Argentina: sabotaggio creativo per restituire l'identità agli operatori di Call Center

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Umanizzare e restituire l'identità a milioni di persone sparse per il mondo che per pochi dollari, pesos, rupie, o euro all'ora, ascoltano e cercano di dare una soluzione alle lamentele di altrettanti milioni di persone. Questo è il proposito del progetto Call Center Experience!, una sperimentazione di un gruppo di ragazzi argentini che hanno potuto presentare la loro opera d'arte tecnologica negli spazi della Fondazione Telefonica a Buenos Aires. La compagnia di telecomunicazioni che ospita la mostra un derrotero de conjeturas (un cammino di congetture) in realtà è proprio una di quelle multinazionali che si prendono di mira in questo progetto. E gli artisti lo fanno proprio dall'interno delle sue mura, invitando i visitatori alla riflessione sugli aspetti che tendono a disumanizzare chi fa questo lavoro.

Gli ideatori del progetto si sono chiesti cosa succederebbe se il reclamo e la lamentela si trasformasse in uno scambio più umano tra chi chiama e chi risponde al telefono. Creare una breccia, aprire uno spiraglio e stimolare una conversazione amichevole in modo da avere la percezione che dall'altra parte del filo non ci sia un robot, un automa, ma una persona umana, con un nome e un cognome, che magari è stanca ma non può fare una pausa, non può dire dove si trova, né tanto meno parlare la sua lingua madre.

Come è ben illustrato nel filmThe Other End of the Line le regole per questo genere di operatori sono infatti molto severe e quando si tratta di lavorare per conto di grandi compagnie statunitensi, nella maggior parte dei casi comprendono parlare un inglese neutro, essere sempre gentili e disponibili e non fare mai riferimento al luogo in cui ci si trova. Questo perché la prassi è quella che le grandi multinazionali che offrono un servizio di Customer Care (attenzione al cliente), non si facciano direttamente carico di questo costo, ma lo acquistino da ditte specializzate. Queste ultime a loro volta, grazie alla tecnologia e alle chiamate attraverso IP riescono a montare un centro capace di offrire questi servizi in ogni angolo del mondo. E di solito lo fanno nei paesi dove la legislazione sul lavoro scarseggia e sopratutto dove il costo del lavoro è bassissimo. India, Sudest asiatico in generale e Centro America sono le zone più gettonate. Grazie alla precarizzazione diffusa possiamo trovare call center anche nei paesi occidentali, almeno finché le aziende non decidono di delocalizzare e licenziare i lavoratori.

Call Center Experience! viene definito un progetto a paternità diffusa perché chiunque ha la possibilità di rompere il sistema, anche se solo per qualche minuto. Basta un computer e un microfono e le persone che visitano la mostra possono provare questa “comunicazione differente”. Nella pratica funziona così: ai visitatori che vogliono fare questa sperimentazione vengono date alcune informazioni tecniche su come prendersi gioco delle reti di comunicazione globale e poter così chiamare ai call centers di diverse parti del mondo senza essere intercettati, le persone possono chiedere ai teleoperatori qualcosa sul luogo dove vivono, i loro veri nomi, i loro gusti musicali, o solo che tempo fa da quelle parti. Una conversazione che in questo contesto si trasforma in un vero e proprio micro sabotaggio nell'era della tecnologia. Parole che non possono essere ricondotte a un codice o a un problema numero x, tutto questo solo con una semplicissima conversazione. L'idea compresa nell'esperimento è anche quella di registrare le chiamate per contribuire alla costruzione di una mappa globale del lavoro delocalizzato.

Iván Kozenitzky che è il coordinatore generale, insieme a Federico Lazcano, Aníbal Pérez, Ana Thompson, Ezequiel Gatto, Diego Martínez, e Leandro Macías hanno messo in piedi questo progetto che dopo Buenos Aires verrà proposto anche a Rosario - città natale del gruppo - e poi in altre città dell'Argentina. Non solo, i ragazzi hanno annunciato che il progetto andrà oltre le mostre e gli spazi fisici, presto si potrà fare una Call Center Experience! da qualsiasi parte del mondo, unica condizione avere a disposizione una connessione Skype.

Aníbal Pérez e Ana Thompson, come molti altri giovani in tutto il mondo, hanno davvero lavorato per qualche tempo in un call center, Ana è stata licenziata qualche mese fa insieme ad altri 30 operatori. Tengono a precisare che aver avuto un'esperienza diretta con il mondo dei call center e far parte di questo gruppo di lavoro sia un fatto puramente casuale!

Elvira Corona
(inviata di Unimondo)

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