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#inviaggio | Scienza e filosofia dialogano in una mostra
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Foto: A. Molinari ®
Inaugurata lo scorso 18 novembre in occasione della Giornata mondiale della Filosofia, chiuderà i battenti il prossimo 5 giugno. C’è quindi ancora tempo per visitare la mostra temporanea allestita presso Palazzo delle Albere a Trento “Il Viaggio Meraviglioso. Tra scienza e Filosofia”, ideata dal presidente del MUSE – Museo delle Scienze di Trento, professor Stefano Zecchi, e curata dalla dott.ssa Beatrice Mosca. Un viaggio, già, che come tutti i percorsi esplorativi è impegnativo, suggestivo, non sempre intuitivo, ma in ogni caso ricco di spunti, riflessioni, domande e questioni che vengono a galla sulla superficie delle nostre esistenze nel corso di una storia popolata da uomini pensatori.
La mostra segue un filo multimediale tra luci, musica, immagini, installazioni, video, parole, personaggi, voci, una narrazione immersiva rappresentata anche attraverso spezzoni di teatro che scandiscono i capitoli della trama e costituiscono un viaggio all’insegna dell’amore per il sapere, quell’amore che accomuna tutte le scienze, radice e principio ispiratore della Filosofia che, nelle parole della Direttrice Generale dell’UNESCO Audrey Azoulay, è “pratica quotidiana che può trasformare la realtà”.
In effetti è molto azzeccata questa definizione: la Filosofia è pratica, nonostante il pensiero comune che la relega a un’occupazione per sfaccendati, persi a riflettere sui massimi sistemi anziché rimboccarsi le maniche e darsi da fare. Ma per chi con la Filosofia ha una certa confidenza – e magari mastica anche qualche studio classico – il suo valore di praxis, di pratica che appunto allarga il senso del fare e dell’agire a un cammino, a un viaggio esplorativo e a un percorso di ricerca è evidente, ancor più se contrapposto alla poiesis¸ quella pratica che invece resta sul piano più concreto del fabbricare, costruire, produrre.
Insomma, nel suo incontro con la scienza, questa mostra è un pungolo prezioso allo sviluppo del pensiero critico indipendente, offrendo spunti per provare, ancora una volta e ancora, a com-prendere la complessità del mondo anche alla luce di un rapporto burrascoso con il sapere, che in certe occasioni si è fatto anche strumento per compromettere lo sviluppo dell’uomo stesso nel suo rapporto con la natura per esempio, o nella sua socialità.
La mostra è un tentativo di esplorazione, che accompagna in un’esperienza guidata che attraversa stanze – e temi – cari alla storia delle arti del sapere – e al loro incrociarsi “meraviglioso”: dal mito al logos, alla fede, alla scienza moderna e all’umanesimo, al cosmo, al tempo, il mondo sembra estremamente piccolo e minimo, ma al contempo incommensurabilmente grande nel suo mistero. Ed è proprio la meraviglia, fin dai primi anni di vita, quel sentimento che innesca la curiosità, la capacità di interrogarsi, il desiderio di esplorare e comprendere, che tendenzialmente si perde nelle gole dell’età adulta ma che se custodito con cura e coraggio continua a farsi miccia di crescita interiore e di avvicinamenti, di relazioni con l’Altro in tutte le sue innumerevoli e variegate forme.
Da persona che da anni si muove tra quelle pagine di realtà vergate dalle Scienze Filosofiche quasi mai con delicatezza ma sempre con l’ostinazione a volte cruda e spesso scomoda della verità e della scoperta, mi sono chiesta se questa mostra non fosse “troppo”: troppo densa di riferimenti classici e dotti nonostante l’allestimento pop, troppo ricca di stimoli condensati tra le pareti, troppo intensa per chi non abbia dimestichezza anche semplicemente con un lessico stratificato di interpretazioni e chiavi di lettura. Un dubbio passeggero, che è evaporato presto tra alcune considerazioni.
Un primo pensiero è stato sulla necessità impellente e non schivabile di “alzare il tiro”, e dunque sulla scelta encomiabile di osare, portando per mano il visitatore a esplorare quella che Vygotskij ha chiamato “zona prossimale di sviluppo”, non troppo lontani dalle proprie certezze rassicuranti ma mettendo il naso fuori di esse, lasciandosi a volte anche disorientare dall’incomprensibile, da ciò che ci sembra più grande e fuori portata, e prendendo contatto con quell’esperienza cui molti forse preferirebbero riferirsi con la più inflazionata espressione di “uscita dalla zona di comfort”.
Un secondo pensiero è sorto poi intorno al rapporto tra conoscenza e amore – da un lato un sentimento orientato prevalentemente alla scienza, alla ricerca e alla dimostrazione e dall’altro un sentimento che tende a farci muovere i passi oltre la sfera della razionalità: moti dell’animo che si alternano in un tempo senza tempo alla ricerca di senso, si sostengono, si confrontano, si desiderano e spesso si incontrano nella vita, o nell’immagine di copertina della mostra a cura di Alessandro Sanna, o nella stessa parola Filo-sofia. E se la Giornata Mondiale della Filosofia si celebra ogni anno il terzo giovedì di novembre ed è stata ideata dall’UNESCO come occasione per ricordare il valore imperituro della filosofia per lo sviluppo del pensiero umano, di questa mostra vi raccontiamo oggi perché è ogni giorno, indipendentemente dalle ricorrenze, che vale la pena ribadire l’importanza di quel principio del conoscere per amare e dell’amare per conoscere, a cui la Filosofia dedica senso ed esistenza.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.