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La crescente presenza della Russia e di Wagner in Africa
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Immagine: Atlanteguerre.it
Il 15 maggio è stata annunciata la decisione del Governo guidato dalla giunta militare del Mali di uscire dal G5 Sahel, la forza congiunta anti-jihadista che riunisce i Paesi saheliani in un’alleanza militare con il sostegno di Parigi. Il Presidente del Niger Mohamed Bazoum, ha così commentato al quotidiano francese La Croix la decisione del Mali sul G5 Sahel : «Il G5 è morto» , e accusa il Mali di aggravare la già difficile situazione della sicurezza nell’area: «Il nostro confine con il Mali è sotto il controllo dello Stato islamico del grande Sahara, Bamako non ha mai preso il controllo degli avamposti in quest’area». In un’intervista a Rfi*, Ismaël Sacko, Presidente del Partito socialdemocratico africano (uno dei partiti maliani che si oppongono alla giunta militare) ha detto che «Abbiamo notizie secondo cui la catena di comando non è rispettata, questo potrebbe spiegare perché il colonnello Assimi Goita preferisce affidare la sicurezza ai “wagneriani” russi.
La presenza crescente in Africa degli istruttori militari della Russia, e quella più oscura del famigerato gruppo Wagner, si giustificherebbe proprio con il contrasto alle forze jihadiste che operano, non solo nel Sahel. In realtà, il ruolo che questi due aspetti dell’attivismo della Russia giocano nel continente africano parrebbe assai diverso, e costellato di ripetute violazioni dei diritti umani. Al punto da essere oggetto di indagine da parte delle Nazioni Unite.
La Missione Integrata delle Nazioni unite per la stabilizzazione nella Repubblica centroafricana (Minusca) é stata incaricata il 15 aprile scorso di un’indagine sul presunto massacro di 10-15 persone da parte delle forze russe e forse del Gruppo Wagner nei villaggi di Gordile e Ndah nella Repubblica Centrafricana. Gli esperti delle Nazioni Unite nel loro rapporto del giugno 2021 sul Paese africano, avevano indicato gli “istruttori” mercenari russi come responsabili di numerose violazioni del diritto umanitario internazionale, come uccisioni indiscriminate, torture, violenze sessuali e saccheggi su larga scala. Nelle 184 pagine del rapporto, la Russia è stata citata per nome più di 240 volte, molto più di altre forze armate note per aver commesso violenze nel Paese.
Ma già l’anno scorso, la Russia ha impedito al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di nominare nuovamente gli esperti Onu che monitorano tali crimini. È stato formato un nuovo gruppo di specialisti, ma ancora non é chiaro se essi . La presenza dei mercenari del Gruppo Wagner, legato al Cremlino in modo opaco, ma inequivocabile, nella Repubblica Centrafricana, é da collegare soprattutto alle sue risorse minerarie, fra cui le ricche miniere di diamanti. Gli esperti dell’Onu monitorano le violazioni rispettivamente nella Repubblica Centrafricana, nel Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e in Somalia. Per giustificare la sua decisione, la Russia ha citato la mancanza di una composizione geograficamente equilibrata e l’inclusione di persone di parte come monitor.
La presenza russa in Africa
La crescente presenza di Mosca in Africaè strategica. Il primo incontro al vertice della Russia con i leader africani si è tenuto a Sochi nel 2019, ed aveva per oggetto il commercio e altri accordi di carattere economico, ma si è poi tradotto soprattutto in azioni di tipo militare. I mercenari del Gruppo Wagner, legato allo Stato russo, che operano, oltre che in Mali e in Burkina Faso, anche nella Repubblica Centrafricana, è stato oggetto di pesanti controlli per quanto riguarda i diritti umani e altri abusi. La Russia, afferma che i suoi istruttori sono lì per fornire addestramento militare e operano disarmati. Il Gruppo Wagner fa capo a Yevgeny Prigozhin, un oligarca vicino al Cremlino e talvolta definito “lo chef di Putin”. Prigozhin è collegato anche alla Internet Research Agency con sede a San Pietroburgo, una “fabbrica di troll” accusata di interferenze nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016, in cui venne eletto Donald Trump...