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Più welfare meno warfare
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Attenzione. In Italia sta per essere smantellata parte della cultura riformatrice che ha portato ad una serie di risultati sorprendentemente efficaci nel campo della riabilitazione che ha portato molte persone con disabilità ad uscire dalle proprie case per finalmente abitare le città grazie ad ausili, assistenza personale, vita indipendente, guida, mobilità personale, permessi lavorativi, inclusione scolastica, e via elencando come ci ricorda Franco Bomprezzi dal suo Blog. Uno smantellamento in un colpo solo dell'ormai storica legge 104, la legge 68/99 sul lavoro, la legge anti discriminazione 67/2006 e l’adozione della Convenzione Onu.
L'obiettivo, secondo Carlo Giacobini, è “recuperare con certezza 24 miliardi dagli interventi su fisco e assistenza. Ciò ha comportato l’approvazione di un comma che prevede una diminuzione di moltissime agevolazioni fiscali per la maggioranza dei contribuenti. Per l’esattezza la diminuzione sarà pari al 5% dal 2013 e al 20% nel 2014. Gran parte di queste riduzioni riguardano le famiglie e investono le più comuni detrazioni e deduzioni che la maggioranza dei contribuenti applica al momento della presentazione della denuncia dei redditi: detrazioni per lavoro dipendente, deduzioni per la prima casa, detrazioni forfettarie per carichi di famiglia (figli, coniuge…), detrazioni per spese sanitarie e così via. Fra le agevolazioni viene ridotta anche la possibilità di dedurre le spese mediche di assistenza specifica per le persone con grave disabilità (es. infermiere, fisioterapista) nonché di detrarre le spese per ausili, veicoli, sussidi tecnici informatici, cani guida per non vedenti, deduzioni e detrazioni per le badanti. Questa riduzione sostanziale inciderà su tutte le famiglie ma in modo ancora più decisivo sui nuclei in cui è presente una persona anziana non autosufficiente o con disabilità”.
Questi tagli sistematici e chirurgici avranno come conseguenza una contrazione dei consumi sociali e dei servizi destinati alle persone. Meno assistenza familiare, meno mobilità, meno ausili, meno riabilitazione, meno visite specialistiche, meno tecnologie, meno auto adattate, solo per citare le cose più evidenti. In compenso, specie per gli anziani, le famiglie cercheranno di nuovo soluzioni pratiche e a basso costo di tipo residenziale, quelle che una volta si chiamavano “case di riposo, ospizi o RSA”. Se è vero come dice l’Istat che il 5,2 % della popolazione italiana vive in stato di povertà, non è arduo immaginare che in questa fascia si collocano soprattutto famiglie fragili, famiglie provate dai casi della vita, dalle malattie, dalla mancanza di lavoro e di prospettive.
Fino ad oggi la coesione sociale era garantita dal fatto che i ceti medio-bassi, all’interno dei quali si colloca la stragrande maggioranza delle famiglie con persone disabili o non autosufficienti per l’età, riuscivano a non staccarsi del tutto da tenori di vita dignitosi, e da un livello di consumi accettabile (comprendente, ad esempio, una vacanza, una pizza in compagnia, uno spettacolo, un computer, un televisore). Nei prossimi tre anni il rischio è che questa ampia parte della nostra società collassi, o si debba affidare quasi totalmente alla beneficenza, al volontariato solidaristico, alla sussidiarietà sotto forma di “carità compassionevole”.
Il mondo della disabilità termina, a questo punto, la sua parabola di crescita civile, legislativa e sociale – continua Bomprezzi - entrando in una fase calante, di pura difesa dell’esistente.
Per uscire da questo tunnel senza impazzire, occorre uno scatto di orgoglio della società civile, una reazione politica trasversale, non ideologica, concreta e virtuosa, che riparta dai fondamentali della nostra legislazione, e cerchi di porre un argine allo smantellamento delle prestazioni e delle tutele sin qui faticosamente conquistate.
Veniamo alle soluzioni di sempre: più welfare – meno warfare. Altreconomia c'informa che il costo degli F35 sta lievitando in modo pauroso. Scrive Francesco Vignarca: “ai costi attuali l'acquisto dei 131 aerei F35/JSF, comporterebbe per l'Italia una spesa di oltre 17 miliardi di euro, a cui bisognerebbe aggiungere i costi dei propulsori, stimabile in 7,3 milioni di dollari ad esemplare: “calcolato in euro e moltiplicato per il numero degli aerei in acquisto con i soldi dei contribuenti italiani sono altri 735 milioni di euro”.
Se aggiungiamo a questi conteggi i soldi già spesi dall'Italia per le prime fasi di sviluppo e per la costruzione delle strutture di Cameri otteniamo un salatissimo conto complessivo di 20 miliardi di euro, addirittura molto più alto delle stime allarmanti e assolutamente non convenienti da sempre esplicitate dalle campagne disarmiste create contro l'acquisto di questi super-caccia”.
E la politica che fa? Risponde con un “maquillage”. Visti gli umori fuori del palazzo vengono avanzate le prime modestissime ipotesi. Ma non ci siamo. Qui si ragiona ancora in termini di milioni di euro quando una scelta draconiana, storica e responsabile dovrebbe ragionare in termini di miliardi di euro. O vale solo per i poveri Cristi?