Storia

Nell'ambito del generale processo di ridefinizione della struttura politico-istituzionale della ex Federazione Iugoslava, sviluppatosi agli inizi degli anni Novanta, assumevano una specifica rilevanza le vicende che interessavano il Kosovo, dopo l'abolizione da parte della dirigenza serba di quella autonomia approvata nel 1974 dalla Costituzione iugoslava in ragione della particolare composizione etnica della sua popolazione, costituita essenzialmente da Albanesi. Nel luglio 1990, ai sensi di un emendamento alla Costituzione serba, veniva abolito lo status di provincia autonoma del Kosovo e venivano disciolti gli organi istituzionali provinciali (assemblea legislativa, governo).

Di tutta risposta, in esilio, alcuni intellettuali kosovari costituivano un'Assemblea kosovara, composta dai deputati di etnia albanese, e un governo ad interim, stanziato a Zagabria (1990), proclamando allo stesso tempo l'indipendenza del Kosovo. Tenutosi poi, nel settembre 1991, tra i Kosovari di etnia albanese un referendum, che portava alla proclamazione unilaterale della Repubblica del Kosovo, riconosciuta immediatamente dall'Albania, il governo centrale di Belgrado sconfessava i risultati del voto e delle successive elezioni presidenziali del maggio 1992, allo scopo di ribadire l'appartenenza della provincia alla Serbia, e ripristinava la vecchia denominazione ufficiale di Kosovo i Methoija (abbreviato in Kosmet), che in albanese era Kosovë. In seconda istanza il Parlamento serbo allontanava i dirigenti albanesi dai vertici dei più importanti complessi industriali kosovari, sostituendoli con Serbi o Montenegrini e, nel tentativo di ridurre la schiacciante maggioranza albanese, approvava un programma di colonizzazione di massa della provincia kosovara da parte di elementi serbi e montenegrini, con significative discriminazioni nei confronti degli Albanesi.

Provvedimenti restrittivi, inoltre, venivano adottati anche nel campo dell'istruzione pubblica, come l'abolizione dell'insegnamento in lingua albanese, e soltanto nel settembre 1996 veniva stipulato un accordo per il ripristino del sistema scolastico albanese, che per la sua mancata attuazione faceva riesplodere in Kosovo, a partire dal 1997, le tensioni tra Serbi e Albanesi.

Nei primi mesi del 1998, i contrasti tra le due etnie si acutizzavano con il pretestuoso intervento militare serbo contro le truppe irregolari dell'esercito di liberazione kosovaro (UCK): l'esercito serbo conduceva così i primi attacchi contro i villaggi di etnia albanese, massacrando donne, vecchi e bambini. Aggravatasi nel corso dell'anno la situazione, si rendeva inevitabile un intervento internazionale per la cessazione degli scontri e delle conseguenti violenze: il Gruppo di Contatto, formato dai rappresentanti di Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Germania e Italia, dava quindi avvio a negoziati di pace tra Serbi e Albanesi kosovari.

Redatto, nel marzo 1999 a Rambouillet, un accordo di pace, che prevedeva una forte autonomia del Kosovo all'interno della Repubblica iugoslava e la demilitarizzazione del suo territorio, con maggiori garanzie per gli Albanesi, questo veniva però sottoscritto solo dai rappresentanti della delegazione dei Kosovari albanesi. Falliti, dunque, i contatti diplomatici con il presidente della Repubblica iugoslava Milošević per la mancata ratifica dell'accordo (24 marzo 1999), la N.A.T.O. dichiarava guerra alla Iugoslavia, bombardandola con massicci raids aerei. In risposta agli attacchi aerei, Milošević intensificava la sua azione di pulizia etnica contro gli albanesi del Kosovo, costringendoli a fuggire in massa in Albania, Macedonia e Montenegro e provocando una gravissima catastrofe umanitaria.

L'intervento armato delle forze alleate si concludeva, comunque nel giugno successivo, con l'approvazione da parte della Iugoslavia di un piano di pace per il Kosovo, che prevedeva la fine delle violenze, il ritiro delle forze serbe, il disarmo dell'UCK, la presenza di una forza internazionale coordinata dalla N.A.T.O., il ritorno dei profughi e una sostanziale autonomia per la provincia (sotto l'amministrazione O.N.U.). Il territorio kosovaro veniva così diviso in 5 zone poste sotto il controllo di forze militari francesi, britanniche, statunitensi, tedesche, italiane e di un contingente russo. Infine, per la gestione concreta della provincia, nel dicembre 1999, veniva creato un nuovo Consiglio amministrativo provvisorio, formato da tre albanesi, un serbo e quattro membri dell'O.N.U.

Di fatto ma non formalmente indipendente dalla Federazione iugoslava (serbo-montenegrina), il Kosovo assisteva nel dopoguerra al perpetuarsi di violenti scontri tra minoranza serba e albanese, fronteggiati con difficoltà dalle milizie internazionali, e a una lotta per il potere tra la Lega democratica (LDK) e l'UCK. Dominato da quest'ultimo, il governo provvisorio non veniva infatti riconosciuto dalla LDK, che si riteneva unica legittima detentrice di un mandato democratico in conseguenza delle elezioni clandestine svoltesi e vinte plebiscitariamente nel marzo del 1998. Né a risolvere queste tensioni erano sufficienti gli accordi con l'O.N.U. e la N.A.T.O., che scioglievano l'esercito di liberazione kosovaro e lo trasformavano in un corpo civile per la ricostruzione del Paese (cui si contrapponeva immediatamente un analogo corpo serbo), e quelli per la formazione dal febbraio 2000 di una struttura amministrativa congiunta tra Nazioni Unite e principali partiti albanesi. La provincia kosovara pertanto non raggiungeva una sua stabilità, sia per l'incertezza sul futuro statuto e sul destino delle minoranze serbe (che boicottavano le elezioni amministrative dell'autunno 2000), sia per l'aggressiva politica nazionalista dell'UCK, che provocava nuovi incidenti in alcune città del sud della Serbia, abitate da minoranze non albanesi, ed estesa, mediante l'azione militare, in Macedonia, per rivendicare anche qui l'indipendenza dell'etnia albanese.

Nel novembre 2001 si tenevano le prime elezioni politiche del dopoguerra, per dare al Kosovo un presidente e un governo, nel quadro di un'autonomia sostanziale prevista dalle Nazioni Unite. Le consultazioni assegnavano la maggioranza dei seggi in Parlamento alla Lega democratica, capeggiata dal moderato Ibrahim Rugova, contrapposta al Partito democratico dell'ex leader dell'UCK, Hashim Thaci, e al partito serbo Coalizione per il ritorno, che non riusciva ad avere una buona affermazione per la ridotta partecipazione al voto dei Serbi. Nel marzo 2002 Rugova veniva eletto presidente, mentre Bajram Rexhepi, esponente del Partito democratico, assumeva la carica di capo del governo.

Tuttavia i negoziati per dare un nuovo statuto alla provincia proseguivano fra molte incertezze e nel marzo 2004 la violenza interetnica tra serbi e albanesi riesplodeva, costringendo la NATO a rafforzare la sua presenza. Le elezioni legislative dell'ottobre 2004 venivano vinte dalla Lega democratica, ma venivano boicottate dalla minoranza serba. In dicembre il Parlamento confermava Rugova alla presidenza e nominava premier Ramush Haradinaj, ex comandante dell'UCK.

Nel marzo 2005 Haradinaj si dimetteva in seguito all'accusa di crimini di guerra del Tribunale penale internazionale dell'Aja, così in aprile il Parlamento eleggeva primo ministro Bajram Kosumi, membro dell'Alleanza per il futuro del Kosovo.

Nel febbraio del 2006 Fatmir Sejdiu veniva eletto dal Parlamento presidente. Dimessosi Kosumi, per lotte di potere interne al suo partito, in marzo veniva nominato premier Agim Ceku, ex capo dell'UCK.

Nel novembre 2007 si svolgevano le elezioni legislative, vinte dal Pdk di Hashim Thaci con il 34% contro il 22% dell'Ldk.

Nel febbraio 2008 il Parlamento proclamava l'indipendenza dalla Serbia e nel 2009 presidente e premier firmavano a Washington un accordo per entrare nel FMI e nella Banca Mondiale. Le nuove elezioni legislative del 2010 confermavano la supremazia del PDK.