Italia: la Rai trasmetterà il Sangue Verde

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Mercoledì 15 settembre, a pochi giorni dalla presentazione alla 67^ Mostra del Cinema di Venezia, Rai Tre trasmetterà il documentario Il sangue verde, patrocinato dalla Sezione Italiana di Amnesty International. "Il sangue verde", ricostruisce gli eventi e le violenze di Rosarno, in Calabria, del gennaio 2010 attraverso il racconto di sette braccianti africani pochi giorni dopo i fatti violenti, quando si spegnevano le telecamere dei Tg.

“Sono tanti i motivi per cui a Rosarno si è scatenata la caccia al nero. Il più importante, secondo me, è la mancanza di una forte convinzione sul fatto che l’umanità degli africani che oggi raccolgono le arance nei campi è la stessa degli italiani che lo facevano cinquant’anni fa". Dopo Marghera canale Nord, A sud di Lampedusa e Come un uomo sulla terra, il documentarista Andrea Segre continua la sua attenta esplorazione del fenomeno dei migranti e delle contraddizioni dei rapporti tra Sud del mondo ed i Nord con Il sangue verde, selezionato nelle Giornate degli Autori tra i "Ritratti e paesaggi italiani" nella Mostra del Cinema di Venezia.

Girato tra Rosarno, Caserta e Roma, quello del giovane regista è quasi un "istant movie" che raccogli le voci dei protagonisti restituendo la dignità del racconto in prima persona ad Abraham, John, Amadou, Zongo, Jamadu, Abraham e Kalifa. Tutti parlano, senza rancore, di cosa è successo dal loro punto di vista e descrivono com'era, e com’è ora la loro vita in Italia.

Da una parte, i braccianti raccontano le loro condizioni di vita nel piccolo centro calabrese, dove lavoravano per pochi euro all’ora, vivendo in dormitori senza elettricità, acqua potabile e riscaldamento. Dall’altra, l’ex sindaco di Rosarno Giuseppe Lavoratore, ricorda quando a lavorare 15 ore al giorno erano gli agricoltori autoctoni, scelti la mattina nelle piazze dai “caporali” del lavoro nero.

Il sangue verde, nome nato dall’istintiva allusione ad una frase di uno dei protagonisti, che rivendica la sua dignità dicendo di avere il sangue rosso come tutti, e non verde, intreccia, così, le memorie a caldo di giorni segnati da eventi drammatici, l'identità rurale quasi rimossa degli italiani che facevano quello stesso lavoro 50 anni fa e la memoria mediatica, con dei brani di telegiornali che documentano i momenti della caccia al nero.

L’affresco che il film ricostruisce grazie a tutti questi elementi diventa la denuncia di come la tratta e lo sfruttamento lavorativo dei migranti e l'assenza di misure concrete contro la xenofobia e il razzismo costituiscano una miscela esplosiva, che mette a rischio i diritti umani di tutti.

La criminalizzazione dei migranti irregolari prodotta dalle norme del "pacchetto sicurezza" ha reso queste persone ancora più vulnerabili, limitando il loro accesso all'impiego, all'alloggio ed ai servizi essenziali e, contemporaneamente, scoraggiandoli dal denunciare le violazioni dei diritti umani subìte.

“La vera questione, - si legge anche in una recente nota delle Acli - non riguarda l'espulsione del singolo comunitario che delinque, ma la limitazione per motivi di censo della libertà di movimento e di insediamento delle persone" cui fa riferimento la stessa direttiva 38 del 2004 evocata dal Governo. “Espellere i poveri equiparandoli ai delinquenti non può non contraddire i principi di giustizia e solidarietà sui quali si vorrebbe costruire l'Europa unita”.

Per questi motivi, successivamente agli scontri, Amnesty International espresse il timore che le autorità italiane non stessero tutelando la dignità e i diritti economici e sociali dei migranti né li stessero proteggendo dalla violenza xenofoba, e chiese all'Italia di dare priorità alla lotta contro i crimini motivati dall'odio e dal razzismo, di contrastare efficacemente la tratta di esseri umani fornendo assistenza alle vittime, d’invertire la linea introdotta dal "pacchetto sicurezza" che aveva reso un reato l'immigrazione irregolare e di garantire a tutti i migranti l'accesso a condizioni di vita dignitose.

Questi temi sono per Melting Pot ancora drammaticamente attuali e l'approccio alle questioni delle migrazioni, tuttora spesso centrato sulla retorica anti-immigrati e sui respingimenti a ogni costo, rende "Il sangue verde" un documento prezioso da guardare e da ascoltare anche perché la questione immigrazione è solo una delle questioni di questa storia.

Ciò che sembra emergere dal documentario è il concreto dubbio che la cronaca dei fatti di Rosarno sia stata usata per scopi di demagogia politica slegati dal vero problema: lo sfruttamento del lavoro da parte di un certo tipo di economia sommersa e mafiosa. Sfondo volutamente solo sfiorato da Serge, che non rinuncia però a ricordarci come “in quei giorni sono stati attaccati solo gli immigrati, senza dire mai una parola della 'ndrangheta”.

Alessandro Graziadei

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