www.unimondo.org/Notizie/Estremo-oriente-russo-se-la-Cina-conquista-la-Siberia-131025
Estremo oriente russo: se la Cina “conquista” la Siberia
Notizie
Stampa
Si fa presto a dire BRIC, l’acrostico per indicare le nuove potenze economiche emergenti (Brasile, Russia, India e Cina) che formerebbero un’asse strategica capace di contendere il primato politico ai paesi occidentali. Ma comunemente si crede che queste nazioni, molto diverse tra di loro per ordinamenti interni e per priorità esterne, rappresentino un cartello uniforme e coeso simile a quello dell’Alleanza Atlantica. I fatti sembrerebbero dare ragione a chi vede, soprattutto nelle potenze asiatiche, il nuovo attore di un mondo destinato ancora ad essere bipolare.
Nel 2001, per esempio, è stata fondata la Shanghai Cooperation Organisation (SCO, il 17 giugno scorso ha festeggiato i dieci anni con un summit in pompa magna) che raggruppa Cina, Russia e Repubbliche dell’Asia centrale, formalmente per “combattere il terrorismo”, in pratica per meglio cementare i rapporti di natura militare allo scopo di arginare l’egemonia degli Stati Uniti. Così Hu Jintao e soprattutto Putin hanno siglato accordi per forniture militari e per la esecuzione di grandi manovre congiunte che si sono effettivamente svolte nel 2005 per terra e per mare con un notevole schieramento di forze, seguito con apprensione da USA e Giappone. I due giganti condividono l’orizzonte strategico per una lenta ma inesorabile crisi del potere americano: ieri si lavorava per contenerlo, oggi per raggiungerlo, domani chissà per invertire i ruoli.
In politica estera Russia e Cina si muovono all’unisono soprattutto sul palcoscenico internazionale: in Consiglio di sicurezza all’ONU i due paesi, membri permanenti con diritto di veto, votano quasi sempre nello stesso modo e affrontano con lo stesso approccio le varie crisi dal nucleare iraniano alla recente guerra di Libia. Dietro l’ombrello della gestione condivisa e del multilateralismo Cina e Russia nascondono l’intento di marcare le difficoltà statunitensi, accentuate dopo la crisi economica, e di mettere sul piatto anche le loro esigenze.
Dal punto di vista degli scambi commerciali i rapporti tra i due paesi sembrano solidissimi: se nel 2000 il volume dell’import-export era di circa 8 miliardi di dollari, 10 anni dopo è balzato a 80 miliardi e le due parti hanno siglato una serie di accordi per progetti di cooperazione su larga scala in campo tecnologico, energetico e scientifico.
Ma qualcosa non funziona. I sorridenti ma enigmatici volti dei leader cinesi che si sprecano nel decantare le lodi della rinnovata alleanza con l’orso euro-asiatico (certo non scontata visti i precedenti storici non propriamente idilliaci) si incontrano con gli altrettanto ammiccanti sorrisi russi che da qualche tempo però celano tensione e diffidenza. Con la presidenza Medvedev, che pure era cominciata proprio con un viaggio in Cina, e con lo sguardo maggiormente filo occidentale del giovane presidente (così diverso dall’arcigno e “sovietico” approccio di Putin) sono emersi problemi già presenti ma che si faceva di tutto per nascondere. Le questioni sul tappeto si sintetizzano in due parole: terra e popolazione.
È noto che storicamente la Cina deve fare i conti con l’elementare necessità di sfamare i propri numerosi abitanti in una terra vasta ma difficilmente coltivabile. Così veniva incentivata l’emigrazione e la colonizzazione di nuove terre al nord e all’ovest. Intorno al XVII secolo la Russia zarista iniziava un processo simile popolando la Siberia e arrivando a strappare, nel corso dell’800, all’agonizzante impero Qing, circa 750 mila km2 di territorio lungo il confine nord.
Oggi le parti si sono invertite: in Russia il calo demografico è sensibile e preoccupante mentre la Cina è in piena crescita. Dopo la fine dell'Unione sovietica le regioni dell'estremo oriente russo hanno registrato un drammatico esodo: i giovani fuggono all'ovest, i contadini lasciano le loro terre a seguito del crollo del sistema collettivistico: sono i cinesi ora che, clandestinamente o meno, in territori affittati alla Cina o semplicemente occupati, costruiscono villaggi, lavorano il legname e le materie prime esportate ovviamente nella madrepatria. Nel 2005 le regioni orientali della Russia confinanti con la Cina (1350000 km2 di superficie) avevano circa 5 milioni di abitanti, quelli cinesi, su di una estensione di 810.000 km2, contavano più di 100 milioni di abitanti: il flusso migratorio sembra quindi inevitabile. Difficile dare numeri precisi. Ma in pochi anni la popolazione cinese supererà quella slava.
Gli osservatori russi sono chiari. Si legge sulla Pravda online (giornale non collegato a quello storico chiuso nel 1991): “Il principale nemico della Russia è ancora la sua vecchia amica Cina, che si prende territori russi, colonizza terra russa e stampa mappe in cui l’estremo oriente russo è indicato come parte della Cina”. Nel 2005 un accordo “ definitivo” segnava il confine tra i due paesi (il fiume Amur, in cinese Heilong Jiang) con la cessione da parte russa delle isole Tarabarov e la parte occidentale della grande isola di Ussuri. Afferma sempre sullo stesso giornale on-line, Eugene Khakimullin, esperto sulla Cina: “L'espansione economica cinese è molto più pericolosa. Il paese ora sta progettando di costruire un grande porto ed una città sull’Amur, molto vicino al confine russo. Fuyuan - la città ed il porto – sorgeranno a solo 20 chilometri di distanza da Khabarovsk. Fuyuan sta chiedendo di ottenere lo status di zona economica franca. In caso di risposta affermativa, la popolazione della città potrà svilupparsi considerevolmente in pochissimi anni. Il centro delle attività economiche si muoverà verso la parte cinese".
Così Alexander Khramchikhin, primo Vice Direttore dell'Istituto di Analisi politiche e militari: "Pechino non ha fatto cenno ai tentativi di cambiare il letto e le rive dei fiumi. Ciò significa che la Cina segue la sua antica tradizione, osservando i trattati fino a quando sono vantaggiosi per il paese. Ne deriva quindi che la Cina dimostra apertamente che il problema territoriale con la Russia non è stato risolto … Per il momento, possiamo soltanto guardare la Cina mentre sottrae i territori alla Russia - territori che la Cina considera suoi. La Cina ha un disperato bisogno di nuovi territori ed il paese tenterà di prenderli a tutti i suoi vicini”.
Insomma i contenziosi tra l’Orso ed il Dragone perdureranno per molto tempo, dimostrando ancora una volta, quanto gli spostamenti di popoli e i cambiamenti demografici (dovuti in parte alla fertilità, in parte alle condizioni economiche e sociali) siano difficilmente governabili, nonostante i desideri dei leader politici vadano in un’altra direzione opposta.