Il flop dei decreti flusso

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Ore 19.00 del 22 marzo: il Portale servizi del Dipartimento delle Libertà Civili e l’Immigrazione è bloccato. Appena viene compilata una pagina con i dati richiesti, il sistema espelle l’utente, obbligandolo a ricominciare da capo.

Come stabilito dal Governo, la possibilità di precompilazione delle istanze sarebbe dovuta terminare proprio quel 22 marzo alle 20.00.

A meno di un’ora dallo scadere del tempo, sul sito ministeriale appare un nuovo avviso: il termine per la precompilazione è stato posticipato alle 13.00 del 24 marzo.

La precompilazione non era obbligatoria, ma permetteva che l’istanza potesse essere inviata in modo più rapido il lunedì successivo. Prima viene esaminata l’istanza, più possibilità ci sono di rientrare nella quota prevista e ottenere il nullaosta per il lavoratore. Le domande, infatti, vengono prese in considerazione in ordine cronologico di arrivo. È così che il famigerato click day è diventato una gara contro il tempo ed ecco perché era così importante rientrare nelle tempistiche della precompilazione.

Il 27 marzo è stato, appunto, il click day, giorno a partire dal quale si sono potute inviare le richieste di nullaosta per visti da rilasciare ai lavoratori extracomunitari, che quest’anno entreranno in Italia come forza lavoro. 

I richiedenti, imprenditori da ogni parte del Paese, attendono puntuali le 9.00 del mattino, orario in cui il sistema ha permesso di rientrare ed effettuare il fatidico click di invio dell’istanza. Una volta conclusa la procedura, non resta che aspettare.

La notizia, rimbalzata un po’ ovunque, è stata che, nel giro di un’ora, il sito è andato in overbooking: pare che siano giunte 10.198 domande in soli 60 secondi. In poche ore, le istanze pervenute al Ministero sono state più di 240 mila: il triplo delle quote previste dal Governo per il 2023.

Il decreto flussi ha stabilito che quest’anno potranno entrare in Italia 82.705 lavoratori non comunitari. Di questi, 44.000 saranno lavoratori con visto per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico-alberghiero. 38.705, invece, è la quota di visti per lavoratori non stagionali, sia subordinati (30.105) in settori specifici, che autonomi. Qui viene compresa la quota di coloro che chiederanno la conversione del visto, già ottenuto per altro motivo, ad esempio per studio, a quello di lavoro subordinato o lavoro autonomo.

Sebbene le quote del 2023 siano superiori a quelle del 2022, evidentemente non soddisfano la richiesta di manodopera.

Coldiretti ha affermato che servirebbero altri 100.000 stagionali soltanto nel settore agricolo, stimando che i territori da cui perverranno la maggioranza delle richieste saranno quelli in cui si concentra la necessità di manodopera per le raccolte stagionali.

Oggi sappiamo che, dall’analisi dei dati, il maggior numero di istanze riguardano la Campania (109.716), seguita da Lazio (20.879) e Veneto (20.661).

Nel frattempo, il Governo pensa al futuro e ha avviato un tavolo di confronto tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con le parti sociali, per la ricognizione del fabbisogno di manodopera nel triennio 2023–2025.

L’iniziativa può essere considerata positivamente, ma sarà altrettanto necessario che si giunga ad una soluzione per l’anno in corso quanto prima. Le associazioni di categoria, tra cui Confagricoltura, chiedono un decreto flussi bis, integrativo e tempestivo, perché la stagione è alle porte e la manodopera insufficiente.

La realtà impone che le risposte da dare non possano essere ideologiche, ma pratiche.

