Ora cominceremo a dimenticare

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Silvio Berlusconi - Foto: Wikipedia.org

Ora cominceremo a dimenticare.

Cominceremo a dimenticare come trattava le donne, con i bunga bunga, i condomini-harem per averle a disposizione, le barzellette spinte, le nipoti minorenni di Mubarak.

Cominceremo a dimenticare le mazzette pagate alla mafia per essere tranquillo, le tangenti pagate per fare affari, le evasioni fiscali, i falsi in bilancio depenalizzati.

Dimenticheremo le leggi fatte approvare per coprire i buchi aziendali, per aiutare gli affari, per evitare i processi, per favorire gli amici.

Non ricorderemo il malgoverno, l’incapacità di pensare allo Stato come “luogo comune” e non come “proprietà privata”, i fascisti resi presentabili, le violenze del G8.

Scorderemo il sistematico smantellamento della cultura, del senso di comunità, la paziente costruzione – tramite tv, radio e giornali – di una cultura individuale e individualista, centrata sula menzogna del “chiunque può tutto”.

Soprattutto, però, fingeremo di non sapere che Silvio Berlusconi, monarca d’Italia per quasi 40anni – ben prima di scendere in campo” nel 1994 – è stato l’esatto specchio di ciò che siamo noi italiani. E’ stato l’uomo che ha incarnato ciò che davvero i cittadini di questo Paese vogliono essere. E’ stato il macho che possiede donne, soldi e potere, con buona pace delle donne che si ribellano.. E’ stato l’uomo al di sopra delle leggi. E’ stato l’evasore fiscale che la fa franca. E’ stato il furbo che sa sfruttare le occasioni in barba e alla faccia di chiunque altro. E’ stato l’opportunista che ha saputo vincere per sé stesso.

Berlusconi è stato un effetto, non è mai stato la causa dei mali dell’Italia.

Esattamente come per il fascismo, Berlusconi lo abbiamo nella nostra pancia, nella nostra testa, nel nostro cuore. Ce lo portiamo dentro, trasformato nel vessillo “dell’essere italiani”. Morto lui, resteremo in attesa di un altro “messia”, capace di farci sentire bene con le nostre contraddizioni e i nostri errori.

Per quasi 40 anni, Berlusconi ha sgravato ognuno di noi da responsabilità e problemi.

Per questo, nonostante mafia, condanne penali, dubbia moralità, furbate, molti lo rimpiangeranno. E ci racconteremo che, infondo, quando c’era Lui i treni arrivavano in orario.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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