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Settimana di azione globale per la Pace e la Giustizia Climatica 2025

15–21 settembre 2025
Disinvestire dalla guerra – Investire nella transizione giusta!
La seconda edizione della Settimana di azione globale per la Pace e la Giustizia Climatica si occuperà dei legami tra guerra, militarismo/militarizzazione e ingiustizia sociale, economica e climatica. Promuoverà azioni dal basso e richieste di politiche pubbliche volte a fronteggiare sia il genocidio che l’ecocidio — per la pace e una transizione sistemica giusta. Quest’anno partecipiamo a un grande momento di mobilitazione globale, unendo movimenti da tutto il mondo in una manifestazione collettiva di forza, solidarietà, resistenza e celebrazione. Insieme chiediamo ai leader mondiali azioni urgenti e decisive per un futuro sicuro, giusto e pacifico per le persone e il pianeta.
A breve saranno resi disponibili un toolkit per l’azione anche territoriale e una Cartella online con loghi, materiali social e comunicati! Segnate le date in agenda!
Chi siamo?
La Settimana è facilitata da un sottocomitato del gruppo “Arms, Militarism and Climate Justice” comprendente: International Peace Bureau (IPB), Peace Boat, Stop Wapenhandel, War Resisters International, Scientists for Global Responsibility, Conflict and Environment Observatory e Transnational Institute. La mobilitazione globale è coordinata anche da Climate Action Network, 350.org, APMDD, War on Want, Demand Climate Justice e Climate Clock.
In Italia la “Settimana di Azione” è rilanciata dalla Rete Italiana Pace Disarmo, che si occupa già da qualche anno di “Disarmo Climatico”
Cosa facciamo?
Lanciata come iniziativa per la prima volta nel 2024, la Settimana di azione ha cadenza annuale e si snoda in un ampio ventaglio di eventi ed azioni organizzati da gruppi di tutto il mondo: webinar, azioni di advocacy, pubblicazioni digitali e manifestazioni.
Lavorando insieme potremo:
- Far aumentare la consapevolezza dei legami tra guerra, militarismo/militarizzazione e ingiustizia sociale e climatica
- Creare connessioni fra i movimenti per la pace, il clima e la giustizia
- Aumentare lo slancio per un’azione collettiva e di pressione politica contro il militarismo e per la giustizia sociale e climatica
Anche tu puoi partecipare alla “Settimana di azione”: basta organizzare un evento, una pubblicazione o un’azione su questi temi, oppure promuovere campagne esistenti che affrontano le questioni messe al centro di questa nostra iniziativa.
Per quale motivo?
Il militarismo può essere inteso come «la preparazione alla guerra, la sua normalizzazione e legittimazione». (Per saperne di più, clicca qui)
La transizione giusta si riferisce al passaggio, a livello locale e globale, da relazioni sociali ed economiche estrattive a relazioni rigenerative, in cui coesistono economie sane e ambienti sani. Questi cambiamenti devono garantire una transizione equa per le comunità in prima linea: sia quelle più colpite dall’inquinamento che i lavoratori delle industrie inquinanti. (Per saperne di più, clicca qui)
La guerra e il militarismo stanno causando il collasso climatico e consumando risorse essenziali necessarie per affrontare le crisi sociali, climatiche ed ecologiche. Oltre a causare vittime e devastare intere comunità, la preparazione e il dispiegamento degli eserciti distruggono terre ed ecosistemi, inquinando acque, suoli e aria e lasciando dietro di sé residui tossici e ordigni inesplosi che causano danni alle generazioni anche molto tempo dopo la fine dei conflitti. Le Forze Armate mondiali sono responsabili del 5,5% delle emissioni globali di gas serra: se fossero un Paese, sarebbero il quarto maggior emettitore nazionale al mondo. Eppure, gli eserciti continuano a essere esenti dagli accordi globali di rendicontazione e riduzione di queste sostanze inquinanti. Inoltre, le industrie militari dipendono da grandi quantità di metalli, minerali e combustibili fossili; l’esercito statunitense è il singolo consumatore istituzionale di combustibili fossili più grande al mondo. In effetti, l’energia fossile alimenta sia le guerre che il disastro climatico, e gli azionisti e investitori che traggono profitto dall’estrazione di combustibili fossili sono strettamente legati a coloro che traggono profitto dalle industrie globali delle armi, dell’estrazione mineraria e della tecnologia. Insieme, alimentano la violenza e l’ingiustizia a livello globale.
