Italia: tre leggi per non arrendersi ad una giustizia “minore”

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Negli scorsi mesi è stata lanciata la campagna “Tre leggi per la giustizia e i diritti” promossa da diverse associazioni e organizzazioni italiane impegnate nell’introduzione del reato di tortura, nella difesa dei diritti dei detenuti e nella revisione delle leggi sulle droghe. Un’iniziativa importante che nasce dalla sentenza dell’8 gennaio 2013 della Corte Europea dei Diritti Umani con il caso Torreggiani che ha condannato l’Italia per trattamenti disumani e degradanti, in relazione allo stato delle carceri, imponendo alle autorità italiane l’assunzione di un piano per le riforme in ambito penale e penitenziario nel nome della protezione della dignità umana. Per i promotori “Si tratta dell’ennesimo appello alla cittadinanza affinché dal basso possa contribuire direttamente ad affermare principi di rispetto ed equità, nonché temi universali come quelli dei diritti umani per i quali troppo spesso la classe politica dimostra di avere poca sensibilità e propensione”.

L’Italia ha ora un anno di tempo per ripristinare la legalità internazionale e costituzionale nell’ambito del sistema penitenziario, una missione non impossibile, ma che dipenderà molto dalle decisioni del Governo perché il sovraffollamento non è una calamità naturale, né un mostro invincibile: basta cambiare le leggi criminogene alla radice del fenomeno. Le norme di questa proposta di legge, frutto di un lavoro condiviso, hanno l’intenzione di ripristinare la legalità (internazionale e costituzionale) e di contrastare in modo sistemico il sovraffollamento nelle carceri agendo in particolare proprio su quelle 3 leggi che producono carcerazione senza produrre sicurezza.

La prima proposta vuole sopperire a una lacuna normativa grave. In Italia manca, infatti, il crimine di tortura nonostante vi sia un obbligo internazionale in tal senso. “Il testo prescelto è quello codificato nella Convenzione delle Nazioni Unite, importante perché la proibizione legale della tortura qualifica un sistema politico come democratico” ha spiegato il comitato promotore. “Nel 1764 Cesare Beccaria pubblica Dei delitti e delle pene, è la prima volta che la tortura e la pena di morte vengono messe seriamente in discussione - ha spiegato Daniele Vicari regista del film Diaz che in questa campagna ha deciso di metterci la faccia -. 220 anni dopo l’ONU emana una convenzione contro la tortura chiedendo a tutti gli stati di aderirvi e nel 1987 la Comunità Europea chiede a tutti gli stati membri di introdurla nei propri codici penali di ciascun paese. Nel 2013 l’Italia non lo ha ancora fatto, per questo firmare questa petizione è un minimo dovere di civiltà e se vogliamo chieder al nostro Parlamento di adeguare il codice penale italiano alla normativa ONU dobbiamo andare presso tutti gli sportelli comunali e firmare!”.

La seconda delle proposte di legge vuole invece intervenire in materia di diritti dei detenuti e di riduzione dell’affollamento penitenziario. Il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri dall’allora Governo Berlusconi, che prevedeva la realizzazione di 9.150 posti, per un importo totale di € 661.000.000. Oggi i fondi sono calati a 450 milioni, ma neanche un mattone è stato posto. “Non è con l’edilizia che si risolve la questione carceraria, ma intervenendo sui flussi in ingresso e in uscita - ha precisato il comitato promotore -. Le norme da noi elaborate vogliono rompere l’anomalia italiana ripristinando la legalità nelle carceri come anche il Csm ha chiesto, rafforzando il concetto di misura cautelare intramuraria come extrema ratio, pur previsto nel nostro ordinamento”. La modifica normativa sembra così essere indispensabile per porre fine al ricorso sistematico al carcere nella fase cautelare come una forma di pena anticipata prima del processo. Un buon inizio per la campagna potrebbe essere “l’abolizione dell’odioso reato di clandestinità, con i suoi costi enormi umani ed economici, e un intervento drastico sulla legge Cirielli in materia di recidiva, ripristinando la possibilità di accesso ai benefici penitenziari e azzerando tutti gli aumenti di pena”.

Infine la terza proposta vuole modificare la legge sulle droghe che tanta carcerazione inutile produce nel nostro Paese. Le pene vigenti per la detenzione a fini di spaccio oggi sono molto alte (da 6 a 20 anni). La presunzione di spaccio continua a portare in carcere semplici consumatori o tossicodipendenti, che poi non riescono neanche ad accedere alle pene alternative proprio a causa della pena elevata, anche nei confronti dei fatti di lieve entità. Inoltre viene punita indiscriminatamente anche la coltivazione casalinga di canapa ad uso esclusivamente personale, colpendo così paradossalmente (e pesantemente) i consumatori che hanno deciso di sottrarsi al mercato controllato dalle narcomafie. Per i promotori, in questo modo, “Viene quindi superato il paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi, depenalizzando completamente i comportamenti dei semplici consumatori, consentendo la coltivazione di cannabis per uso personale, diversificando il destino dei consumatori di droghe leggere da quello di sostanze pesanti. Inoltre, diminuendo le pene e armonizzandole al resto del codice penale, si rendono accessibili le misure alternative ai tossicodipendenti eventualmente condannati”.

Per Elio Germano, attore del film Diaz, che come don Luigi Ciotti e Ascanio Celestini ha aderito alla campagna, “Quella del sovraffollamento carcerario è un’emergenza nascosta, che arriva agli onori delle cronache quasi esclusivamente per le tragiche notizie sui suicidi che ogni giorno si consumano tra i detenuti”, ha spiegato Germano nello spot realizzato a favore della raccolta firme lanciato sul sito www.3leggi.it e sui profili facebook e twitter della campagna. “La causa principale del sovraffollamento sappiamo essere la legge sulle droghe. Quasi il 40% dei detenuti è in prigione per averla violata ed è così che in Italia sono più i tossicodipendenti in carcere di quelli nelle comunità di recupero” ha concluso Germano

Non è difficile quindi immaginare come queste tre semplici leggi permetterebbero un importante ridimensionamento di questo problema tutto italiano che allarma l’Europa. “In questo momento vi sono nel Belpaese 22 mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari - ha concluso il comitato promotore -. Abbiamo il tasso di affollamento penitenziario più alto della Unione Europea. Il sistema è fuori ogni controllo. I detenuti dormono per terra. Non vi sono più spazi comuni. Oziano spesso nelle loro celle per oltre 20 ore al giorno rendendo evanescente la funzione rieducativa della pena. Il personale di sorveglianza vive analogamente una condizione di forte sofferenza”. Basterebbe poco per invertire questa tendenza, ma come ha ricordato il 26 giugno durante la Giornata contro la tortura la sorella di Stefano Cucchi, anche lei in uno spot a sostegno della campagna, “Ci sono temi scomodi e impopolari che nel nostro Paese finiscono sempre all’ultimo posto nell’ordine delle priorità, ma alcuni rappresentano delle vere e proprie emergenze perché riguardano la violazione di diritti umani fondamentali. Che in Italia manchi una legge che punisca il reato di tortura è una cosa gravissima perché in qualche modo legittima coloro che la compiono”. Per questo, ha concluso Ilaria Cucchi, “chiedo a tutti di sottoscrivere le tre leggi di iniziativa popolare per sollevare l’attenzione su temi che non possono più aspettare”. Se le condizioni inumane delle nostre carceri mettono in gioco la credibilità democratica del nostro Paese occorre chiedersi se noi intendiamo essere complici, anche solo per l’omissione di questa firma, dell’illegalità quotidiana.

P.S. “Ieri è stato abolito l’ergastolo, antica pena per sepolti vivi. In Italia? Macché, in Vaticano. Da noi non segue dibattito”, twittava il 12 luglio Erri De Luca.

Alessandro Graziadei

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