca.) rispetto ai bantu, ai meticci, ai coloureds e agli asiatici, soprattutto indiani. In questa dottrina rientrava anche la creazione di Stati autonomi per i bantu (Bantustans). Nel 1948, in seguito alla vittoria elettorale del Fronte nazionale, la guida del governo passò a Malan, che diede rapida attuazione ai suoi principi e metodi, e un anno dopo, allorché l'ONU subentrò alla Società delle Nazioni, decise l'annessione dell'Africa sudoccidentale. Nel 1954 si ritirò anche Malan e la sua politica fu continuata da J. Strijdom (1954-58) e alla sua morte da H. F. Verwoerd (1958-66). Esponente del partito degli afrikaners, cioè dei discendenti dei boeri, che si ritenevano ormai un popolo a parte, non meno africano dei bantu, Verwoerd precisò ulteriormente la dottrina dell'apartheid e rafforzò la relativa legislazione e, di fronte all'opposizione del governo inglese a tali sistemi, decise l'uscita dell'Unione dal Commonwealth (1961). Il 31 marzo dello stesso anno, l'Unione si proclamava indipendente (850.000 voti favorevoli contro 775.000 contrari) costituendosi in Sudafrica, con una Costituzione che escludeva i non europei dai diritti politici. Da tempo tuttavia avevano cominciato a formarsi tra i bantu movimenti per il conseguimento dei pieni diritti civili e politici; fra questi si era affermato l'African National Congress (ANC; Congresso Nazionale Africano), fondato sul modello indiano nel 1913 e presieduto dal premio Nobel reverendo A. J. Luthuli. Ma dall'ANC si staccava, nel 1959, l'ala più progressista, sotto la guida di R. Sobukwe. Seguiva un periodo di tensione e di torbidi culminato con il “massacro di Sharpeville” (21 marzo 1960), in seguito al quale le associazioni bantu furono messe al bando. Nel 1966 Verwoerd fu ucciso in Parlamento da uno squilibrato e gli succedette J. Vorster, il quale assunse una linea politica più duttile, ma sempre rigidamente ispirata ai criteri dell'apartheid: proseguì pertanto nel programma di graduale avviamento dei Bantustans all'indipendenza e cercò una possibilità di convivenza con i vicini Stati africani, almeno in termini di rapporti commerciali. Il carattere strumentale di queste “aperture” non poté certo arginare la crescente opposizione interna dei gruppi di colore, cui il governo reagì con pesanti misure repressive. All'interno dell'ANC si sviluppava un movimento di guerriglia, che ben presto dilagava anche nell'abusivo possedimento sudafricano dell'Africa del Sud-Ovest (Namibia). Nel settembre 1978 Vorster rassegnò le dimissioni e fu sostituito dall'ex ministro della Difesa P. W. Botha. Il nuovo capo del governo, in carica fino al 1989, cercò di dare un'impronta più efficientistica alla sostanziale continuità della sua politica. Mentre ogni tentativo di rivolta intestina fu duramente soffocato, le forze armate contrastarono con estrema decisione le azioni dei guerriglieri, senza escludere frequenti e sanguinose puntate contro le supposte basi di appoggio nei Paesi confinanti. Alle iniziative militari si aggiunse il ricatto economico che, grazie alla sua posizione di egemonia, il governo di Pretoria poteva esercitare sulle altre nazioni dell'Africa australe. All'analogo intento di contenere il progressivo isolamento del regime bianco rispose la riforma costituzionale (approvata con referendum nel novembre 1983), che conferiva una rappresentanza parlamentare alle minoranze dei coloureds e degli asiatici, pur confermando per la popolazione nera la formula discriminatoria dei Bantustans. Il Sudafrica cambiò inoltre sistema di governo da parlamentare a presidenziale. Nel 1984 Botha, eletto presidente della Repubblica, concentrò nelle sue mani le cariche di capo dello Stato e del governo. Nel 1985 la situazione peggiorò nuovamente e ripresero con grave intensità le sommosse nelle townships africane che circondano le opulente città bianche. In conseguenza della violenta repressione del 1984-85 numerosi Stati applicarono sanzioni economiche al Sudafrica e Botha, avendo ormai contro tutto il Partito nazionalista, nel 1989 rassegnò le dimissioni. Un periodo di svolta si apriva nella politica interna sudafricana con la presidenza di F. W. De Klerk, già leader del Partito nazionalista: sotto la spinta della