Eppure ci sono alcuni che continuano a sostenere che il militarismo sia parte della soluzione: che abbiamo bisogno di confini più rigidi, più armamenti ed eserciti più grandi per far fronte al collasso climatico. Affermano che la guerra può essere “resa verde”, ma questa è una falsa soluzione. L’escalation odierna dei danni armati, sociali ed ecologici ha radici sistemiche e deve essere affrontata nel suo insieme. Le risposte ad ecologie del danno richiedono ecologie di resistenza.
Abbiamo alternative che possono proteggere sia noi stessi che il pianeta. È fondamentale che i movimenti per la pace, la giustizia sociale e climatica comprendano le connessioni tra le proprie cause e lavorino insieme per un mondo che valorizzi la sicurezza e il benessere di tutti, mettendo in primo piano le persone e il pianeta rispetto al potere e al profitto. Non c’è giustizia climatica senza giustizia sociale e nessuna delle due è possibile senza smilitarizzazione!
Perché ora?
A settembre, i leader mondiali si riuniranno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, appena sei settimane prima della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP30 in Brasile. Siamo a un bivio. Il 2025 deve essere un punto di svolta per una transizione giusta, per la pace e per una democrazia reale. In questo momento, i governi più potenti stanno scivolando verso l’autoritarismo, impegnandosi in politiche rischiose e invertendo decenni di progressi. Gli impegni multilaterali per l’azione sul clima, il controllo degli armamenti e il disarmo vengono indeboliti o abbandonati. Le grandi imprese – comprese quelle che operano nei settori dei combustibili fossili, degli armamenti, della tecnologia, dell’estrazione mineraria e dell’agroalimentare – e i loro lobbisti hanno più influenza sulla politica dei popoli e dei cittadini. Le comunità in prima linea sono quelle che soffrono di più, eppure sono escluse dalle decisioni che determinano la loro vita. I leader dovrebbero seguire le indicazioni delle comunità, non delle aziende.
Questo è il momento di tracciare una linea che non va oltrepassata: occorre riprendere in mano il nostro futuro da coloro che traggono profitto dalla sua distruzione.
Questo Settembre 2025, migliaia di persone scenderanno in piazza nell’ambito di una mobilitazione globale per la giustizia volta a segnare questa linea. Da manifestazioni di massa, a scioperi, a campagne di informazione… ovunque le persone si stanno preparando ad agire contro l’ingiustizia, l’inquinamento e la violenza e per un futuro basato sulla pace, l’energia pulita e l’equità.
Unendosi a questo sforzo, la Settimana di azione globale per la Pace e la Giustizia Climatica ha deciso di rispondere all’appello del movimento per il clima di organizzare un momento di mobilitazione coordinato a livello globale (dal 15 al 21 settembre 2025) per dire agli inquinatori e ai leader mondiali che questo mondo è nostro! E insieme resisteremo, rivendicheremo una svolta e ci ribelleremo per un cambiamento di sistema!
Il tema di quest’anno: Disinvestire dalla guerra – Investire nella transizione giusta!
La COP29 di Baku (2024) si è conclusa con i Paesi meno sviluppati (che subiscono gli effetti più gravi del cambiamento climatico) che hanno dichiarato i negoziati globali sul clima un “tradimento”, poiché i Paesi più ricchi del mondo (i principali responsabili del cambiamento climatico) non sono riusciti a raggiungere un obiettivo opportuno in materia di finanziamenti per il clima e a fornire un sostegno completo per l’adattamento e la compensazione delle perdite e dei danni. Nel frattempo, sembra che ci siano sempre fondi disponibili per la guerra. Nel 2024 la spesa militare globale è aumentata per il decimo anno consecutivo, raggiungendo il livello record di 2.720 miliardi di dollari: un aumento del 9,4% in termini reali rispetto al 2023 e il più grande aumento su base annua dalla fine della Guerra Fredda. Gli Stati della NATO sono responsabili di oltre la metà di questa spesa, per un totale di 1.510 miliardi di dollari nel 2024, mentre i cinque Paesi che spendono di più a livello globale sono Stati Uniti, Cina, Russia, Germania e India. La spesa militare è un fattore significativo nell’uso delle risorse e dell’energia e, di conseguenza, nelle emissioni di carbonio.
