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Il microcredito tra moda e mancate promesse
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Foto: micheile dot com da Unsplash.com
Il principio del microcredito è tanto semplice quanto rivoluzionario: prestando denaro, in piccoli importi, a chi ne ha un beneficio marginale molto grande, perché si trova in una condizione di bisogno rilevante, si possono ottenere ottimi risultati di carattere sia finanziario (il prestito avrà alte possibilità di essere restituito) sia di impatto sociale (la persona userà quel denaro per la propria emancipazione sociale, il proprio sviluppo umano, quello della sua famiglia).
L’idea è ben più antica della stessa definizione di microcredito, e lega insieme tutte le istanze sociali applicate alla finanza che si sono osservate nei secoli: dai monti di pietà alle casse cooperative, dagli esperimenti di monete alternative alla più recente finanza etica.
Insomma, il microcredito ha antenati illustri – tra i molti Robert Owen, Leone Wollemborg, Luigi Luzzatti, Beatrice Potter – che ne hanno costruito riferimenti teorici e collaudate pratiche, ben prima di essere trasformato nell’idea e nella narrazione che ne conosciamo oggi, soprattutto grazie a Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank in Bangladesh e per questo premiato con il Nobel per la Pace nel 2006.
A partire dalla fine degli anni ‘90 del XX secolo, quello dell’inclusione finanziaria dei soggetti non serviti dalle banche (e per questo appellati con il brutto termine di “non bancabili”) è diventato prima un tema di policy, a livello globale, poi un significativo filone di business nei paesi emergenti del pianeta, e non solo.
In base agli ultimi dati disponibili (2018), l’industria della microfinanza serve circa 140 milioni di persone, di cui i quattro quinti sono donne e i due terzi vivono in aree rurali.
La crescita del settore è stata forte negli ultimi decenni, con una media del 12% annuo tra 2014 e 2018. Dal 2010 l’Italia ha una normativa specifica per il microcredito. Che è frutto della consapevolezza del legislatore, e delle autorità di supervisione sul mercato bancario, che le fasce marginali della popolazione sono in aumento anche nel nostro Paese e che, soprattutto, i nuovi assetti del mercato finanziario e bancario tendono ad escluderle più che in passato dall’offerta di credito (si vedano in proposito anche i precedenti approfondimenti di Money 4 Nothing, qui, qui e qui)...