comunità internazionale e in concomitanza di un processo di pacificazione regionale che avrebbe portato all'indipendenza della Namibia (marzo 1990), egli infatti attuò un progressivo smantellamento del sistema dell'apartheid, dapprima soprattutto sul piano sociale, fino alla legalizzazione dell'ANC e alla liberazione del suo capo carismatico Nelson Mandela (in carcere dal 1967). Nonostante il manifestarsi di forti resistenze estremistiche, De Klerk proseguì nei suoi intenti abrogando le norme sulla segregazione razziale (1991) e attivando il processo di revisione costituzionale. Le complesse trattative, ostacolate anche da violenti scontri all'interno della comunità nera tra gli zulu organizzati nell'Inkhata e i militanti dell'ANC, portò all'approvazione di una Costituzione provvisoria, approvata da De Klerk, Mandela e altre forze politiche e successivamente anche dal Parlamento. Si aprì così la strada alle prime elezioni multirazziali nella storia del Paese (27 aprile 1994). Queste, nonostante i segnali negativi con la ripresa degli scontri tra ANC e zulu e nuove manifestazioni intimidatorie della destra bianca, si svolsero regolarmente assegnando la vittoria a Nelson Mandela che divenne capo dello Stato (9 maggio), mentre De Klerk assumeva la vicepresidenza. Nei primi mesi del 1995 si registrarono forti contrasti nella coalizione governativa, tra l'ANC e il Partito nazionalista, sulla proposta di istituire una commissione d'inchiesta sui crimini commessi dalla polizia nel periodo dell'apartheid e si inasprì la situazione nel Natal con duri scontri tra militanti dell'ANC e sostenitori del partito zulu Inkhata. Nel novembre 1995 le prime elezioni amministrative libere vennero nettamente vinte dall'ANC, nonostante le polemiche provocate dalle accuse di corruzione mosse alla moglie di Mandela, Winnie, costretta a dimettersi dalla carica di ministro della Cultura (ma rientrata quasi subito in politica, in virtù dell'elezione a presidente della Lega delle Donne dell'ANC). Nel maggio 1996 il Parlamento approvò con voto plebiscitario la nuova Costituzione, dando un assetto politico definitivo al Sudafrica del dopo-apartheid. Tale Costituzione, modificata in ottobre nella parte relativa ai poteri delle province, come disposto dalla Corte Costituzionale su ricorso del Partito nazionale (NP) e dell'Inkatha, entrò in vigore nel 1997. Nelle elezioni del 1998 Mandela, allo scadere del suo mandato, lasciò la vita politica e gli succedette il vicepresidente Thabo Mbeki (qualche mese prima anche l'ex presidente De Klerk si era ritirato dalla vita politica, abbandonando la guida del Partito nazionale). Jacob Zuma divenne vicepresidente (carica lasciata nel 2005). Alla fine del 1998 la Truth and Reconciliation Commission (Commissione per la verità e la riconciliazione), istituita nel 1996 nonostante i forti contrasti e presieduta da Desmond Tutu, alla conclusione dei lavori presentò un rapporto di netta condanna nei confronti non solo dell'ex presidente Botha, ma anche di Winnie Mandela, dello stesso ANC e della Chiesa. Nel luglio 2002 nasceva ufficialmente a Durban (dalla OUA) la nuova Unione Africana (UA) alla presenza di 52 capi di stato del continente. Le elezioni legislative dell'aprile 2004 facevano registrare la notevole affermazione dell'ANC, che si confermava il primo partito: Mbeki venne riconfermato alla presidenza. Restavano gravi i problemi legati alla diffusa povertà, che alimenta il degrado ambientale, la delinquenza e le malattie, in particolare la diffusione dell'AIDS: si stima che il Sudafrica abbia la percentuale di contagiati dal virus più alta del mondo. Nel 2003 il governo presentava un piano sanitario che prevedeva di mettere a disposizione della sanità pubblica i farmaci antiretrovirali, consentendo così ai malati di AIDS di essere curati gratuitamente. Nel settembre del 2008, in seguito alla sfiducia data nei suoi confronti dall'ANC, il presidente Mbeki annunciava le sue dimissioni e il parlamento eleggeva come successore provvisorio Kgalema Motlanthe. J. Zuma, leader dell'ANC dal 2007, si candidava alla presidenza e nel maggio del 2008, in seguito alle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale, assumeva questa carica.






