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Diritti umani
Nel 1991, la giustizia statunitense e quella britannica hanno giudicato il governo libico di Mu'ammar Gheddafi (per approfondimenti leggi Democrazia e dittature in Libia) colpevole dei due attacchi terroristici a Berlino, nella discoteca “Le Belle”, nel 1986 e nel disastro aereo di Lockerbie, in Scozia, nel 1988. Le Nazioni Unite imposero sanzioni economiche e questo portò all'isolamento della Libia da parte della comunità internazionale.
Ancora più gravi però sono state le violazioni dei diritti umani perpetrate nei confronti della popolazione libica. Nel 2011, la Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aja ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Gheddafi in quanto ritenuto responsabile delle morti e delle persecuzioni commesse a partire dal 15 febbraio dello stesso anno, giorno in cui sono ufficialmente scoppiate le rivolte nelle città di Tripoli, Bengazi e Misurata. Secondo i dati forniti dalle Nazioni Unite, il conflitto ha portato a migliaia di morti civili, 243.000 libici sono stati sottoposti alla deportazione interna, 650.000 persone sono emigrate all'estero.
Nei suoi quarant'anni di potere il Rais ha sottoposto il popolo libico ad esperimenti sociali basati sulla sua dottrina politica, espressa nel “libro verde”, che prevedeva l'eliminazione della proprietà privata, il divieto di manifestare qualsiasi forma di dissenso e l'espropriazione delle società di proprietà straniera presenti sul territorio libico.
Sotto la leadership di Gheddafi la pena capitale era prevista per molti reati minori ed anche per l'esercizio del diritto fondamentale di esprimere la propria opinione o quello di libera associazione. Criticare apertamente il regime, infatti, veniva considerato “crimine contro lo stato”.
Anche dopo la sua morte avvenuta nel 2011, tuttavia, le violazioni dei diritti umani continuano. Le categorie maggiormente soggette a maltrattamenti restano le donne e gli immigrati (per approfondimenti leggi Profughi e rifugiati in Libia). Le persone arrestate sono sottoposte a trattamenti disumani e gli immigrati (i quali spesso arrivano in Libia dopo aver affrontato la terribile traversata del deserto per poi emigrare nuovamente verso l'Europa), sono internati nei cosiddetti “centri di trattenimento”, dove le condizioni igienico-sanitarie e la condotta delle guardie sono inaccettabili.