Aspetti economici

Basi economiche. Apparentemente senza scosse di rilievo la Corea del Nord prosegue la sua politica economica rigidamente controllata e scandita dalla puntuale attuazione dei successivi piani di sviluppo che, iniziati nel 1954, mirano a conseguire un processo produttivo equamente ripartito tra industria e agricoltura. Le basi economiche del Paese sono state sin dalle origini fortemente industriali: ciò trova le sue premesse nella grande ricchezza mineraria del Paese e nell'eredità dell'impostazione industriale già avviata dai Giapponesi. Al momento della divisione tra i due Stati la Corea del Nord concentrava oltre l'80% degli apparati industriali e della potenza elettrica installata; piuttosto carente era l'agricoltura, mentre grandi possibilità di sfruttamento offriva il cospicuo patrimonio forestale. Riforma fondiaria, nazionalizzazione delle risorse natura li e delle industrie, pianificazione dell'economia secondo lo schema tipico dell'impostazione sovietica, con assoluta priorità dei settori di base e all'opposto investimenti piuttosto esigui nell'industria dei beni di consumo (che solo con gli anni Settanta ha registrato un certo incremento e che comunque rimane assai deficitaria rispetto a quella della Corea del Sud), furono i principali orientamenti di politica economica del nuovo governo. Buona parte delle terre confiscate ai Giapponesi fu dapprima a ssegnata gratuitamente ai contadini, ma a partire dal 1953 fu introdotta la collettivizzazione fondiaria, praticamente ultimata nel 1958 quando, su modello delle comuni cinesi, le preesistenti cooperative vennero fuse in poco più di 3.800 unità agricole, alle quali appartiene il 90% delle terre (il rimanente 10% è statale). Ciò consentì di attuare la meccanizzazione del lavoro agricolo, di realizzare imponenti opere d'irrigazione (attualmente quasi la metà dell'arativo è irrigato) acquisendo così nuove aree coltivabili, infine di ricorrere in modo massiccio ai fertilizzanti, sicché in breve le produzioni si accrebbero in modo rilevante; dal 1968 sembrava garantita l'autosufficienza alimentare del Paese. Ora si è aggravata la crisi economica e sociale. Il Paese è prostrato dalla lunga carestia che negli ultimi tre anni ha provocato milioni di vittime, soprattutto fra i bambini. Le organizzazioni internazionali si sono mobilitate per portare aiuti alla popolazione, mentre il regime comunista, sempre più dipendente dalle forze armate, ha dato deboli segni di apertura verso la Corea del Sud e gli Stati Uniti. L'industria è sostenuta particolarmente dai settori minerario, metallurgico, chimico (in prevalenza al servizio dell'agricoltura) ed energetico.

 

Agricoltura. Data la prevalente montuosità del Paese, l'arativo occupa il 16% della superficie territoriale (si ricorda che nel 1996-97 ci sono state violente inondazioni, mentre la siccità si è verificata nel 1998). Come nella Corea del Sud, ma in misura inferiore grazie alle differenze climatiche, il prodotto agricolo più importante è il riso, seguito da vari cereali propri delle aree continentali, come il mais, il miglio, il frumento e l'orzo, l'avena e il sorgo. Hanno altresì notevole rilievo le patate, la soia e, tra le piante industriali, il cotone e il tabacco. Le foreste, soggette a un intenso programma di rimboschimento, ricoprono oltre il 60% dell'area complessiva ma non sono molto sfruttate (il legname che se ne ricava viente in buona parte esportato in Cina), soprattutto per la scarsità delle comunicazioni; la fluitazione sullo Yalu e sul Tumen costituisce il più diffuso sistema di trasporto dei tronchi. Scarso rilievo presenta l'allevamento (bovini, suini, volatili da cortile), mentre ben maggiore importanza ha la pesca, che ha i suoi maggiori centri portuali e di conservazione dei prodotti ittici a Jinnampo , Cheongjin e Weonsan.

 

Risorse minerarie. Cospicue sono le risorse minerarie, specie di carbone e di lignite; seguono per importanza il ferro e la magnesite, di cui la Corea del Nord possiede i maggiori depositi conosciuti sul pianeta; si estraggono inoltre rilevanti quantitativi di rame, zinco, tungsteno, argento e piombo, molibdeno, fosfati, grafite, zolfo ecc.

 

Industria. L'industria occupa un terzo della popolazione attiva; data la difficoltà dei trasporti le fabbriche sono sorte prevalentemente in prossimità delle zone minerarie. Tre sono i principali nuclei d'industrializzazione: uno gravitante su Pyeongyang, uno nell'area nord-occidentale (Sineuiju, Ganggye ecc.) e il terzo nella parte orientale del Paese (Cheongjin, Heungnam ecc.). Particolare sviluppo presentano i settori siderurgico (acciaio e ghisa) e meccanico, che fornisce ormai macchinari d'ogni tipo, pur con una produzione essenzialmente al servizio dell'agricoltura; in funzione del settore agricolo operano anche grandi complessi chimici, specie nel campo dei fertilizzanti. È stata radicalmente ristrutturata e meccanizzata l'industria tessile, che lavora soprattutto cotone, seta e fibre artificiali e la cui complessiva produzione è ormai pressoché sufficiente alle necessità interne. Sono ancora da segnalare i numerosi impianti metallurgici del rame, dello zinco e del piombo, le cartiere e i cementifici; godono infine rinomanza internazionale le porcellane di Gaeseong.

 

Comunicazioni e commercio. Nella Corea del Nord le vie di comunicazione stradali e ferroviarie furono pressoché interamente distrutte durante la guerra civile. Un ruolo preminente riveste ora il sistema ferroviario, che si raccorda alle reti cinese ed ex sovietica e il cui sviluppo, di circa 8.530 km nel 1991; le linee principali sono la Gaeseong-Pyeongyang-Sineuiju e la Pyeongyang-Cheongjin, con molte diramazioni realizzate per collegare le regioni minerarie dell'interno. Le strade sono invece inadeguate a sostenere il crescente traffico; la motorizzazione tuttavia non viene particolarmente incoraggiata. Carenti anche i servizi sia interni sia internazionali; Pyeongyang è collegata con voli settimanali a Pechino e a Mosca. Un discreto movimento di merci e passeggeri si svolge per via fluviale, specie sui fiumi Yalu e Daedong; ben attrezzati sono infine i porti, specie quelli di Cheongjin ed Heungnam, al servizio delle regioni minerarie orientali, e di Jinnampo, sbocco della capitale. Il commercio con l'estero si svolge per la maggior parte con i Paesi ex socialisti, ma un ruolo ormai di primo piano occupa anche il Giappone.