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Populisti e nazionalisti di tutta Europa unitevi!
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L’ultima settimana del maggio 2014 oltre cinquecento milioni di europei saranno chiamati alle urne per eleggere i nuovi deputati del Parlamento europeo. Stanchi della più drammatica crisi economica dal dopoguerra a oggi, scoraggiati dai partiti tradizionali e spaventati dai continui sbarchi di migranti dal Nordafrica, dopo una campagna elettorale fiacca, gli elettori potrebbero decidere di lasciarsi tentare dai partiti populisti. A Bruxelles va forte in questi giorni lo scenario horror-fantasy descritto dal Il Foglio: quello del Parlamento europeo in mano ai partiti anti-europei.
Una possibilità che terrorizza il leader nazionali. A ottobre Enrico Letta aveva dichiarato al New York Times che il prossimo Parlamento europeo rischia di non funzionare, se gli euroscettici otterranno più del 25 per cento dei seggi. In settembre, nel suo discorso sullo stato dell’Unione, il presidente della Commissione, José Manuel Barroso, aveva lanciato un appello a tutti gli europeisti affinché si uniscano per difendere l’Europa invece di continuare a criticarla.
I partiti populisti stanno andando forte nelle elezioni locali e nazionali di quasi tutti i Paesi europei. In Ungheria, il Fidesz del nazionalista Viktor Orbán ha la maggioranza relativa, sfiorando il 50 per cento dei voti. In Austria l’ultranazionalista Freiheitliche Partei Österreichs fondato da Georg Haider ha recentemente conquistato oltre il 20% dei voti nelle elezioni nazionali, avvicinando il miglior risultato della sua storia. In Francia il nazionalista Front National di Marine Le Pen ha appena vinto le elezioni a Brignoles ed è considerato, nei sondaggi, il secondo partito dopo l’UMP ma prima dei socialisti. Nel Regno Unito, il partito anti-europeo e anti-immigrazione Ukip di Nigel Farange ha affiancato i Tory e il Labour al grido di “fuori il Regno Unito dall’Unione europea!”. Lo xenofobo Partij voor de Vrijheid di Geert Wilders è in testa nei Paesi Bassi; in Italia il controverso Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo continua a navigare attorno al 20% e anche la Lega Nord mantiene circa il 10% dei consensi; in Grecia, se si andasse a votare domani i neonazisti di Alba dorata e gli anti-europei di Syriza – insieme – raccoglierebbero la maggioranza assoluta dei voti. Altri partiti populisti superano gli sbarramenti previsti dai rispettivi sistemi elettorali: in Germania, gli anti-europei di Alternative für Deutschland, in Polonia il partito ultracattolico di Prawo i Sprawiedliwość, in Belgio i nazionalisti fiamminghi del Vlaams Belang. Tutti questi partiti potrebbero raccogliere un numero sufficiente di voti per rendere il Parlamento europeo ingovernabile. Anche uniti in una grande coalizione, i partiti tradizionali – i popolari, i socialisti, i liberali – potrebbero mancare la maggioranza necessaria per governare. Si tratta di uno scenario inquietante.
Quelli di cui sopra sono partiti accomunati da anti-europeismo e populismo che consiste, come ribadito fieramente da Grillo, nella capacità di parlare alla pancia anziché alla testa della gente. Tuttavia, sono partiti che hanno notevoli contraddizioni: come spiega il Foglio, la geografia dell’anti-europeismo in Europa è molto varia e spesso contraddittoria. Alcuni di quelli elencati sopra sono partiti convintamente anti-clericali (Syriza), altri sono ultra-cattolici (Prawo i Sprawiedliwość). Alcuni sono a favore delle unioni omosessuali (Partij voor de Vrijheid), altri le oppongono con vigore (Lega Nord). Alcuni sono filo-israeliani (Partij voor de Vrijheid), altri sono filo-palestinesi (Front National).
Nonostante queste differenze sostanziali, Martine Le Pen e Geert Wilders hanno avviato un “matrimonio di interesse”: la costruzione di un’alleanza in funzione anti-europea per le elezioni del maggio 2014. I due leader, che si sono incontrati a l’Aja, hanno dichiarato in una conferenza stampa di voler riunire all’interno dello stesso gruppo parlamentare europeo tutti i movimenti schierati contro l’Unione. “Oggi è un giorno storico”, ha detto la Le Pen, chiedendo che i paesi dell’Unione tornino alla “sovranità nazionale, monetaria e di budget”. Wilders ha definito l’Unione Europea uno “Stato nazista”, sottolineando che “oggi è l’inizio della liberazione da questo mostro che chiamiamo Bruxelles”.
Per costituire un gruppo politico all’interno del Parlamento europeo c’è bisogno di almeno 25 deputati. Il Front National conta su tre deputati, mentre il partito di Wilders ne ha quattro. A Strasburgo c’è già un gruppo euroscettico, Europa Libertà e Democrazia, guidato dal britannico Nigel Farage, con 32 deputati. Farage ha dichiarato che non intende unirsi al nuovo gruppo progettato da Le Pen e Wilders, i quali invece intendono includere altre formazioni, a partire da Vlaams Belang, Lega Nord, Alternative für Deutschland e Freiheitliche Partei Österreichs. Il primo tentativo di formare un gruppo dell’estrema destra al Parlamento europeo fallì nel 2007, quando Identità Tradizione e Sovranità si frantumò rapidamente dopo che Alessandra Mussolini insultò i rumeni che a suo dire invadevano l’Italia, provocando la furia del partito Grande Romania e il collasso della coalizione.
L’alleanza firmata all’Aia forse non sarà “storica” come pretendono i suoi protagonisti; ma di certo rischia di causare grossi problemi all’Unione. Tutti i sondaggisti sono d’accordo: a prescindere da future alleanze, la destra populista, nazionalista e anti-europea farà un balzo in avanti. Le prime conseguenze si vedono già: i partiti principali, soprattutto quelli di centro-destra, accarezzano l’euroscetticismo con crescente trasporto. Nel Regno Unito David Cameron ha già ceduto alle pressioni dell’ala euroscettica dei Tory, promettendo un referendum “dentro o fuori” dall’Ue nel 2017, dopo che avrà rinegoziato la relazione del Regno Unito con Bruxelles; e recentemente ha annunciato l’introduzione di alcuni requisiti che renderebbero più difficile l’accesso al welfare per i migranti nel Regno Unito da altri paesi dell’Ue, in apparente contrasto con i principi di libera circolazione europea. Durante tutta la crisi, la cancelliera tedesca, Angela Merkel ha dovuto mediare tra l’europeismo ufficiale della classe dirigente della Cdu e un elettorato molto più scettico. E in Italia la scissione del Popolo delle Libertà spinge Silvio Berlusconi verso posizioni sempre più apertamente euroscettiche. Anche se gli eurodeputati del centro-destra albergano nel gruppo dei Popolari, la convivenza non è per nulla pacifica. Prima delle elezioni italiane di febbraio si è stati più volte a un passo dalla rottura clamorosa, pre-annunciata dallo sgarbo che i dirigenti del gruppo fecero a Berlusconi invitando Mario Monti, allora premier, a una loro assemblea ufficiale. Secondo Gideon Rachman, influente editorialista del Financial Times, in un’Unione che sta ancora faticando a ricostruire la fiducia nell’euro, l’emergere di un Tea Party europeo potrebbe rivelarsi “un disastro”.