Traditi dalla cacca

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Chissà se volevano farsi trovare. Oppure se avrebbero preferito starsene lì, ignorati e ignari, tra i ghiacci dell’Antartide. Ma è accaduto. Le immagini satellitari li hanno scovati, traditi dalla cacca.

Una colonia di pinguini imperatore (Aptenodytes forsteri) è stata avvistata per caso in una delle più remote e inaccessibili regioni dell’Antartide: si tratta di circa 1000 uccelli adulti in coppie con vari piccoli, che vanno ad aggiungersi alle altre 65 colonie di pinguini imperatore note e presenti lungo nella regione, metà delle quali scoperte proprio grazie alle immagini satellitari. Durante gli ultimi 15 anni gli scienziati hanno cercato nuove colonie setacciando le immagini raccolte dai satelliti, in particolare focalizzandosi su tracce di guano, il cui colore marrone scuro rende molto più facilmente identificabile la presenza di individui sullo strato di ghiaccio bianco.

La colonia più recente è stata individuata a Verleger Point, nell’Antartide occidentale, e scoperta grazie alle immagini della missione satellitare dell’Unione Europea Copernicus Sentinel-2, confermate poi dalle immagini ad alta definizione di un secondo satellite, il Maxar WorldView-3, che rileva oggetti di dimensioni fino a 30 cm. “Si tratta di una scoperta entusiasmante” ha dichiarato in un primo momento il Dr. Peter Fretwell della British Antarctic Survey (BAS), che ha condotto la ricerca. Ma l’entusiasmo è durato poco perché anche questa, come tutte le altre colonie della regione, sta soffrendo le conseguenze del cambiamento climatico.

Anche se la scoperta risale a dicembre scorso, la notizia è uscita solo di recente perché il 20 gennaio è il Penguin Awareness Day. E di consapevolezza, su quello che accade ai pinguini, il mondo ne ha un discreto bisogno. I pinguini imperatore sono i più alti e pesanti tra tutti i pinguini del mondo (ca. 1 metro x 45 kg) e sono gli unici che si riproducono sul ghiaccio anziché sulla terra. E, lo sappiamo, i ghiacci dell’Antartide sono messi a dura prova dal riscaldamento globale a causa proprio della loro costante fusione. Si tratta inoltre di zone pressoché inaccessibili e quindi le colonie sono molto difficili da studiare o da avvicinare, vivendo peraltro a temperature che si attestano intorno ai -60°C. Questi pinguini hanno bisogno che il ghiaccio rimanga solido tra aprile e settembre per poter garantire ai pulcini il tempo di crescere robusti a sufficienza per affrontare i mesi successivi. Cosa che si fa sempre più difficile e rischiosa e che li rende molto vulnerabili a causa dell’innalzamento delle temperature che, fondendo il ghiaccio prima del tempo mette i piccoli a rischio di cadere in acqua e congelare o annegare prima di essere in grado di nuotare e sopravvivere autonomamente. 

La dimensione stessa della colonia ha un rilevante impatto sulla sua sopravvivenza: i pinguini imperatore si stringono insieme in gruppi compatti proprio per proteggersi dalle tempeste di neve e ghiaccio, soprattutto nei due mesi in cui i maschi covano le uova prima che si schiudano. Più di una colonia si è dispersa a causa della fusione del ghiaccio, inclusa una a Marguerite Bay (studiata fin dagli anni 40 del secolo scorso) e un’altra a Halley Bay, che era stabile da 50 anni.

Le parole di Fretwell sono crude, ma inevitabilmente vere. “La maggior parte dei pinguini imperatore non vedrà un umano per tutta la sua vita. Ma quello che noi umani stiamo facendo dall’altro lato del mondo li sta lentamente uccidendo”. Dal 2015 la fusione dei ghiacci marini in Antartide ha subito un’accelerazione drammatica, che comporta conseguenze per i pinguini così rapide e allarmanti da non poter essere nemmeno studiate adeguatamente. E in questi mesi 2022-2023 le condizioni sono le peggiori di sempre. Ricerche precedenti l’avevano già predetto: oltre il 90% delle colonie andrà perduto per la fine del secolo se non si metteranno in campo adeguate azioni volte a ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. Di fatto per i pinguini c’è davvero poco da fare se non contenere/ridurre in maniera netta e decisa il riscaldamento globale. “Possiamo proteggere le aree di approvvigionamento vietando la pesca ma è la fusione dei ghiacci il vero problema e non può essere risolto su scala locale” ha ribadito Fretwell a The Guardian. I pinguini imperatore sono classificati come specie minacciata nell’ Endangered Species Act negli Stati Uniti.

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