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Cosa possiamo ancora fare?
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Foto: Li-An Lim da Unsplash.com
"Il ritmo e la dimensione di ciò che è stato fatto negli ultimi cinque anni e i piani attuali sono insufficienti per affrontare il cambiamento climatico". E' l'allarme lanciato dagli esperti del clima dell'Onu nella sintesi per i decisori politici del 6/o Rapporto di valutazione, ricordando che nel 2018 avevano detto che serviva "una sfida senza precedenti" per frenare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi. "Oltre un secolo di uso di fonti fossili, di energia non sostenibile e di suolo hanno alzato la temperatura di 1,1 gradi sui livelli pre-industriali; i disastri meteo estremi sono più frequenti e intensi in tutto il mondo", dice l'Ipcc. Cosa possiamo ancora fare?
La crisi climatica agisce come grande moltiplicatore delle storture di un sistema che, come sapevamo bene, pochi hanno ormai il coraggio di sostenere possa essere guarito dal mercato, la soluzione che fino a non molto tempo fa veniva indicata come taumaturgica per i problemi della modernità. Alberto Castagnola prende in esame le forme di transizione di cui possiamo realisticamente parlare. Le misure finora adottate ed etichettate come interventi per l’ambiente, sono poche e poco incisive, ma soprattutto rientrano nelle norme di una maggiore “sostenibilità”. Tendono cioè a migliorare superficialmente il sistema capitalistico, senza incidere sui suoi meccanismi sostanziali. Forse si può dare per scontato che governi e partiti non abbiano più nemmeno il tempo di reagire alla catastrofe in corso, mentre alcune tra le associazioni di base possono essere ancora capaci di intuire le alternative possibili e modificare i propri comportamenti per fronteggiare un futuro già gravemente compromesso.
La fase attuale del sistema economico
Si moltiplicano le analisi che evidenziano una svolta sostanziale dell’economia capitalistica, non ancora pervenuta a livello politico e nei mezzi di comunicazione di massa. In italiano è uscito di recente un testo dal titolo molto attraente, “Karl Marx aveva ragione”, (1), dove si sostiene che il capitalismo ha bisogno di riforme profonde, altrimenti soccomberà. In effetti si susseguono enormi problemi collegati fra loro.
La crisi energetica, lo scontro commerciale tra Cina e Stati Uniti, il rischio di una guerra mondiale, l’attacco dei populisti e dei leader autoritari alla democrazia e molti altri se ne potrebbero aggiungere. E l’articolo continua: “Fino a poco tempo fa, per tutti questi problemi sarebbe stata proposta una sola soluzione: il mercato.
Oggi chi ci crede più? Soprattutto alla luce del grande moltiplicatore di tutte le storture del sistema: la crisi climatica.” Ora non possiamo pensare che analisi di questo genere possano rivelarsi risolutive a breve termine, però non possiamo ignorare il fatto che la crisi climatica è in fase di rapido peggioramento (2) e che la mancanza quasi assoluta di interventi e politiche degli Stati in materia ambientale potrebbe nel giro di pochi anni diventare inutile di fronte a fenomeni che abbiano superato “il punto di non ritorno” dei quali gli scienziati parlano sempre più spesso, oppure finora totalmente ignorati, come l’innalzamento del livello dei mari e le mutazioni avvenute nelle emissioni di metano.
Quali sono oggi le iniziative possibili e concrete.
In linea generale sono almeno due i processi che potrebbero prendere forma nella fase attuale del sistema capitalistico dominante. La prima appartiene ancora integralmente a questo sistema, e comprende una molteplicità di politiche e azioni concrete che cercano di attenuare le difficoltà che le economie incontrano e di ridurre gli effetti negativi della crisi climatica in pieno sviluppo. Le strutture economiche sarebbero chiamate a modificarsi per tenere conto dei principali fenomeni indotti dal clima, senza però intaccare in alcun modo le logiche di fondo e strutturali del sistema dominante.
Questo tentativo viene effettuato periodicamente in sede IPCC dove si parla di mutazioni e adeguamenti, ma solo marginali e spesso, nella realtà, completamente trascurati per rispondere alle pressioni delle attività economiche in atto. In termini più generali si parla di “sostenibilità”, indicando in tal modo una serie di piccoli adattamenti alle modificazioni prodotte dagli andamenti climatici, senza intaccare in alcun modo le logiche di fondo del sistema economico complessivo...