Un anno dopo, siamo ancora in guerra

Stampa

Un anno dopo, siamo ancora in guerra. Ricordare questi 365 giorni dalla folle e inaccettabile aggressione russa all’Ucraina costringe a mettere in fila alcune riflessioni. Molte sono state già scritte e commentate in questi lunghi mesi di morte e distruzione, ma ripeterle è utile per capire dove siamo arrivati tutti, nessuno escluso. Iniziamo.

  • Il prezzo di questa guerra lo pagheranno i nostri figli e i nostri nipoti, in modo molto più oneroso di quanto riusciamo a immaginare. Lo pagheranno in termini di terre aride che aumenteranno, di assenza di acqua, di coste erose dall’innalzamento del mare, di temperature sempre più calde. La guerra in Ucraina, con il suo anno di combattimenti e la contemporanea, folle, paura del Mondo di restare senza gas e petrolio, ha sepolto definitivamente la speranza di contenere il cambiamento climatico. Non riusciremo a tenerlo sotto la soglia del +1,50 gradi medi di aumento e questo significa solo una cosa: il disastro. Meglio preparare un piano B di sopravvivenza, perché la nostra specie rischia l’estinzione.
  • Il Mondo per come lo conoscevamo non esiste più. Questa guerra sta ridisegnando i confini delle aree d’interesse e influenza delle grandi e medie potenze, ridefinendo rotte commerciali, alleanze e modelli culturali. A governare il Pianeta è l’asse asiatico, che ha nella Cina il proprio propulsore. L’incontro di questi giorni fra governi di Mosca e Pechino ha ribadito l’assoluta intenzione della Cina di tenere la Russia legata ad un progetto politico-militare di largo respiro. La risposta degli Stati Uniti è nel rilancio - accettato per debolezza e convenienza dall’Unione Europea - della Nato, come organizzazione militare di dissuasione e minaccia. La ridefinizione delle aree e dei ruoli ha dato il colpo definitivo allo strumento che per due decenni pareva vincente e innovativo nelle relazioni internazionali: la cooperazione. Oggi, il confronto è tornato ad essere di tipo “imperiale”, basato sulla forza e lo scontro periferico, delegato. L’Ucraina ne è l’esempio più drammatico.
  • La ridefinizione di campi d’interesse e alleanze ha avuto, come ulteriore conseguenza, la scomparsa di “agenti terzi”, cioè di Paesi in grado - in situazioni di questo genere - di proporsi come negoziatori obiettivi e privi di interesse. Oggi, non c’è nessuno che possa pensare di mediare fra Russia e Ucraina. Tutti sono in qualche modo coinvolti e sono portatori di interessi specifici. Contemporaneamente, l’Onu - che per carta istitutiva e statuto sarebbe il luogo dove mediare - non ha alcuno strumento utile e serio per provare a mettere fine non solo a questa tragica guerra, ma alle troppe, più di 30, che in contemporanea si combattono nel Mondo. L’unica cosa sensata da fare sarebbe avviare la riforma delle Nazioni Unite, mettendola come punto fermo dei programmi di governo dei Paesi che si definiscono “democratici e guardiani dei diritti umani”.
  • L’analisi che facciamo, giorno dopo giorno, di questa guerra, dimostra che siamo ancorati a schemi ottocenteschi, quelli che mettono gli “interessi dello Stato e del sistema” prima di ogni cosa. Se guardassimo a questa guerra - e a tutte le altre - aprendo una diversa finestra sul Mondo, riusciremmo a trovare strumenti di intervento sia per la prevenzione, sia per la costruzione della pace. Dobbiamo sostituire la visione della geopolitica, con la visione della geografia dei diritti umani, leggendo con quella griglia - diritto al lavoro, alle libertà individuali e collettive, alla salute, all’istruzione - quello che accade e quali scelte fare nelle relazioni internazionali. Questo non eviterebbe lo scontro nel breve, ma cambierebbe le regole del gioco - penso al regime degli investimenti all'estero, degli scambi commerciali- nel medio-lungo periodo. La dimostrazione l’abbiamo proprio con questa guerra: abbiamo avuto a disposizione otto anni per tentare di evitarla. Non abbiamo voluto, non ci interessava farlo. Era geopoliticamente più interessante continuare a fare affari con Putin e con Kiev, immaginando che l’interesse di tutti fosse il nostro: evitare di alzare il livello della guerra che già era in corso.

Questo quello che abbiamo davanti oggi, 24 febbraio 2023, un anno esatto dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Abbiamo un quadro desolante, dipinto con alcune centinaia di migliaia di morti fra soldati e civili, con città e strutture distrutte, con 7milioni di persone in fuga. Abbiamo, soprattutto, la certezza che continuare la corsa al riarmo serve solo a prolungare una guerra che non ha vincitori sul campo e che, in queste condizioni, non può avere vincitori nemmeno al tavolo negoziale. Ci stiamo strozzando e, con noi, strozziamo il Pianeta, senza trovare risposte capaci di evitare che in Ucraina si continui a morire.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

Ultime notizie

L’inizio dell’offensiva terrestre israeliana e l’esodo di massa da Gaza City

17 Settembre 2025
Israele conferma che l’offensiva ha provocato un esodo senza precedenti. (Giacomo Cioni)

Dossier/ Materie prime critiche (4)

17 Settembre 2025
Oltre a quelli ambientali, l’estrazione di minerali critici comporta una serie di impatti diretti sulla vita di diversi gruppi vulnerabili. (Rita Cantalino)

Il blocco del porto di Trieste

16 Settembre 2025
Il blocco del porto di Trieste contro le armi per Israele e per l’applicazione del Trattato di pace. La mobilitazione di USB. (Laura Tussi)

L’E-Mobility in stallo?

15 Settembre 2025
La mobilità elettrica potrebbe scaricarsi: colpa di costi, filiere e infrastrutture. (Alessandro Graziadei)

Dipendenze digitali

15 Settembre 2025
Nell’era dell’iperconnessione, le dipendenze digitali rappresentano una sfida crescente per le giovani generazioni, con effetti sempre più evidenti sul benessere psicologico, relazionale e scolasti...

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad