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Storia
Dal 1507 al 1602 le isole Bahrein furono occupate dai Portoghesi, che ne fecero una base commerciale e militare; in seguito appartennero agli Arabi provenienti dall'antistante costa persiana. La dominazione persiana durò intermittentemente fino al 1783, quando il sultano, appartenente alla stirpe degli Arabi 'Utubi, si ribellò al governo centrale persiano; ma successivamente pagò tributi all'Iran; e nel 1786, 1817, 1870 riconfermò la sua obbedienza al governo persiano. Nonostante questi legami, la famiglia dei Halifa, che detiene il potere dal 1816, stipulò un primo trattato con la Compagnia delle Indie Orientali nel 1820 e un altro nel 1861, in forza dei quali venivano affidate alla Gran Bretagna la politica estera e la protezione del territorio. Cominciò così quel dominio politico inglese che poi venne dichiarato ufficialmente negli accordi diretti tra emiro e Gran Bretagna del 22 dicembre 1880 e del 13 marzo 1892, e che si concretò, come predominio economico, con l'obbligazione assunta dal sultano, il 14 maggio 1914, di accordare concessioni petrolifere solo con la preventiva approvazione britannica. Il governo persiano tentò, ma senza successo, di internazionalizzare la controversia sulle proprie rivendicazioni comunicando, il 22 novembre 1921, agli Stati membri della Società delle Nazioni una nota di protesta contro l'accordo tra la Gran Bretagna e l'Arabia Saudita del 20 maggio 1917, con il quale il regno arabo si impegnava a non intervenire a Bahrein e negli altri emirati del Golfo. L'Iran protestò poi anche contro le concessioni petrolifere accordate a compagnie inglesi e americane, con nota agli USA (1934) e alla Gran Bretagna (1930). Dopo la fine della seconda guerra mondiale, il governo iraniano riaffermò il suo diritto di sovranità su Bahrein in varie dichiarazioni ufficiali. Fu soltanto nel 1970 che il governo di Teheran, dopo che una missione delle Nazioni Unite aveva appurato che la maggioranza degli abitanti dell'arcipelago era favorevole all'indipendenza del proprio Paese, rinunciò a ogni proposito di annessione. Il 15 agosto 1971 venne proclamata l'indipendenza di Bahrein. Dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, l'Iran riprese ad avanzare rivendicazioni su Bahrein, appoggiandosi agli sciiti; nel 1981 vennero poi effettuati numerosi arresti a seguito della scoperta di un complotto, sostenuto sembra dall'Iran, per rovesciare il governo di Bahrein.
Nella prima metà degli anni Ottanta, il radicalizzarsi della rivoluzione islamica in Iran contribuì non poco a rafforzare l'opposizione della componente sciita della popolazione nei confronti dell'emiro Isa ben Sulman al-Halifa e della sua dinastia, seguaci del rito sunnita.
Fu anche questa situazione, che faceva temere ingerenze del regime di Teheran nella vita politica del Bahrein, a spingere l'emiro a rinsaldare i suoi rapporti con l'Arabia Saudita, peraltro già molto stretti da qualche anno e in particolare dal 1981, quando i due Paesi, insieme a Kuwait, 'Oman, Qatar ed Emirati Arabi Uniti avevano dato vita al Consiglio di cooperazione del golfo. Il tentativo di aprirsi maggiormente sul piano internazionale portò anche, nel 1989 e nel 1990, a stabilire relazioni diplomatiche con la Cina e con l'Unione Sovietica.
All'inizio del 1991 il Bahrein prese poi parte alla coalizione multinazionale che intervenne contro l'Iraq, fornendo soprattutto un sostegno logistico, attraverso il suo porto principale e le sue basi aeree, nella fase immediatamente precedente la liberazione del Kuwait. A questo dinamismo in campo internazionale corrispose, sul piano interno, un atteggiamento di forte chiusura da parte dell'emiro, che rimaneva titolare di un potere pressoché assoluto. La soppressione dell'Assemblea legislativa (decretata già nel 1975) e la decisione di vietare la presenza di ogni tipo di partito o sindacato non furono certo bilanciate dall'istituzione, nel 1992, di un Consiglio consultivo: i trenta membri che ne facevano parte erano infatti nominati direttamente dall'emiro, e non godevano di margini di autonomia sufficienti a delineare un qualche allargamento dei processi decisionali. Sta di fatto che il persistente malcontento della maggioranza sciita contribuì ad alimentare un diffuso malessere sociale, che si fece particolarmente intenso a partire dal dicembre 1994, anche a causa di una crescente disoccupazione e dei sensibili tagli alla spesa pubblica decisi di fronte alle difficoltà economiche legate alla flessione dei prezzi e della produzione del petrolio.
Gli anni seguenti furono così caratterizzati da una parte dall'avvio di una diversificazione delle attività economiche, che trasformò l'emirato in uno dei principali centri finanziari del Medio Oriente e dall'altro dal moltiplicarsi di una serie di agitazioni e di manifestazioni di protesta contro il regime, che reagì con una dura repressione e con l'arresto di numerosi oppositori, accusati di attività antigovernativa e antipatriottica. Nonostante ciò l'opposizione, guidata soprattutto dai principali esponenti religiosi sciiti, continuò a far sentire la sua voce: alle rivendicazioni sociali si univano le richieste del ripristino dell'Assemblea legislativa e più in generale di maggiore democrazia, insieme ad alcuni motivi religiosi e nazionalistici, alimentati dalla massiccia presenza di mano d'opera straniera in tutto il Paese.
Nel marzo 1999, dopo la morte improvvisa dell'emiro, divenne capo dello Stato suo figlio, il principe ereditario Hamad ben Isa al-Halifa. Questi sembrò comprendere la necessità di una maggiore apertura rispetto al passato e dell'avvio di un dialogo con le opposizioni: qualche mese dopo la sua ascesa al potere, in occasione della festa dell'indipendenza del Bahrein, Hamad concesse l'amnistia a una serie di detenuti politici e assicurò di voler istituire degli organismi locali liberamente eletti, i consigli municipali, come primo segnale di attenzione alle richieste di riforme politiche in grado di favorire la democratizzazione del Paese. Nel 2006 si tenevano le elezioni legislative vinte dai sunniti con 22 seggi. Sheikh Khalifah ibn Sulman Al Khalifah veniva nominato primo ministro.