Precariato: lavoro a tempo determinato e salari bassi dilagano in Italia

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Foto: da Pixabay.com

Terminata l’emergenza Covid-19, il mercato del lavoro appare ancora «intrappolato nella precarietà»: dei nuovi contratti attivati nel 2021, sette su dieci sono a tempo determinato, il part time involontario coinvolge l’11,3% dei lavoratori (contro una media Ocse del 3,2%), solo il 35-40% dei lavoratori atipici passa nell’arco di tre anni ad impieghi stabili, i lavoratori poveri rappresentano ormai il 10,8% del totale.

Il nostro poi è l’unico Paese dell’area Ocse nel quale, dal 1990 al 2020, il salario medio annuale è diminuito (-2,9%), mentre in Germania è cresciuto del 33,7% e in Francia del 31,1% e dove le politiche in tema di sostenibilitàsono state adottate appena dall’8,6% delle imprese, di queste la gran parte solo per il miglioramento nella gestione dei rifiuti, dove invece resta una chimera la creazione di filiere ecosostenibili (appena 1,2%) e per la produzione/consumo di energie da fonti rinnovabili (3,1%).

È quanto emerge dal “Rapporto Inapp 2022 – Lavoro e formazione, l’Italia di fronte alle sfide del futuro” presentato ieri alla Camera da Sebastiano Fadda, presidente dell’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), con la partecipazione del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Calderone.

Il mondo del lavoro in Italia: la lenta crescita dell’occupazione

In Italia il tasso di occupazione, sceso dal 58,8 al 56,8% all’inizio della pandemia, ha ripreso a crescere solo nel 2021 e ha impiegato 18 mesi per tornare ai livelli pre-crisi. Nei Paesi Ocse la risalita era già consistente nel secondo trimestre 2020 e si è completata in 15 mesi.

Nel 2021 sono stati 11.284.591 le nuove assunzioni, con prevalenza della componente maschile: 54% contro il 46% per le donne.

Precariato: tempo determinato e contratti di lavoro atipici

Nel 2021 il 68,9% dei nuovi contratti è a tempo determinato (il 14,8% a tempo indeterminato). Nell’insieme il lavoro atipico (ovvero tutte quelle forme di contratto diverse dal contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato full time) rappresenta l’83% delle nuove assunzioni, con un aumento del 34% negli ultimi 12 anni.

Il rapporto rivela il crescente aumento dei contratti non standard, diffusi dopo la prima crisi 2007-2008 è diventati strutturali dopo la ripresa post-covid. Lo dimostra un’analisi comparata longitudinale per i periodi 2008-2010, 2016-2018 e 2018-2021 su chi svolgeva un impiego precario.

In tutti questi periodi la «flessibilità buona» ha portato a un’occupazione stabile tra il 35% e il 40 per cento.

Dei rimanenti, sempre a distanza di tre anni, una quota ha continuato a svolgere un lavoro precario (tra il 30 e il 43% a seconda del triennio), un’altra ha perso l’impiego ed è in cerca di lavoro (16-18%), un’altra ancora è uscita dalla forza lavoro dichiarandosi inattiva (17% nel 2021, nel 2010 era il 3%).

Si riduce l’orario di lavoro

Nel 2021 il part time involontario (la quota di lavoratori che svolgono un lavoro a tempo parziale non per scelta) rappresenta l’11,3% del totale dei lavoratori, contro il solo 3,2% nell’area Ocse. Allo stesso tempo, la tendenza alla riduzione dell’orario di lavoro sembra non arrestarsi e il prodotto per singola ora è bloccato dal 2000 rispetto a tutti i Paesi, non solo membri dell’Unione europea...

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