Colonialismo italiano in Libia: un passato da svelare

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Recentemente ho fatto un viaggio nel deserto della Libia. Ne ho ammirato le bellezze, ne ho gustato il silenzio e ho appreso con sorpresa, dalla guida "Libia" di Andrea Semplici, alcuni episodi raccapriccianti del nostro colonialismo in Libia negli anni 1911-43. Queste vicende sono state il "leitmotiv" del mio viaggio. Alcuni fatti mi hanno maggiormente colpita per l'atrocità, losterminio, il disprezzo per l'altro e la negazione della verità.

Quando nel 1911 con un motivo pretestuoso il liberale Giolitti scatena una guerra coloniale contro la Turchia che dominava la Libia, un contrattacco arabo-turco sorprende i bersaglieri italiani e ne uccide 500. La rappresaglia militare è immediata e spietata: oltre 2000 arabi sono fucilati o impiccati e cinque mila vengono deportati in Italia e confinati nelle isole di Ustica, Ponza, Favignana e Tremiti.

Deportazioni e campi di concentramento
La Libia chiede ancora oggi di sapere la verità sulla sorte dei libici scomparsi in Italia. Quando sono stata in queste isole, non ho visto alcuna traccia del passaggio di queste persone. Poiché la resistenza libica era molto forte in Cirenaica, il generale Rodolfo Graziani, inviato da Mussolini nel 1930, non esitò a mettere "a ferro e fuoco" tutta la zona. Confisca le zavie, centri spirituali ed assistenziali, sbarra con campi minati la frontiera con l'Egitto, annienta le mandrie e brucia i raccolti, usa gas e armi chimiche contro i civili. Tutta la popolazione dell'altopiano della Cirenaica, cento mila libici, viene deportata in campi di concentramento nel deserto della Sirte. In 40mila moriranno per fame, epidemie, violenze, uccisioni. Per tre anni staranno rinchiusi in questi campi delimitati da doppio filo spinato. Ogni atto di ribellione o tentativo di fuga era punito con la morte.

L'impiccagione avveniva a mezzogiorno, al centro del campo, dove tutti erano costretti a radunarsi. Ogni giorno, dicono i sopravvissuti, 50 cadaveri uscivano dal recinto. Naturalmente questi campi in Italia erano propagandati come paradisi dove fiorivano ordine e disciplina e regnavano igiene e pulizia.

Il leone del deserto
Nel 1979 Gheddafi affida al regista siro-americano Mustafà Akkad l'incarico di girare in Cirenaica un Kolossal sulla resistenza libica contro gli italiani. "Il leone del deserto" viene presentato a Cannes con un buon successo ma non sarà mai ufficialmente proiettato in Italia. "Il film è sgradito", dirà il sottosegretario agli esteri Costa nel 1981 e nel 1987 una proiezione a Trento verrà proibita dalla Digos. L'Italia ancora negli anni '80 non sopporta di veder raccontata una storia coloniale intrisa di orrori e tragedie.

Abdullah, la guida che mi ha accompagnato nel deserto, mi ha confermato quanto è vivo in loro il ricordo dei centomila libici deportati nel deserto nel 1932 e dei cinquemila deportati nelle nostre piccole isole nel 1911, di cui non hanno saputo più nulla. I libici aspettano ancora la mappa delle mine disseminate nel deserto che a tutt'oggi causano morti e mutilazioni. I libici sono anche consapevoli che il popolo italiano, nella stragrande maggioranza, è all'oscuro delle atrocità che hanno accompagnato e sostenuto la nostra vicenda d'oltremare.

Leggendo e venendo a sapere di questi episodi, mi sono sentita defraudata della conoscenza dei fatti di un periodo storico. La verità sul nostro periodo coloniale stenta ad apparire, mentre continua ad essere diffusa l'immagine di un colonialismo dal "volto umano" interessato alla valorizzazione delle terre e all'elevazione delle genti africane. Invece, quando nel 1943 finisce il periodo coloniale italiano in Libia, "l'eredità italiana è disastrosa: il 94% della popolazione è analfabeta, la mortalità infantile è al 40%, il reddito pro capite non supera le 16 sterline all'anno, la struttura sociale è arretrata di trecento anni; solo 13 libici sono laureati, tra di loro non c'è nessun medico" (da "Libia" di Andrea Semplici).

