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Nonviolenza. Si scrive tutto attaccato, in una parola sola. Non indica semplicemente un “no alla violenza” ma un atteggiamento attivo di difesa e miglioramento della società. Un'aspirazione etico-morale che più di una volta, nella storia, s’è trasformata in arma politica. Sinonimo di pace, giustizia e libertà. Un autentico progetto costruttivo dunque, anziché un generico pacifismo passivo.
“La nonviolenza è più potente di qualsiasi arma di distruzione che il genere umano possa concepire”, disse il Mahatma Gandhi, figura di riferimento del movimento nonviolento. Tanto che è proprio nella data di nascita del Mahatma, il 2 ottobre, che l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di istituire la Giornata mondiale.
La figura di Gandhi è il riferimento etico-filosofico alla base del moderno pensiero nonviolento, anche se radici culturali della nonviolenza si ritrovano in tutte le religioni e nelle opere di numerosi pensatori di tutti i secoli. In campo internazionale l’azione nonviolenta continua ad essere una strategia di lotta per rivendicare i propri diritti senza l’uso delle armi, come per la resistenza tibetana guidata dal Dalai Lama. In Italia, figure di riferimento sono state, tra le altre, Aldo Capitini, Danilo Dolci, Don Tonino Bello.
Digita su youtube: Mahatma Gandhi - Le parole, Italiano
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Passato alla storia come Mahatma (“grande anima”), profeta della nonviolenza (“ahimsa”, che implica un atteggiamento attivo e positivo a dispetto della traduzione), simbolo dell’indipendenza dell’India, Gandhi (1869-1948) è ricordato con il suo dhoti bianco mentre digiunava oppure mentre guida scioperi e marce. Tuttavia la sua storia ci parla di un agguerrito avvocato, nativo del Gujarat, che dopo aver compiuto gli studi in Inghilterra, comincia a lavorare in Sudafrica dove, tra il 1893 e il 1914, diventa il leader degli indiani nel paese, attuando le prime forme di resistenza civile (tra cui il “satyagraha”, un termine che significa “sedersi accanto”, passato per indicare lo sciopero della fame) per la rivendicazione di diritti e libertà. Tornato in India nel 1915 inizia una lunga campagna per l’indipendenza del paese: innumerevoli sono le sue iniziative, gli episodi di disobbedienza civile, i suoi richiami alla nonviolenza pur in presenza di scontri e massacri perpetrati dall’esercito britannico, i suoi discorsi politici sempre accompagnati da una profonda etica e spiritualità. Nel 1921 fonda il Partito del congresso, nel 1930 guida la “Marcia del sale” contro la tassa e il monopolio coloniale: in questi anni viene arrestato più volte. Ritiratosi dalla politica attiva Gandhi continua la sua lotta che prevede anche una rinascita religiosa. L’effettiva indipendenza indiana, avvenuta nel 1947, addolora Gandhi perché produce una guerra civile tra mussulmani e indù e la creazione del Pakistan. Il Mahatma viene assassinato nel 1948: da allora il suo pensiero e la sua azione sono uno dei cardini di un metodo politico sempre alternativo alla violenza.
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