Oltre agli stagionali, il decreto flussi prevede anche una quota di visti dedicati a lavoratori subordinati. Da quest’anno, il Governo ha chiesto che – ad eccezione di lavoratori stagionali e lavoratori formati all’estero – prima di fare domanda di nullaosta, gli imprenditori dovessero rivolgersi ai Centri per l’impiego per verificare l’indisponibilità di lavoratori già presenti sul territorio. Nello specifico, l’imprenditore doveva dapprima rivolgersi ai Centri per verificare se vi fossero già lavoratori disponibili sul territorio. Dopo un periodo di attesa di quindici giorni, qualora l’imprenditore non avesse ricevuto alcuna candidatura, il Centro avrebbe rilasciato un certificato di indisponibilità da allegare alla documentazione della richiesta di nullaosta per il lavoratore straniero.

Ma vediamo in breve la procedura da seguire.

La domanda doveva essere compilata dal datore di lavoro che, autonomamente o, viste le quantità e specificità dei dati richiesti, più probabilmente con il supporto di associazioni di categoria e commercialisti, fornisce una serie di informazioni al Ministero per attestare la propria idoneità ad impiegare un lavoratore straniero. I dati richiesti vanno dai dati personali del datore di lavoro e quelli dello straniero, ai dati aziendali, fino alle informazioni relative all’eventuale alloggio. Inoltre, era richiesta la cosiddetta asservazione da parte di un professionista (ad esempio un commercialista) che garantisca la veridicità delle informazioni dichiarate. 

Se l’imprenditore riesce ad ottenere il nullaosta, il lavoratore a sua volta dovrà recarsi all’ambasciata italiana nel proprio Paese e portare a termine la richiesta di visto per l’ingresso e il soggiorno in Italia. Il visto dovrebbe essere fornito nel giro di una decina di giorni. Una volta entrato in Italia, datore di lavoro e lavoratore dovranno procedere con tutti gli altri documenti necessari. 

Questo tipo di iter venne introdotto con la legge Bossi–Fini del 2002 che, a sua volta, modificava il Testo Unico sull’Immigrazione del 1998.

Con la Bossi-Fini si affermò la norma per cui è il Governo in carica che deve decidere se emettere decreti flussi annuali e in quale misura. E fu con questa legge che si introdusse la pratica di fare incontrare la domanda – dei datori italiani – con l’offerta – di lavoratori stranieri – a distanza, cioè senza che questi possano essersi effettivamente mai visti.

L’imprenditore italiano è quindi costretto ad assumere, almeno per il primo anno, persone mai incontrate. Cosa francamente impensabile in qualsiasi altra circostanza.

Ciò avviene perché la Bossi-Fini eliminò anche quel tipo di permesso di soggiorno previsto dal Testo Unico per “ricerca di lavoro”; ma dal 2002, la legge non è mai stata modificata. 

Un’altra criticità – e a dimostrarlo è stata proprio la grande discrepanza fra numero di quote concesse dal governo e numero di richieste – è l’effettiva capacità del Governo di turno di prevedere il fabbisogno di manodopera per lo stesso anno in corso.

Ad esempio, l’attuale decreto flussi non ha previsto quote per il comparto dei lavoratori e delle lavoratrici domestici. Il Centro Studi e Ricerche Idos ha rilevato la necessità di 23.000 colf e badanti nel nostro Paese. Questo è il motivo per cui, spesso, questi lavoratori e lavoratrici vivono e lavorano in modo irregolare nelle case degli italiani e delle italiane, salvo poi dover ricorrere a delle sanatorie, come avvenne da ultimo nel 2020. 

A Cutro è stato approvato il nuovo piano triennale con l’intento di allargare le quote per il 2023-2025 (dl 20/2023), da programmare in base al fabbisogno dei vari settori.

Ma pianificare i decreti flusso per far entrare legalmente i lavoratori stranieri non ha nulla a che vedere con la tragedia di chi scappa da situazioni come guerre e persecuzioni o disastri naturali e che, quindi, sono richiedenti di un permesso di tipo diverso.

Cutro, insomma, non è sembrato il contesto adeguato per farlo, perché i decreti flusso non daranno risposta alla tragedia di chi muore in mare o viene respinto alle frontiere d’Europa.

Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.

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