Il mito e la rimozione
Inoltre la Libia fu per l'Arma aeronautica italiana un campo sperimentale per l'impiego a scopo bellico di aeroplani, di dirigibili e di gas mortali. Gli aerei avevano l'ordine di alzarsi in volo per bombardare tutto ciò che si muoveva nelle oasi non controllate dalle truppe italiane: uomini, bestiame, coltivazioni e spesso le bombe erano cariche di iprite, gas mortale già allora al bando. Ciò che rende singolare la vicenda coloniale italiana rispetto a quella delle altre potenze europee sono i miti che ha prodotto e soprattutto i silenzi e le rimozioni che l'hanno seguita fino ad anni recenti.

Solo nel 1998, l'Italia "esprime rammarico per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione" e accetta le trentennali richieste libiche: aiuto ai tecnici libici per individuare i vecchi campi minati, risarcimento delle vittime saltate su quegli ordigni dimenticati e indagine sulla sorte dei deportati libici. Ma ancora nulla di tutto ciò è stato fatto. Anche le recenti visite di Berlusconi in Libia non hanno concluso nulla. Anzi in questi tempi si sta cercando di cancellare gli orrori compiuti in tempo fascista. A Filettino, piccolo paese di montagna in provincia di Frosinone, paese di origine di Rodolfo Graziani, il sindaco, aiutato dalla Regione Lazio, sta pensando di dedicare un museo al sanguinario viceré che ha compiuto eccidi anche in Etiopia.

Accomiatandomi dai libici che mi avevano accompagnato nel deserto, ho esternato il rincrescimento per quanto accaduto. Penso che per stringere nuovi veri rapporti tra i due popoli, non solo il governo, ma anche i semplici cittadini, debbano riconoscere il male fatto quando se ne presenta l'opportunità. Ho promesso che avrei diffuso la conoscenza di quanto realmente accadutodurante il periodo coloniale italiano in Libia e avrei agito, di conseguenza, come cittadina italiana che vuole pace e giustizia tra i popoli.

BOZZA DI LETTERA da inviare alle autorità via e-mail:

Al Presidente del Consiglio dei Ministri on. Silvio Berlusconi
Al Presidente del Senato della Repubblica On. Marcello Pera
al Presidente della Camera dei Deputati on. Pier Ferdinando Casini

ai Ministri in indirizzo

Oggetto: Mantenimento impegni Italia- Libia del 4 luglio 1998

Signor Presidente del Consiglio, sig. Presidente della Camera, sig.Presidente del Senato, signori Ministri,
Essendo a conoscenza delle atrocità commesse durante il periodo coloniale in Libia dal 1911 al 1943: deportazione nel 1911 di 5000 libici confinati nelle isole di Ustica, Ponza, Favignana e Tremiti di cui non si saprà più nulla, bombardamenti su civili, uso di gas e armi chimiche mortali, deportazioni nel 1932 in campi di concentramento di 100.000 libici dell'altopiano della Cirenaica nel deserto della Sirte dove moriranno in 40.000 per denutrizione e malattia e uccisioni, confisca delle zavie, centri spirituali ed assistenziali, campi minati lungo il confine egizio libico causa ancora oggi di morti e mutilazioni, fucilazioni, impiccagioni di migliaia di partigiani e molti atti di violenza e di disprezzo;
Essendo a conoscenza degli impegni ribaditi dal governo italiano nel comunicato congiunto Italia Libia del 4 luglio 1998 nel cui accordo, a Roma, l'Italia esprime rammarico per le sofferenze arrecate al popolo libico a seguito della colonizzazione, d'aiuto ai tecnici libici a individuare i vecchi campi minati, risarcisce le vittime saltate su quegli ordigni dimenticati; si impegna, infine, a indagare sulla sorte dei deportati libici;
Essendo a conoscenza che è stato presentato alla Camera dei deputati l'11 Novembre 2002 il progetto di legge n 3378 d'iniziativa del deputato Folena su Memoria, responsabilità e futuro per la corresponsione di indennizzi ai cittadini libici e la promozione di scambi culturali con la Libia;

Chiedo:
- che il Parlamento ed il Governo italiano promuovano campagne di sensibilizzazione sulla natura e le caratteristiche del regime coloniale
italiano;
- che il Parlamento italiano discuta presto la legge n 3378 del 11
novembre 2002 che risarcisce in parte i cittadini libici danneggiati;
che il Governo aiuti la Libia con le mappe e mezzi idonei a sminare il confine egizio-libico;
- che il Parlamento istituisca una commissione per indagare sulla
sorte dei deportati libici nelle isole Favignana, Tremiti, Ponza, Ustica;
- che la RAI trasmetta il film "Il leone del deserto" del 1979 del regista siro-americano Mustaf Akkad sulla resistenza libica.

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Articolo di di Amalia Navoni

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