Il 2024 è stato anche l’anno più caldo mai registrato, seguito nel 2025 da altre temperature record, incendi boschivi, inondazioni ed eventi meteorologici estremi senza precedenti. Gli esperti concordano sul fatto che entro il 2030 supereremo l’aumento di 1,5 gradi Celsius della temperatura globale rispetto ai livelli preindustriali. Eppure, nonostante l’aggravarsi degli effetti del cambiamento climatico e il loro impatto disastroso sul benessere sociale ed economico, i governi di tutto il mondo stanno procedendo a un rapido processo di militarizzazione. Nel corso del 2024 e del 2025, la maggior parte degli Stati membri della NATO e dell’UE si è impegnata ad aumentare in modo storico la spesa militare, tagliando i fondi pubblici destinati alle azioni concrete per il clima e la biodiversità, agli aiuti all’estero, al welfare sociale, alla giustizia per i migranti, alla società civile e alla costruzione della pace. Questa tendenza si continua a rafforzare a livello internazionale e ha conseguenze globali per la salute delle persone e del pianeta. Se gli Stati membri della NATO raggiungessero l’obiettivo di spesa del 5% del PIL accettato da quasi tutti i membri nel vertice del giugno 2025, arriverebbero a destinare entro il 2030 oltre 19.000 miliardi di dollari per il potenziamento delle proprie strutture militari. Le stime suggeriscono che ciò genererebbe 2.760 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica equivalente (MtCO2) in più nei prossimi cinque anni, ovvero più emissioni di carbonio rispetto a quelle annuali combinate di Brasile e Giappone.
Dobbiamo investire nella costruzione di un mondo più sicuro e più equo nel lungo termine, piuttosto che alimentare la violenza armata, i disastri sociali e il collasso climatico. È ora di spostare i fondi pubblici di tutti gli Stati del mondo dalla militarizzazione a forme giuste di sicurezza sociale e azione per il clima. È ora di rompere i legami con il potere militare e fossile, affinché i più ricchi del mondo facciano i conti con il colonialismo e compiano progressi in materia di risarcimenti per le perdite e i danni subiti. È tempo di mobilitarsi a favore di una transizione rapida, equa e sistematica verso economie e società globali e nazionali giuste, veramente sostenibili e rigenerative. Una transizione giusta non lascia indietro nessuno, compresi coloro che sono coinvolti in industrie inquinanti, dalle armi ai combustibili fossili. I gruppi coinvolti in questa “Settimana di azione” hanno la possibilità di concentrarsi su quei legami tra pace e giustizia climatica più importanti per le proprie azioni specifiche, ma tutti sono comunque invitati a unirsi alla richiesta comune di disinvestire dalla guerra e investire nella transizione giusta!
Messaggi chiave e richieste della Settimana di azione globale per la Pace e la Giustizia Climatica
Ridurre e sposare le spese militari per soddisfare le esigenze sociali e climatiche
Fermare la corsa agli armamenti a livello globale
Rafforzare la cooperazione multilaterale e promuovere il disarmo e la diplomazia piuttosto che la deterrenza
Ci rifiutiamo di lasciare che gli inquinatori e i miliardari determinino il nostro futuro
Ci rifiutiamo di lasciare che Stati e aziende traggano profitto dalla guerra e dal genocidio
Ci opponiamo alla militarizzazione e alla distruzione ecosociale
Chiediamo una giustizia climatica smilitarizzata
Chiediamo sicurezza comune e benessere delle persone e del pianeta
Chiediamo una transizione giusta che si dissoci dalla violenza armata, sociale ed ecologica